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Giuseppe Ungaretti – Pellegrinaggio

Giuseppe Ungaretti
Pellegrinaggio
In agguato

in queste budella
di macerie
ore e ore
ho strascicato
la mia carcassa
usata dal fango
come una suola
o come un seme
di spinalba

Ungaretti

uomo di pena
ti basta l’illusione
per farti coraggio.

Un riflettore

di là
mette un mare
nella nebbia

Giuseppe Ungaretti – Valloncello di Cima Quattro il 6 agosto 1916

Giuseppe Ungaretti

Valloncello di Cima Quattro il 6 agosto 1916
Assisto la notte violentata
L’aria e’ crivellata

come una trina
dalle schioppettate
degli uomini
ritratti
nelle trincee
come le lumache nel loro guscio

Mi pare

che un affannato
nugolo di scalpellini
batta il lastricato
di pietra di lava
delle mie strade
ed io l’ascolti
non vedendo
in dormiveglia

Giuseppe Ungaretti – San Martino del Carso

Giuseppe Ungaretti

San Martino del Carso

Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

Ma nel cuore
nessuna croce manca

È il mio cuore
il paese più straziato

Giuseppe Ungaretti – La Madre

La madre

E il cuore quando d’un ultimo battito
Avrà fatto cadere il muro d’ombra,
Per condurmi, Madre, sino al Signore,
Come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all’Eterno,
Come già ti vedeva
Quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia.
Come quando spirasti
Dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m’avrà perdonato,
Ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d’avermi atteso tanto,
E avrai negli occhi un rapido sospiro.

Giuseppe Ungaretti

Giuseppe Ungaretti – Pellegrinaggio

Giuseppe Ungaretti
Pellegrinaggio

Valloncello dell’Albero Isolato il 22 agosto 1916

In agguato
in queste budella
di macerie
ore e ore
ho strascicato
la mia carcassa
usata dal fango
come una suola
o come un seme
di spinalba
*
Ungaretti
uomo di pena
ti basta un’illusione
per farti coraggio
*
Un riflettore
di là
mette un mare
nella nebbia

Fermato a due sassi languisco
sotto questa
vola appannata
di cielo
Il groviglio dei sentieri possiede la mia cecità
Nulla è più squallido di questa monotonia
Una volta non sapevo ch’è una cosa qualunque perfino
la consunzione serale del cielo
E sulla mia terra affricana calmata
a un arpeggio perso nell’aria mi rinnovavo

Giuseppe Ungaretti – Non gridate più

Giuseppe Ungaretti

Non gridate più

Cessate d’uccidere i morti,
Non gridate più, non gridate
Se li volete ancora udire,
Se sperate di non perire.
Hanno l’impercettibile sussurro,
Non fanno più rumore
Del crescere dell’erba,
Lieta dove non passa l’uomo.

Giuseppe Ungaretti – San Martino del Carso

Giuseppe Ungaretti

San Martino del Carso

Di queste case
non c’è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
nei cimiteri

Ma nel cuore
nessuna croce manca

Innalzata
di sentinella
a che

Sono morti
cuore malato

Perchè si guardi al mia cuore
come a uno straziato paese
qualche volta

Valloncello dell’albero isolato 27 Agosto 1916

Giuseppe Ungaretti – Vanità

Giuseppe Ungaretti

Vanità

D’improvviso
è alto
sulle macerie
il limpido
stupore
dell’immensità

L’uomo
s’è curvato
sull’acqua
sorpresa
dal sole
e si rinviene
un’ombra
cullata
e piano franta
in riflessi insenati
tremanti
di cielo

Vallone il 19 agosto 1917

Giuseppe Ungaretti – IN MEMORIA

Giuseppe Ungaretti

IN MEMORIA

Si chiamava
Moammed Sceab
Discendente
di emiri di nomadi
suicida
perchè non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome
Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè
E non sapeva
sciogliere
il canto
del suo abbandono
L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa
Riposa
nel camposanto d’Ivry
sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera
E forse io solo
so ancora
che visse
Locvizza, il 30 settembre 1916

Giuseppe Ungaretti – Non gridate più

Giuseppe Ungaretti
Non gridate più
 
Cessate d’uccidere i morti,
Non gridate più, non gridate
Se li volete ancora udire,
Se sperate di non perire.
Hanno l’impercettibile sussurro,
Non fanno più rumore
Del crescere dell’erba,
Lieta dove non passa l’uomo.