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La Resistenza ebraica

La Resistenza ebraica
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Soldati tedeschi arrestano alcuni Ebrei durante la rivolta del ghetto di Varsavia. Polonia, maggio 1943.
— National Archives and Records Administration, College Park, Md.
Le politiche di oppressione e di genocidio praticate dai Nazisti alimentarono la resistenza sia all’interno del Reich che in tutta l’Europa occupata. Nonostante gli Ebrei costituissero le principali vittime dei Nazisti, anch’essi attuarono varie forme di resistenza contro l’oppressione tedesca, sia collettivamente che individualmente.
La resistenza armata organizzata rappresentò la più vigorosa forma di opposizione attuata dagli Ebrei contro le politiche naziste, nell’Europa occupata dai Tedeschi. Civili ebrei opposero una resistenza armata in oltre 100 dei ghetti della Polonia occupata e dell’Unione Sovietica. Nel corso dell’aprile e del maggio 1943, gli Ebrei del ghetto di Varsavia si sollevarono, dopo che si era sparsa la voce che i Nazisti avrebbero deportato anche gli ultimi abitanti del ghetto verso il campo di sterminio di Treblinka, anch’esso in Polonia. Quando le SS e le forze di polizia entrarono nel ghetto, membri dell’Organizzazione Combattente Ebraica (Zydowska Organizacja Bojowa, ZOB) e altri residenti del ghetto attaccarono i carri armati, colpendoli con bombe Molotov, bombe a mano e altre armi di piccolo calibro. Nonostante i Tedeschi, benché sorpresi dalla violenza dell’insurrezione, riuscissero infine a domare i combattimenti più vasti nel giro di pochi giorni, alle forze germaniche – immensamente superiori per numero e equipaggiamento – fu necessario quasi un mese per riportare la calma in tutto il ghetto, e per deportare praticamente tutti gli abitanti rimasti. Per mesi, dopo la fine della rivolta del ghetto di Varsavia, resistenti ebrei isolati continuarono a nascondersi tra le rovine del ghetto che le SS e la polizia pattugliavano continuamente per prevenire attacchi contro il personale tedesco.
Nello stesso anno, sommosse e sollevazioni ebbero anche luogo a Vilnius e Bialistok, così come in diversi altri ghetti. Molti combattenti dei ghetti presero le armi sapendo bene che la maggioranza degli altri abitanti era già stata deportata nei campi di sterminio; allo stesso modo, erano consapevoli che la loro resistenza non avrebbe potuto salvare dalla distruzione i pochi rimasti nel ghetto, che per la maggior parte non potevano combattere. Tuttavia, essi si batterono per l’onore ebraico e per vendicare il massacro di così tanti dei loro amici, famigliari e compagni.
Migliaia di giovani Ebrei si opposero ai Nazisti scappando dai ghetti e rifugiandosi nei boschi, dove si unirono alle unità partigiane sovietiche, o dove formarono nuove unità per attaccare le forze germaniche. Nonostante molti membri dei Consigli Ebraici (Judenrat) fossero costretti a collaborare con i Tedeschi – almeno fino al momento di venire anch’essi deportati – alcuni si rifiutarono di obbedire all’ordine di consegnare gli Ebrei per la deportazione, come fece ad esempio Moshe Jaffe, presidente del Consiglio Ebraico di Minsk, nel luglio 1942.
Prigionieri ebrei si sollevarono contro le guardie in tre campi di sterminio. A Treblinka, nell’agosto 1943, e a Sobibor, nell’ottobre dello stesso anno, prigionieri muniti di armi che erano riusciti a rubare, attaccarono le SS e le guardie ausiliarie ucraine addestrate a Trawniki. La maggior parte dei ribelli venne uccisa, durante e dopo l’insurrezione, e i fuggitivi vennero ripresi, anche se diverse dozzine di prigionieri riuscirono a eludere gli inseguitori e a sopravvivere alla guerra. Nell’ottobre del 1944, ad Auschwitz-Birkenau, membri della Speciale Unità Ebraica (Sonderkommando) si ribellarono alle guardie delle SS: quasi 250 morirono durante i combattimenti, mentre le SS ne fucilarono altre 200 dopo aver posto fine alla rivolta. Diversi giorni dopo, le SS identificarono cinque donne, quattro delle quali Ebree, che avevano partecipato alla rivolta, fornendo all’Unità Speciale gli esplosivi usati per far saltare in aria un edificio adibito alla cremazione. Tutte e cinque le donne vennero uccise.
In molti dei paesi direttamente occupati dai Nazisti, o in quelli loro alleati, la resistenza Ebraica si concentrò sugli aiuti e sulle azioni di salvataggio. Nel 1944, le autorità ebraiche in Palestina inviarono in Ungheria e in Slovacchia paracadutisti clandestini come Hannah Szenes, perché aiutassero in tutti i modi possibili gli Ebrei che vivevano in clandestinità. In Francia, vari elementi del movimento clandestino ebraico si unirono per formare diversi gruppi di resistenza, come l’Esercito Ebraico (Armée Juive) che operava nel sud del paese. Molti Ebrei combatterono nei movimenti di resistenza nazionali in Belgio, Francia, Italia, Polonia, Yugoslavia, Grecia e Slovacchia.
Gli Ebrei nei ghetti e nei campi di concentramento risposero all’oppressione nazista anche con varie forme di resistenza spirituale. Essi tentarono consapevolmente, in diversi modi, di preservare la Storia e la vita comunitaria del popolo ebraico, opponendosi agli sforzi nazisti di sradicare gli Ebrei da ogni umana memoria. Queste attività inclusero la creazione di istituti culturali ebraici clandestini; la continuazione in segreto dell’osservanza di feste e riti religiosi; la creazione di un sistema d’istruzione clandestino; la pubblicazione di giornali anch’essi clandestini; la raccolta e la salvaguardia di documenti importanti, come nel caso dell’archivio di Oneg Shabbat a Varsavia, che avrebbe poi raccontato la storia degli Ebrei del ghetto distrutto nel 1943.
Tratto da
L’Enciclopedia dell’Olocausto

I bambini durante l’Olocausto

I bambini durante l’Olocausto

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Un bambino, in condizioni di evidente denutrizione, mangia qualcosa in una strada del ghetto di Varsavia. Varsavia, Polonia tra il 1940 e il 1943.

— US Holocaust Memorial Museum, courtesy of Rafael Scharf

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I bambini furono ovviamente tra i più esposti alle violenze dell’Olocausto. I Nazisti sostenevano che l’uccisione dei figli di persone ritenute "indesiderabili" o "pericolose" fosse giustificata dalla loro ideologia, sia quella basata sulla "lotta di razza", sia quella che considerava l’eliminazione dei nemici una misura preventiva necessaria alla sicurezza. Da un lato, quindi, i Tedeschi e i loro collaboratori uccisero i più giovani con queste motivazioni ideologiche; dall’altro ne eliminarono molti come forma di rappresaglia agli attacchi partigiani veri o presunti.

In tutto, si calcola che almeno un milione e mezzo di bambini e ragazzi sia stato ucciso dai Nazisti e dai loro fiancheggiatori; di queste giovani vittime, più di un milione erano Ebrei, mentre le altre decine di migliaia erano Rom (Zingari), Polacchi e Sovietici che vivevano nelle zone occupate dalla Germania, nonché bambini tedeschi con handicap fisici e/o mentali provenienti dagli Istituti di cura. Le possibilità di sopravvivenza degli adolescenti compresi tra i13 e i 18 anni, sia Ebrei che non-Ebrei, erano invece maggiori, in quanto potevano essere utilizzati nel lavoro forzato.

Il destino dei bambini, Ebrei e non-Ebrei, poteva seguire diverse vie: 1) i bambini venivano uccisi immediatamente, al loro arrivo nei campi di sterminio; 2) potevano venir uccisi subito dopo la nascita, o mentre si trovavano ancora negli Istituti che li ospitavano; 3) i bambini nati nei ghetti e nei campi potevano sopravvivere quando gli altri prigionieri li nascondevano; 4) i bambini maggiori di 12 anni venivano destinati al lavoro forzato o erano usati per esperimenti medici; 5) infine, vi furono i bambini uccisi durante le operazioni di rappresaglia o quelle contro i gruppi partigiani.

Nei ghetti, i bambini ebrei morivano a causa della denutrizione e dell’esposizione alle intemperie, in quanto mancavano sia il vestiario che abitazioni adeguate. Le autorità tedesche rimanevano indifferenti di fronte a queste morti in massa perché consideravano la maggior parte dei ragazzini che viveva nei ghetti come elementi improduttivi e quindi come "inutili bocche da sfamare". Siccome i bambini erano troppo piccoli per potere essere utilizzati nel lavoro forzato, le autorità tedesche in genere li selezionavano per primi – insieme agli anziani, ai malati e ai disabili – per essere deportati nei centri di sterminio, o per le fucilazioni di massa che riempivano poi le fosse comuni.

Allo stesso modo, al loro arrivo ad Auschwitz-Birkenau e agli altri centri di sterminio, le autorità dei campi destinavano la maggior parte dei più piccoli direttamente alle camere a gas. Le SS e le forze di polizia in Polonia e nell’Unione Sovietica occupata fucilarono migliaia di bambini, dopo averli allineati lungo il bordo delle fosse comuni scavate appositamente. A volte, la selezione dei più giovani per riempire i trasporti verso i centri di sterminio, o per fornire le prime vittime alle operazioni di assassinio di massa, furono il risultato di penose e controverse decisioni prese dai presidenti dei Consigli Ebraici (Judenrat). Tra queste, la decisione del Consiglio Ebraico di Lodz, nel settembre del 1942, di deportare i bambini al centro di sterminio di Chelmo rappresenta un esempio delle scelte tragiche operate dagli adulti quando costretti ad accontentare le richieste dei Tedeschi. Invece, Janusz Korczak, direttore di un orfanotrofio nel ghetto di Varsavia, si rifiutò di abbandonare i piccoli a lui affidati, quando questi vennero selezionati per la deportazione, e li accompagnò sul convoglio che li condusse a Treblinka, e poi fin dentro la camera a gas, condividendo così il loro destino.

Anche i bambini non-Ebrei dei gruppi presi di mira dai Nazisti non vennero risparmiati, come ad esempio i bambini Rom (Zingari) uccisi nel campo di concentramento di Auschwitz; o i bambini – tra i 5.000 e i 7.000 – eliminati nell’ambito del programma "Eutanasia"; o, ancora, quelli assassinati durante le operazioni di rappresaglia, come per esempio la maggior parte dei bambini di Lidice; e, infine, i bambini che vivevano nella zona occupata dell’Unione Sovietica e che vennero uccisi insieme ai loro genitori.

Le autorità tedesche incarcerarono anche un certo numero di bambini nei campi di concentramento e nei campi di transito. Medici delle SS e ricercatori usarono i più giovani, in particolare i gemelli, per esperimenti medici nei campi di concentramento, esperimenti che spesso ne causarono la morte. Le autorità dei campi, poi, usarono gli adolescenti, in particolare gli adolescenti Ebrei, per il lavoro forzato; molti di loro morirono a causa delle condizioni in cui tali lavori venivano svolti. Le autorità tedesche confinarono anche altri bambini nei campi di transito, costringendoli a vivere in condizioni spaventose: fu quello che accadde ad Anna Frank e a sua sorella nel campo di Bergen-Belsen, e a molti altri orfani non-Ebrei i cui genitori erano stati uccisi dai soldati tedeschi e dalla polizia nelle operazioni contro i partigiani. Alcuni di questi orfani vennero detenuti per un certo periodo nel campo di concentramento di Lublino/Majdanek e in altri campi.

Nella loro folle ricerca di "sangue puro ariano", gli esperti della razza delle SS ordinarono che centinaia di bambini, nella Polonia e nell’Unione Sovietica occupate, venissero rapiti e trasferiti in Germania per essere adottati da famiglie considerate ‘adeguate’ dal punto di vista razziale. Nonostante queste decisioni fossero basate su princìpi ritenuti ‘scientifici’, spesso, invece, capelli biondi, occhi azzurri e pelle chiara bastarono a "guadagnarsi" l’opportunità di venire "germanificati". Inoltre, molte tra le donne polacche e sovietiche che erano state deportate in Germania per lavorare ebbero relazioni sessuali con uomini tedeschi, spesso costrette con la forza. Inevitabilmente, molte di loro rimasero incinte e, nel caso gli "esperti’ determinassero che il nascituro non avesse abbastanza sangue tedesco, venivano costrette ad abortire, oppure a partorire in condizioni tali da garantire la morte del neonato.

Nonostante la loro estrema vulnerabilità, molti bambini trovarono il modo di sopravvivere all’Olocausto: ad esempio, alcuni di loro contrabbandarono il cibo all’interno dei ghetti, dopo aver portato fuori di nascosto beni personali da poter scambiare. Altri, appartenenti ai movimenti giovanili, parteciparono alle attività della Resistenza clandestina. Molti altri ancora riuscirono a fuggire con i propri genitori, o con dei parenti – e alcune volte anche da soli – e a rifugiarsi nei campi per famiglie creati dai partigiani ebrei.

Tra il 1938 e il 1940, ebbe luogo una grande operazione di salvataggio chiamata ufficiosamente "Trasferimento dei Bambini" (Kindertransport); un’operazione che – dalla Germania e dai territori occupati dai tedeschi – portò in Gran Bretagna migliaia di bambini ebrei profughi e senza genitori. In tutta Europa, inoltre, persone non-Ebree nascosero giovani Ebrei e a volte, come nel caso di Anna Frank, anche altri membri delle loro famiglie. In altre occasioni, persone non-Ebree nascosero giovani Ebrei e a volte, come nel caso di Anna Frank, anche altri membri delle loro famiglie. In Francia, quasi l’intera popolazione di Le-Chambon-sur-Lignon, insieme a molti preti cattolici, a suore e a laici cattolici, nascosero i bambini ebrei della città dal 1942 al 1944. In Italia e in Belgio, infine, molti sopravvissero nascondendosi in luoghi diversi.

Dopo la resa della Germania nazista, che pose fine alla Seconda Guerra Mondiale, i profughi e i rifugiati cominciarono a cercare in tutta Europa i bambini dispersi. Migliaia di orfani si trovavano a quel punto nei campi profughi, mentre molti bambini ebrei sopravvissuti erano fuggiti dall’Europa dell’Est, unendosi all’esodo di massa (Brihah) verso le zone occidentali della Germania occupata, e dirigendosi poi verso Yishuv (la zona d’insediamento ebraico in Palestina). Grazie alla Youth Aliyah (Immigrazione Giovanile), a migliaia emigrarono nello Yishuv e poi nello Stato di Israele, dopo la sua costituzione nel 1948.

Einsatzgruppen (“Squadre della Morte”)

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Einsatzgruppen (“Squadre della Morte”)

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Soldati appartenenti a un’unità non identificata della Squadra della Morte C frugano tra i beni degli Ebrei massacrati a Babi Yar, una gola nei pressi di Kiev. Unione Sovietica, 29 settembre-1 ottobre 1941.

— US Holocaust Memorial Museum

Le Einsatzgruppen (in questo contesto da leggere come “unità mobili di sterminio”) erano vere e proprie Squadre della Morte composte principalmente da SS e da agenti di polizia. Comandate da ufficiali della Polizia di Sicurezza tedesca (Sicherheitspolizei, Sipo) e del Servizio di Sicurezza (Sicherheitsdienst, SD) le Einsatzgruppen avevano tra i loro compiti l’eliminazione di coloro che venivano considerati nemici, sia per motivi politici che razziali, e che si trovavano al di là delle linee di combattimento, nell’Unione Sovietica occupata dai tedeschi.

Tra le vittime vi furono Ebrei, Rom (Zingari), funzionari di Stato e funzionari del Partito Comunista Sovietico. Le Einsatzgruppen assassinarono anche migliaia di pazienti ospitati nelle strutture per disabili fisici e mentali. Molti studiosi sono convinti che lo sterminio sistematico degli Ebrei attuato dalle Einsatzgruppen e dai battaglioni della Polizia d’Ordine (Ordnungspolizei) nell’Unione Sovietica occupata, rappresentò il primo passo verso l’attuazione della “Soluzione Finale”, il programma ideato dai Nazisti per eliminare tutti gli Ebrei europei.

Durante l’invasione dell’Unione Sovietica, nel giugno del 1941, le Einsatzgruppen si posero al seguito dell’esercito tedesco mentre questi avanzava profondamente nel territorio nemico. Le Einsatzgruppen, spesso usufruendo dell’appoggio della polizia e delle popolazioni locali, portarono a termine numerose operazioni di sterminio di massa. Contrariamente ai metodi adottati successivamente, che prevedevano la deportazione degli Ebrei dalle città o dai ghetti verso i campi di sterminio, le Einsatzgruppen si recavano direttamente nelle comunità ebraiche e attuavano veri e propri massacri.

L’esercito tedesco fornì appoggio logistico alle Einsatzgruppen, inclusi rifornimenti, trasporto, alloggio e, occasionalmente, forza lavoro sotto forma di unità per il trasferimento e la sorveglianza dei prigionieri. In una prima fase, le Einsatzgruppen fucilarono principalmente gli uomini Ebrei. Alla fine dell’estate del 1941, tuttavia, ovunque le Einsatzgruppen si recassero uccidevano uomini, donne e bambini, senza curarsi dell’età o del sesso di appartenenza, seppellendoli poi in fosse comuni. Spesso grazie all’aiuto di informatori e interpreti della popolazione locale, gli Ebrei di una certa zona venivano identificati e portati nei punti di raccolta;da qui, i camion li trasportavano poi ai luoghi dell’esecuzione, dove le fosse comuni erano già state preparate. In alcuni casi, i prigionieri erano costretti a scavare loro stessi le loro future tombe. Dopo aver consegnato ogni oggetto di valore ed essersi spogliati, uomini, donne e bambini venivano fucilati, o in stile militare – in piedi, di fronte alla fossa – oppure già stesi sul fondo, uno accanto all’altro, secondo un sistema che venne ribattezzato in modo irriverente “a scatola di sardine”.

La fucilazione fu il sistema più usato dalle Einsatzgruppen; tuttavia, alla fine dell’estate del 1941, Heinrich Himmler, avendo constatato il peso psicologico che tale sistema di sterminio aveva sui suoi uomini, richiese l’adozione di un modo più “comodo” di perpetrare le uccisioni. Il risultato di tale richiesta fu la creazione delle camere a gas mobili: montate su furgoni per il trasporto merci, e con il sistema di scappamento modificato, esse venivano usate per asfissiare i prigionieri con il monossido di carbonio. Le camere a gas mobili fecero la propria apparizione per la prima volta sul fronte orientale, alla fine dell’autunno del 1941, e furono poi utilizzate, insieme alle fucilazioni, per assassinare Ebrei e altre vittime nella maggior parte delle zone in cui le “Squadre della Morte” operavano.

Le Einsatzgruppen al seguito dell’esercito tedesco in Unione Sovietica erano composte da quattro gruppi operativi, ognuno delle dimensioni di un battaglione. L’ Einsatzgruppe A partì dalla Prussia Orientale e si spinse attraverso la Lituania, la Lettonia e l’Estonia verso Leningrado (oggi San Pietroburgo). Questa unità massacrò gli Ebrei a Kovno, Riga e Vilna. L’Einsatzgruppe B partì invece da Varsavia, nella Polonia occupata, e attraverso la Bielorussia si spinse verso Smolensk e Minsk, massacrando gli Ebrei a Grodno, Minsk, Brest-Litovsk, Slonim, Gomel e Mogilev, solo per citare alcuni luoghi. L’Einsatzgruppe C cominciò le proprie operazioni da Cracovia, attraversando poi l’Ucraina occidentale e proseguendo verso Kharkov e Rostov sul Don. I suoi uomini operarono massacri a Lvov, Tarnopol, Zolochev, Kremenets, Kharkov, Zhitomir e Kiev. Qui, il sottogruppo 4A delle Einsatzgruppen, nel corso di due intere giornate, portò a termine quello che divenne poi tristemente famoso come “massacro della gola di Babi Yar”, in cui vennero assassinati 33.771 Ebrei di Kiev. Delle quattro unità, la Einsatzgruppe D operò invece nella parte più a sud: questa squadra portò a termine numerosi massacri nella parte meridionale dell’Ucraina e della Crimea, in particolare a Nikolayev, Kherson, Simferopol, Sebastopoli, Feodosiya e nella regione di Krasnodar.

Le Einsatzgruppen ricevettero vasto appoggio dai soldati tedeschi e dagli altri eserciti dell’Asse, così come da collaboratori locali e da altre unità delle SS. I membri delle Einsatzgruppen venivano reclutati tra le SS, le Waffen SS (reparti militari delle SS), nel Sipo e nel SD, tra le forze della Polizia d’Ordine e in altre forze di polizia.

Alla fine della primavera del 1943, le Einsatzgruppen e i battaglioni della Polizia d’Ordine avevano già assassinato più di un milione di Ebrei sovietici e decine di migliaia di commissari politici, partigiani, Rom e persone disabili. Il cosiddetto “sterminio mobile”, in particolare la fucilazione, si dimostrò un metodo inefficiente e psicologicamente pesante per gli uomini coinvolti. Già nel periodo in cui le Einsatzgruppen portavano a termine le loro operazioni, le autorità tedesche cominciarono a pianificare e poi costruire strutture fisse all’interno dei campi di sterminio, per uccidere – tramite gas venefico – del più vasto numero possibile di Ebrei.

Copyright © United States Holocaust Memorial Museum, Washington, DC

Einsatzgruppen – (“Squadre della Morte”)

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Einsatzgruppen (“Squadre della Morte”) — Ritratti

Herschel Rosenblat

Data di nascita: 1916, Varsavia, Polonia

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Herschel era il più giovane di tre figli nati da genitori ebrei, che in casa parlavano Yiddish. Quando Herschel era ancora bambino, la sua famiglia si trasferì a Radom, una citttà industriale in cui viveva una grande comunità ebraica. Nel 1930, Herschel, che aveva finito la scuola, lavorava già con suo padre nella loro azienda di produzione di calzature. Più tardi, con l’aiuto di un amico, egli trovò un lavoro a tempo pieno come imbianchino.

1933-39: La carriera di imbianchino di Herschel fu interrotta per due anni quando egli ne aveva venti e venne arruolato nella cavalleria polacca. Quando la Germania minacciò di attaccare la Polonia, nell’agosto del 1939, Herschel venne richiamato; dopo l’occupazione tedesca, egli riuscì ad evitare di venire catturato come prigioniero di guerra e tornò a casa. Quando i Tedeschi picchiarono suo fratello maggiore Itzik, Herschel prese in prestito del denaro e fuggì ad est, nella città di Slonim, che si trovava nella parte di Polonia occupata dai Sovietici.

1940-41: A Slonim Herschel trovò nuovamente lavoro come imbianchino, ma nel 1941 cadde da un’impalcatura e si ruppe una gamba; di conseguenza, si trovava all’ospedale quando i Tedeschi attaccarono l’Unione Sovietica, il 22 giugno 1941. Tre giorni dopo, truppe tedesche presero d’assalto Slonim. Mentre la maggior parte dei suoi amici fece in tempo a fuggire, Herschel rimase bloccato a letto. Durante la loro avanzata in territorio sovietico, le truppe tedesche erano seguite da unità operative mobili, o Squadre della Morte, alcune delle quali entrarono anche a Slonim con il compito di uccidere gli Ebrei.

Herschel, insieme ad altri pazienti, venne assassinato mentre si trovava nel suo letto d’ospedale. Aveva 25 anni.

Enciclopedia dell’Olocausto – I campi di sterminio

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Enciclopedia dell’Olocausto

I campi di sterminio: sintesi

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Spazzole appartenute a vittime del campo di concentramento di Auschwitz, rinvenute subito dopo la liberazione. Polonia, dopo il 27 gennaio 1945.

— Dokumentationsarchiv des Oesterreichischen Widerstandes

I Nazisti istituirono i campi di sterminio per rendere il più efficiente possibile l’assassinio di massa. Diversamente dai campi di concentramento, che servivano principalmente come campi di detenzione e di lavoro, i campi di sterminio (anche conosciuti come “campi della morte”) erano quasi esclusivamente vere e proprie “fabbriche di morte”. Nei campi di sterminio, le SS e la polizia tedesca assassinarono quasi 2.700.000 Ebrei, tramite l’uso di gas tossico o tramite fucilazione.

Il primo centro di sterminio ad essere realizzato fu quello di Chelmno, nel dicembre del 1941, nella parte della Polonia annessa alla Gemania (Warthegau). I prigionieri, per la maggior parte Ebrei, ma anche Rom (Zingari), venivano uccisi all’interno di camere a gas mobili, installate su appositi furgoni. Nel 1942, nel Governatorato Generale (un terrritorio all’interno della Polonia occupata) i Nazisti crearono i campi di sterminio di Belzec, Sobibor e Treblinka (conosciuti anche come Campi dell’Operazione Reinhard) con l’obiettivo di eliminare sistematicamente tutti gli Ebrei polacchi. Nei campi di sterminio dell’Operazione Reinhard, le SS e i loro aiutanti assassinarono approssimativamente 1.526.500 Ebrei, tra il marzo 1942 e il novembre 1943.

Al loro arrivo al campo di sterminio, quasi tutti i deportati venivano immediatamente mandati alle camere a gas, ad eccezione di un ristretto numero che veniva invece utilizzato nelle squadre addette a lavori speciali e note come Sonderkommandos (Unità Speciali). Il centro di sterminio più grande fu quello di Auschwitz-Birkenau, in Polonia, dove, alla fine della primavera del 1943, funzionavano quattro camere a gas che utilizzavano la sostanza tossica nota come Zyklon B. Quando le deportazioni raggiunsero la massima intensità, il numero di Ebrei a venire uccisi con il gas ad Auschwitz-Birkenau raggiunse anche la cifra di 6.000 persone al giorno; in totale, più di un milione di Ebrei e decine di migliaia di Rom, di Polacchi e di prigionieri di guerra avrebbero trovato la morte in quel campo entro la fine di novembre del 1944.

Sebbene diversi studiosi abbiano tradizionalmente considerato Majdanek come il sesto campo di sterminio, ricerche recenti hanno fatto miglior luce sulle funzioni e operazioni attuate a Lublino/Majdanek. Nell’ambito dell’Operazione Reinhard, Majdanek serviva principalmente per concentrare quegli Ebrei che i Tedeschi risparmiavano temporaneamente per poi inviarli ai lavori forzati. Majdanek fu solo occasionalmente usato come campo di sterminio, al fine di eliminare coloro che non potevano venire uccisi nei campi di sterminio dell’Operazione Reinhard: Belzec, Sobibor e Treblinka II. Majdanek conteneva anche un magazzino per conservare le proprietà e gli oggetti di valore appartenuti alle vittime degli altri campi di sterminio.

Le SS consideravano i campi di sterminio un’operazione top secret. Per cancellare ogni traccia delle uccisioni unità speciali, costituite da prigionieri (Sonderkommandos), venivano obbligate a rimuovere i cadaveri dalle camere a gas e a cremarli. Alcuni campi di sterminio vennero cammuffati o modificati, nel tentativo di nascondere l’avvenuto assassinio di milioni di persone.

Copyright © United States Holocaust Memorial Museum, Washington, DC

I bambini durante l’Olocausto

I bambini durante l’Olocausto

Un bambino, in condizioni di evidente denutrizione, mangia qualcosa in una strada del ghetto di Varsavia. Varsavia, Polonia tra il 1940 e il 1943.

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— US Holocaust Memorial Museum, courtesy of Rafael Scharf

I bambini furono ovviamente tra i più esposti alle violenze dell’Olocausto. I Nazisti sostenevano che l’uccisione dei figli di persone ritenute "indesiderabili" o "pericolose" fosse giustificata dalla loro ideologia, sia quella basata sulla "lotta di razza", sia quella che considerava l’eliminazione dei nemici una misura preventiva necessaria alla sicurezza. Da un lato, quindi, i Tedeschi e i loro collaboratori uccisero i più giovani con queste motivazioni ideologiche; dall’altro ne eliminarono molti come forma di rappresaglia agli attacchi partigiani veri o presunti.

In tutto, si calcola che almeno un milione e mezzo di bambini e ragazzi sia stato ucciso dai Nazisti e dai loro fiancheggiatori; di queste giovani vittime, più di un milione erano Ebrei, mentre le altre decine di migliaia erano Rom (Zingari), Polacchi e Sovietici che vivevano nelle zone occupate dalla Germania, nonché bambini tedeschi con handicap fisici e/o mentali provenienti dagli Istituti di cura. Le possibilità di sopravvivenza degli adolescenti compresi tra i13 e i 18 anni, sia Ebrei che non-Ebrei, erano invece maggiori, in quanto potevano essere utilizzati nel lavoro forzato.

Il destino dei bambini, Ebrei e non-Ebrei, poteva seguire diverse vie: 1) i bambini venivano uccisi immediatamente, al loro arrivo nei campi di sterminio; 2) potevano venir uccisi subito dopo la nascita, o mentre si trovavano ancora negli Istituti che li ospitavano; 3) i bambini nati nei ghetti e nei campi potevano sopravvivere quando gli altri prigionieri li nascondevano; 4) i bambini maggiori di 12 anni venivano destinati al lavoro forzato o erano usati per esperimenti medici; 5) infine, vi furono i bambini uccisi durante le operazioni di rappresaglia o quelle contro i gruppi partigiani.

Nei ghetti, i bambini ebrei morivano a causa della denutrizione e dell’esposizione alle intemperie, in quanto mancavano sia il vestiario che abitazioni adeguate. Le autorità tedesche rimanevano indifferenti di fronte a queste morti in massa perché consideravano la maggior parte dei ragazzini che viveva nei ghetti come elementi improduttivi e quindi come "inutili bocche da sfamare". Siccome i bambini erano troppo piccoli per potere essere utilizzati nel lavoro forzato, le autorità tedesche in genere li selezionavano per primi – insieme agli anziani, ai malati e ai disabili – per essere deportati nei centri di sterminio, o per le fucilazioni di massa che riempivano poi le fosse comuni.

Allo stesso modo, al loro arrivo ad Auschwitz-Birkenau e agli altri centri di sterminio, le autorità dei campi destinavano la maggior parte dei più piccoli direttamente alle camere a gas. Le SS e le forze di polizia in Polonia e nell’Unione Sovietica occupata fucilarono migliaia di bambini, dopo averli allineati lungo il bordo delle fosse comuni scavate appositamente. A volte, la selezione dei più giovani per riempire i trasporti verso i centri di sterminio, o per fornire le prime vittime alle operazioni di assassinio di massa, furono il risultato di penose e controverse decisioni prese dai presidenti dei Consigli Ebraici (Judenrat). Tra queste, la decisione del Consiglio Ebraico di Lodz, nel settembre del 1942, di deportare i bambini al centro di sterminio di Chelmo rappresenta un esempio delle scelte tragiche operate dagli adulti quando costretti ad accontentare le richieste dei Tedeschi. Invece, Janusz Korczak, direttore di un orfanotrofio nel ghetto di Varsavia, si rifiutò di abbandonare i piccoli a lui affidati, quando questi vennero selezionati per la deportazione, e li accompagnò sul convoglio che li condusse a Treblinka, e poi fin dentro la camera a gas, condividendo così il loro destino.

Anche i bambini non-Ebrei dei gruppi presi di mira dai Nazisti non vennero risparmiati, come ad esempio i bambini Rom (Zingari) uccisi nel campo di concentramento di Auschwitz; o i bambini – tra i 5.000 e i 7.000 – eliminati nell’ambito del programma "Eutanasia"; o, ancora, quelli assassinati durante le operazioni di rappresaglia, come per esempio la maggior parte dei bambini di Lidice; e, infine, i bambini che vivevano nella zona occupata dell’Unione Sovietica e che vennero uccisi insieme ai loro genitori.

Le autorità tedesche incarcerarono anche un certo numero di bambini nei campi di concentramento e nei campi di transito. Medici delle SS e ricercatori usarono i più giovani, in particolare i gemelli, per esperimenti medici nei campi di concentramento, esperimenti che spesso ne causarono la morte. Le autorità dei campi, poi, usarono gli adolescenti, in particolare gli adolescenti Ebrei, per il lavoro forzato; molti di loro morirono a causa delle condizioni in cui tali lavori venivano svolti. Le autorità tedesche confinarono anche altri bambini nei campi di transito, costringendoli a vivere in condizioni spaventose: fu quello che accadde ad Anna Frank e a sua sorella nel campo di Bergen-Belsen, e a molti altri orfani non-Ebrei i cui genitori erano stati uccisi dai soldati tedeschi e dalla polizia nelle operazioni contro i partigiani. Alcuni di questi orfani vennero detenuti per un certo periodo nel campo di concentramento di Lublino/Majdanek e in altri campi.

Nella loro folle ricerca di "sangue puro ariano", gli esperti della razza delle SS ordinarono che centinaia di bambini, nella Polonia e nell’Unione Sovietica occupate, venissero rapiti e trasferiti in Germania per essere adottati da famiglie considerate ‘adeguate’ dal punto di vista razziale. Nonostante queste decisioni fossero basate su princìpi ritenuti ‘scientifici’, spesso, invece, capelli biondi, occhi azzurri e pelle chiara bastarono a "guadagnarsi" l’opportunità di venire "germanificati". Inoltre, molte tra le donne polacche e sovietiche che erano state deportate in Germania per lavorare ebbero relazioni sessuali con uomini tedeschi, spesso costrette con la forza. Inevitabilmente, molte di loro rimasero incinte e, nel caso gli "esperti’ determinassero che il nascituro non avesse abbastanza sangue tedesco, venivano costrette ad abortire, oppure a partorire in condizioni tali da garantire la morte del neonato.

Nonostante la loro estrema vulnerabilità, molti bambini trovarono il modo di sopravvivere all’Olocausto: ad esempio, alcuni di loro contrabbandarono il cibo all’interno dei ghetti, dopo aver portato fuori di nascosto beni personali da poter scambiare. Altri, appartenenti ai movimenti giovanili, parteciparono alle attività della Resistenza clandestina. Molti altri ancora riuscirono a fuggire con i propri genitori, o con dei parenti – e alcune volte anche da soli – e a rifugiarsi nei campi per famiglie creati dai partigiani ebrei.

Tra il 1938 e il 1940, ebbe luogo una grande operazione di salvataggio chiamata ufficiosamente "Trasferimento dei Bambini" (Kindertransport); un’operazione che – dalla Germania e dai territori occupati dai tedeschi – portò in Gran Bretagna migliaia di bambini ebrei profughi e senza genitori. In tutta Europa, inoltre, persone non-Ebree nascosero giovani Ebrei e a volte, come nel caso di Anna Frank, anche altri membri delle loro famiglie. In altre occasioni, persone non-Ebree nascosero giovani Ebrei e a volte, come nel caso di Anna Frank, anche altri membri delle loro famiglie. In Francia, quasi l’intera popolazione di Le-Chambon-sur-Lignon, insieme a molti preti cattolici, a suore e a laici cattolici, nascosero i bambini ebrei della città dal 1942 al 1944. In Italia e in Belgio, infine, molti sopravvissero nascondendosi in luoghi diversi.

Dopo la resa della Germania nazista, che pose fine alla Seconda Guerra Mondiale, i profughi e i rifugiati cominciarono a cercare in tutta Europa i bambini dispersi. Migliaia di orfani si trovavano a quel punto nei campi profughi, mentre molti bambini ebrei sopravvissuti erano fuggiti dall’Europa dell’Est, unendosi all’esodo di massa (Brihah) verso le zone occidentali della Germania occupata, e dirigendosi poi verso Yishuv (la zona d’insediamento ebraico in Palestina). Grazie alla Youth Aliyah (Immigrazione Giovanile), a migliaia emigrarono nello Yishuv e poi nello Stato di Israele, dopo la sua costituzione nel 1948.

Copyright © United States Holocaust Memorial Museum, Washington, DC

Einsatzgruppen (“Squadre della Morte”)

Einsatzgruppen (“Squadre della Morte”)

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Soldati appartenenti a un’unità non identificata della Squadra della Morte C frugano tra i beni degli Ebrei massacrati a Babi Yar, una gola nei pressi di Kiev. Unione Sovietica, 29 settembre-1 ottobre 1941.

— US Holocaust Memorial Museum

Le Einsatzgruppen (in questo contesto da leggere come “unità mobili di sterminio”) erano vere e proprie Squadre della Morte composte principalmente da SS e da agenti di polizia. Comandate da ufficiali della Polizia di Sicurezza tedesca (Sicherheitspolizei, Sipo) e del Servizio di Sicurezza (Sicherheitsdienst, SD) le Einsatzgruppen avevano tra i loro compiti l’eliminazione di coloro che venivano considerati nemici, sia per motivi politici che razziali, e che si trovavano al di là delle linee di combattimento, nell’Unione Sovietica occupata dai tedeschi.

Tra le vittime vi furono Ebrei, Rom (Zingari), funzionari di Stato e funzionari del Partito Comunista Sovietico. Le Einsatzgruppen assassinarono anche migliaia di pazienti ospitati nelle strutture per disabili fisici e mentali. Molti studiosi sono convinti che lo sterminio sistematico degli Ebrei attuato dalle Einsatzgruppen e dai battaglioni della Polizia d’Ordine (Ordnungspolizei) nell’Unione Sovietica occupata, rappresentò il primo passo verso l’attuazione della “Soluzione Finale”, il programma ideato dai Nazisti per eliminare tutti gli Ebrei europei.

Durante l’invasione dell’Unione Sovietica, nel giugno del 1941, le Einsatzgruppen si posero al seguito dell’esercito tedesco mentre questi avanzava profondamente nel territorio nemico. Le Einsatzgruppen, spesso usufruendo dell’appoggio della polizia e delle popolazioni locali, portarono a termine numerose operazioni di sterminio di massa. Contrariamente ai metodi adottati successivamente, che prevedevano la deportazione degli Ebrei dalle città o dai ghetti verso i campi di sterminio, le Einsatzgruppen si recavano direttamente nelle comunità ebraiche e attuavano veri e propri massacri.

L’esercito tedesco fornì appoggio logistico alle Einsatzgruppen, inclusi rifornimenti, trasporto, alloggio e, occasionalmente, forza lavoro sotto forma di unità per il trasferimento e la sorveglianza dei prigionieri. In una prima fase, le Einsatzgruppen fucilarono principalmente gli uomini Ebrei. Alla fine dell’estate del 1941, tuttavia, ovunque le Einsatzgruppen si recassero uccidevano uomini, donne e bambini, senza curarsi dell’età o del sesso di appartenenza, seppellendoli poi in fosse comuni. Spesso grazie all’aiuto di informatori e interpreti della popolazione locale, gli Ebrei di una certa zona venivano identificati e portati nei punti di raccolta;da qui, i camion li trasportavano poi ai luoghi dell’esecuzione, dove le fosse comuni erano già state preparate. In alcuni casi, i prigionieri erano costretti a scavare loro stessi le loro future tombe. Dopo aver consegnato ogni oggetto di valore ed essersi spogliati, uomini, donne e bambini venivano fucilati, o in stile militare – in piedi, di fronte alla fossa – oppure già stesi sul fondo, uno accanto all’altro, secondo un sistema che venne ribattezzato in modo irriverente “a scatola di sardine”.

La fucilazione fu il sistema più usato dalle Einsatzgruppen; tuttavia, alla fine dell’estate del 1941, Heinrich Himmler, avendo constatato il peso psicologico che tale sistema di sterminio aveva sui suoi uomini, richiese l’adozione di un modo più “comodo” di perpetrare le uccisioni. Il risultato di tale richiesta fu la creazione delle camere a gas mobili: montate su furgoni per il trasporto merci, e con il sistema di scappamento modificato, esse venivano usate per asfissiare i prigionieri con il monossido di carbonio. Le camere a gas mobili fecero la propria apparizione per la prima volta sul fronte orientale, alla fine dell’autunno del 1941, e furono poi utilizzate, insieme alle fucilazioni, per assassinare Ebrei e altre vittime nella maggior parte delle zone in cui le “Squadre della Morte” operavano.

Le Einsatzgruppen al seguito dell’esercito tedesco in Unione Sovietica erano composte da quattro gruppi operativi, ognuno delle dimensioni di un battaglione. L’ Einsatzgruppe A partì dalla Prussia Orientale e si spinse attraverso la Lituania, la Lettonia e l’Estonia verso Leningrado (oggi San Pietroburgo). Questa unità massacrò gli Ebrei a Kovno, Riga e Vilna. L’Einsatzgruppe B partì invece da Varsavia, nella Polonia occupata, e attraverso la Bielorussia si spinse verso Smolensk e Minsk, massacrando gli Ebrei a Grodno, Minsk, Brest-Litovsk, Slonim, Gomel e Mogilev, solo per citare alcuni luoghi. L’Einsatzgruppe C cominciò le proprie operazioni da Cracovia, attraversando poi l’Ucraina occidentale e proseguendo verso Kharkov e Rostov sul Don. I suoi uomini operarono massacri a Lvov, Tarnopol, Zolochev, Kremenets, Kharkov, Zhitomir e Kiev. Qui, il sottogruppo 4A delle Einsatzgruppen, nel corso di due intere giornate, portò a termine quello che divenne poi tristemente famoso come “massacro della gola di Babi Yar”, in cui vennero assassinati 33.771 Ebrei di Kiev. Delle quattro unità, la Einsatzgruppe D operò invece nella parte più a sud: questa squadra portò a termine numerosi massacri nella parte meridionale dell’Ucraina e della Crimea, in particolare a Nikolayev, Kherson, Simferopol, Sebastopoli, Feodosiya e nella regione di Krasnodar.

Le Einsatzgruppen ricevettero vasto appoggio dai soldati tedeschi e dagli altri eserciti dell’Asse, così come da collaboratori locali e da altre unità delle SS. I membri delle Einsatzgruppen venivano reclutati tra le SS, le Waffen SS (reparti militari delle SS), nel Sipo e nel SD, tra le forze della Polizia d’Ordine e in altre forze di polizia.

Alla fine della primavera del 1943, le Einsatzgruppen e i battaglioni della Polizia d’Ordine avevano già assassinato più di un milione di Ebrei sovietici e decine di migliaia di commissari politici, partigiani, Rom e persone disabili. Il cosiddetto “sterminio mobile”, in particolare la fucilazione, si dimostrò un metodo inefficiente e psicologicamente pesante per gli uomini coinvolti. Già nel periodo in cui le Einsatzgruppen portavano a termine le loro operazioni, le autorità tedesche cominciarono a pianificare e poi costruire strutture fisse all’interno dei campi di sterminio, per uccidere – tramite gas venefico – del più vasto numero possibile di Ebrei

Tratto da

Enciclopedia dell’Olocausto

L’Olocausto – Federica Cavalera – Soldato caduto

27 GENNAIO

Federica Cavalera

Soldato caduto

L’ideale di pace
permea il tuo spirito missionario.
La partenza,
l’amore che t’aspetta al ritorno,
la famiglia,
la tua vita.
Soldato
combatti per difendere la Patria,
almeno così dicono!
Soldato
combatti per importare la democrazia
come se si importasse!
Soldato
hai armi per difenderti
almeno così dicono!
D’improvviso
un uomo toglie la vita ad un altro uomo.
Soldato
tu muori
in Patria un eroe!
Soldato
sei solo un uomo mandato al macello
come tanti uomini.
Il tuo aguzzino
un uomo anche lui,
permeato dall’ideale di Guerra.
Guerra giusta mai,
se l’ideale rincorso
toglie l’esistenza
ad un altro uomo.

Tratto da

http://www.poesieracconti.it/poesie/giorno_della_memoria_27_gennaio

L’Olocausto – Inge Auerbacher

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Ritratti

Inge Auerbacher

Data di nascita: 31 dicembre 1934, Kippenheim, Germania

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Inge era l’unica figlia di Berthold e Regina Auerbach, Ebrei osservanti che vivevano a Kippenheim, un paesino nella parte sudoccidentale della Germania, vicino alla Foresta Nera. Suo padre era un mercante di prodotti tessili e la famiglia viveva in una grande casa di 17 stanze, dove la servitù svolgeva gran parte dei lavori di casa.

1933-39: Il 10 novembre 1938, alcuni teppisti lanciarono pietre contro la nostra casa, rompendo tutte le finestre. Quello stesso giorno la polizia arrestò mio padre e mio nonno, mentre mia madre, mia nonna ed io riuscimmo a nasconderci in un capanno fino a quando tutto tornò tranquillo. Quando venimmo fuori, scoprimmo che tutti gli uomini ebrei della città erano stati portati a Dachau. A mio padre e a mio nonno fu permesso tornare a casa qualche settimana dopo, ma nel maggio seguente mio nonno morì di un attacco di cuore.

1940-45: Avevo 7 anni quando venni deportata con i miei genitori nel ghetto di Theresienstadt, in Cecoslovacchia. Quando arrivammo, ci presero tutto, ad eccezione dei vestiti che indossavamo e della mia bambola, Marlene. Le condizioni di vita nel campo erano dure, tanto che le patate valevano quanto diamanti. Ero malata per la maggior parte del tempo, ed ero affamata e impaurita. Per il mio ottavo compleanno, i miei genitori mi regalarono una piccola torta di patate con un pizzico di zucchero; per il mio nono compleanno, invece, un vestito per la mia bambola, fatto di stracci; e per il mio decimo compleanno, una poesia scritta da mia madre.

L’otto maggio 1945, Inge e i suoi genitori furono liberati dal ghetto di Theresienstadt dove avevano trascorso quasi tre anni. Nel maggio del 1946 emigrarono negli Stati Uniti

Copyright © United States Holocaust Memorial Museum, Washington, DC

L’Olocausto – Zanus Zachenburg Infanzia Miserabile

27 GENNAIO
Zanus Zachenburg

Infanzia Miserabile

Infanzia miserabile, catena
che ti lega al nemico e alla forca.
Miserabile infanzia, che dentro il
suo squallore
già distingue il bene e il male.
Laggiù dove l’infanzia dolcemente
riposa
nelle piccole aiuole di un parco
laggiù, in quella casa, qualcosa si è spezzato
quando su me è caduto il disprezzo:
laggiù, nei giardini o nei fiori
o sul seno materno, dove io sono nato
per piangere…
Alla luce di una candela m’addormento
forse per capire un giorno
che io ero una ben piccola cosa,
piccola come il coro dei 30.000,
come la loro vita che dorme
laggiù nei campi,
che dorme e si sveglierà,
aprirà gli occhi
e per non vedere troppo
si lascerà riprendere dal sonno…

Auschwitz 18/12/1943