Intanto in San Frediano

 

 

Intanto in San Frediano…(Quartiere di Firenze.)

 

 -“Al tempo ero già sposato, avevo anche una bambina…. e te lo sai bene, dopo l’8 settembre fu un gran casino! “In aeronautica avevo imparato il mestiere di meccanico e una mattina andai all’Ufficio del Lavoro sul lungarno, vicino al ponte alla Carraia…..”

-“Lungarno Soderini?” Suggerisco io per rompere un po’ il ghiaccio…

-“Sì, Soderini!”

“Avevo un mezzo appuntamento per un colloquio di lavoro con l’ingegnere (lunga pausa…) Gorni, sì, mi sembra che si chiamasse proprio ingegner Gorni”.

In quel periodo avere appuntato su un fogliaccio di carta il nome di una persona da cercare era molta cosa!

L’Ufficio del Lavoro, come da testimonianze raccolte, era strutturato in modo tale che non ci fosse contatto fisico e verbale tra i disoccupati e il personale amministrativo. Infatti tra la sala di attesa e il personale dell’Ufficio c’era una specie di tunnel in legno, una separazione, dove si

gettava con un breve lancio il libretto di lavoro e si aspettava che lo rendessero con le registrazioni effettuate allo stesso modo.

Comunque Fraiser aveva la sua persona da cercare…

-“Trovai l’ingegnere nel suo ufficio insieme ad alcuni “camerati”. Parlai con lui. Avevo veramente bisogno di quel lavoro. Parlai molto, lui capì che ero un tipo affidabile. In poche parole mi affidò quel posto!

Il primo giorno entrai in officina e mi trovai davanti tanti fascisti….. i cosiddetti repubblichini….

Capì subito che quel lavoro non sarebbe durato molto!”

Un giorno ero dal barbiere, erano tutti italiani, tutti di San Frediano, tutti simpatizzanti fascisti.

Entro per levarmi due capelli e sistemarmi un po’ e debutto più o meno così: -”ma che state a fare qui? ”siccome volete tanto far la guerra, che state a fare seduti sulla sedia del barbiere?”

-“state qui tutti ,belli a pancia piena rannicchiati, ma i partigiani lassù? Non avete il coraggio di andare a snidarli eh?”

Il tono era provocatorio. Volevo colpirli nel cuore delle loro contraddizioni.

Un maresciallo tutto impettito si alza dalla sedia del barbiere e mi dice con aria da chi è colpito sul vivo:

– “Perché te saresti capace di andarci?”-

-“No, io no! non sono d’accordo per andare a snidarli, perché io ho

famiglia, ho moglie e figlioli e devo lavorare….”

-“ Ho una bambina, è appena nata, e poi quelli che voi chiamate i ribelli

comunisti a me non hanno mai fatto niente di male!”

Chiaramente devo mascherare il mio antifascismo, ma credo di non aver recitato bene la parte perché il maresciallo si rivolge nuovamente a me così:

-”Allora tu saresti uno di quelli che sostengono la Resistenza?”

– “Io non è che sostengo la Resistenza però dico che voi fate più male che bene a star qui, perché voi date forza a questi tedeschi che ci hanno occupato, ci hanno comprato tutti, ci danno quattrini…, siamo tutti al loro servizio”

-”Perché tu non lo vorresti fare questo servizio?”

-“No! perché a me a scuola mi hanno insegnato che i tedeschi sono occupanti, che ci vorrebbero tenere sotto il loro giogo, e mio padre, che è andato a far la guerra del ‘15-18 è stato preso prigioniero, ferito con una pallottola nel cervello, ed è morto in conseguenza della gerra a 46 anni! Noi in famiglia si è pagato il conto e siamo poveri, si ha la tessera di povertà, noi abbiamo vissuto nella più lurida miseria di questo mondo, quindi io che cosa devo difendere? devo difendere solo la nostra integrità morale, la nostra cultura e la libertà”

-“E credi che la libertà si debba conquistare?”

-“Qui non si conquista davvero, anzi si dà aiuto al nemico, noi se si voleva esser coerenti bisognava non aver fatto entrare i tedeschi in Italia, bisognava esser tutti alle frontiere, pronti a respingerli anche a costo di farci ammazzare…..”

 

-“Te Guerrando tu saresti da galera, da mandare in un campo di concentramento” esclamò il maresciallo!

– “Voi sareste da mandare tutti in un campo di concentramento!” ribatto io “perché voi non state difendendo l’Italia!”

L’aria nella piccola bottega si fece molto tesa. Le parole e gli atteggiamenti si fecero più taglienti dei tanti rasoi da barba. Alla scena erano presenti il colonnello Niccoli e il Pollastra, noto fascista picchiatore di San Frediano.

“Loro mi conoscevano fin da bambino.

Pensare che al Lisi, anche lui fascista picchiatore fiorentino, ho rotto la “canna” del naso con un bel pugno, di quelli tirati bene!

Lui c’ha il ricordo di me…

-“a parlar di Guerrando in San Frediano, l’era come parlar del diavolo!….

A questo punto Fraiser si divincola sulla sedia di velluto del salotto di mia nonna quasi preso da un impeto di ribellione che lo riporta indietro di sessanta anni. Con la parlata sboccata, insolente, allegra, e a bocca aperta riprende la sua storia….:

“Un giorno, la mia mamma mi disse”:

– “Guarda Guerrando c’è una cartolina, bisogna che tu ti presenti in Borgo San Frediano, c’è il Pollastra che ti vuol parlare”.

“Capii subito che le settimane a venire sarebbero state “movimentate”!

Non potevo fare altrimenti. Dovetti prendere coraggio ”.Il giorno dopo….

“Salgo le scale e domando ad una persona dai baffetti ben curati:

– “C’è il Pollastra?”

-”Sì che c’è!”

-“E che vuole da me?” “Che vuole dal Guerrando?”

-“Ma, non lo so , ti vuol parlare personalmente”

Mi dirigo verso una stanzetta male illuminata e il Pollastra esordisce:

-” Oh Guerrando vieni!”

Il Pollastra aveva sulla sua scrivania di legno scuro due pistole, un mitra e due bombe a mano.

Se ben ricordo era un Venerdì mattina. Il Pollastra alza la testa, guarda il soffitto e dice:

-”Allora lunedì ti presenti qui e vieni con il battaglione della morte e si va a snidare i partigiani in montagna”

“Senti Bruno- si chiamava Bruno Pollastra– o sei grullo o ti fa freddo?”-“Io vengo con te a far cosa? chi me lo ordina?”

-“Io!”

-“No caro, te non ordini proprio un cazzo! . Guarda io sono un buon pugile… se mi ordini di far queste cose io prendo le due bombe a mano e te le metto in bocca! Sia ben chiaro, tu non devi rompermi i coglioni, io ho famiglia, ho una moglie e una bambina, tu non devi venire a rompere i coglioni a me perché sai come la penso e sai che non ho paura di nessuno, nemmeno di quell’accozzaglia vigliacca che ti circonda!”

-”Va bene, va bene, staremo a vedere!”

Allora mi rivolsi al Pollastra con aria di sfida:

-”Bella la pistola Beretta sul tavolo…..se sei tanto sicuro che Lunedì sarò con voi ….dammela subito!”

– “Tieni te la regalo, ma lunedì ti voglio con me!”

– “Sì, sì”…” rispondo con aria da chi sa già che uso vuole farne della pistola….”

Prendo l’arma, giro i tacchi e scendo le scale. Aver preso la pistola mi mise davanti ad un quesito che aveva già da molto tempo la risposta. O stare con i fascisti nemici della gente povera come me oppure….….. Il lunedì ero già in montagna sul Monte Morello con Gambalesta e gli altri.

Avevo già un appuntamento con alcuni compagni di area comunista, a Cercina, dove c’è il fiume, al piccolo ponte, dove ora ci sono le cappelle del commiato.

Alle sei di mattina ero già sul ciglio ad aspettare “qualcuno” della Brigata .Una sagoma scura spuntò dalla strada. Era Sergio. Il mio referente.

Mi disse: ”Vieni Guerrando che si va sù”

Strinsi forte la Beretta. Sentì il ferro freddo sulla schiena. Mi dette sicurezza.

Di gran passo, ma senza destare sospetti prendemmo la strada verso San Martino.

L’impressione era quella di aver allungato la strada di molto. Ci vollero molte ore prima di raggiungere il “centro” logistico della Brigata.”

Sicuramente la strada fu allungata di proposito. Spesso, quando nuovi partigiani venivano portati in Brigata, non si faceva conoscere loro la strada “diretta”. Si aveva sempre la premura e il sospetto che ci potesse essere un infiltrato fascista. La cautela non era mai troppa. Per ricordare un solo episodio, verso la fine del ’43, Guido Presciani, componente del gruppo originario del Monte Morello, era stato informato da alcune cellule comuniste di Peretola , che un gruppo di giovani era pronto ad abbracciare la causa partigiana e salire in montagna.

Fissò il giorno dell’accompagnamento con Corsi, un responsabile militare del CLN, che aveva il compito di accompagnare i “nuovi” partigiani.

L’appuntamento era appena fuori la località Colonnata, nei pressi della salita di San Vincenzo. Il Corsi guidò il gruppo per un lungo giro intorno al Monte Morello, prima di portarli a destinazione. La lunga manovra si rilevò provvidenziale appena qualche giorno dopo, quando uno dei giovani, spia fascista, lasciò il campo, ma non potè in nessun modo fornire localizzazioni certe, grazie all’accortezza usata dall’accompagnatore.

Arrivati sul Monte Morello, in località Poggio Capannelle trovai Morando ,Marino, Riva e Taglia. Mi accolsero e mi dissero :

-“Finalmente sei arrivato” rimproverandomi di avere aspettato un po’nel prendere la decisione di aiutare la lotta partigiana in clandestinità. Loro già mi conoscevano.

I primi giorni non furono facili. Fui preso di “mira” dal partigiano Ivan, che godeva di ottima stima da parte dei Comandanti dei vari gruppi, e che non perdeva occasione nel mettermi in cattiva luce. Inoltre iniziò una disputa interna su chi doveva prendere il comando della Brigata. Marino, il candidato più forte, non godeva della stima di tutti e molte chiacchere si facevano sul suo conto. Ma questa storia lasciamola da una parte..”

-E il mio nonno Gambalesta non era lì in brigata, venne dopo?

– “Quando sono arrivato in montagna l’ho trovato”.

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