Archivio mensile:novembre 2016

José Moreno Villa – L’uomo del momento

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José Moreno Villa
L’uomo del momento
scarpe forti, rude coltre,
pistola, fucile; è l’uomo.
Barba irsuta, barba intonsa,
imprecazioni e sputacchi,
gamba salda ed occhio intento,
dormir vestito: è l’uomo.
Si l’uomo del momento.
Solo quest’uomo si vede:
in treni, portici, strade,
la pioggia e al sole,
in mezzo a sedie distrutte
e spenti, morti lampioni,
in mezzo a sudice carte
che la tramontana fuga.
Tutta la città è sua,
e non s’interessa affatto
dove poserà la testa
stanca di notti di veglia.
sembra che non abbia avuto
né greggi, né fatiche,
famiglia che lo curi,
donne per divertirsi. e,
canta, lotta e cade
(perché cadere è umano).
non conosce quasi nulla
(ma quel quasi è umano).
A esser padrone e pari
con tutti gli altri uomini.
Vuole libri, pane, stima,
lavoro, un letto e svaghi
e tutte quelle cose
che crea l’uomo per l’uomo
o che offre la natura
perché l’uomo se ne serva
Sotto la pioggia invernale
E tra i solenni cannoni
Per la città devastata
Lo vedo serio e nobile
Come un germoglio che cerca
La radice. Questo è l’uomo

Emilio Prados – Città assediata

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Emilio Prados
Città assediata

Tra i cannoni mi ritrovo
E tra i cannoni mi muovo:
castelli della ragione
e frontiere del mio sogno:
dove ha inizio il mio cuore
e dove ha fine il vento?…
Non ho polso nelle vene,
ma solo ronzii di tuono;
vortici che m’incalzano
per le ,selve dei miei nervi;
turbe che mi sospingono,
occhi che ardono il mio fuoco,
e folate di vittoria,
inni dì sangue e d’acciaio,
uccelli che m’assaltano,
e m’alzano la fronte al cielo
e incendiano le nuvole
e mi scuotono il suolo.
Eccoli !… Pesanti masse
m’attraversano le vene.
Tutta la fermezza mi sta
barricata nelle ossa.
O compagni del presente,
fantasmi dei miei ricordi,
speranze delle mie mani
e nostalgie dei miei giochi:
sorgete tutti ìn mio aiuto,
ché è. assediata la mia vita
e la verità accerchiata
nel mio petto minacciata!
Presto, su, le barricate,
perché il cuore sta bruciando!
Non lo devono spegnere
sinistri spari di gelo.
Presto, in fretta, sangue mio,
tutto devi sconvolgermi!
Alza tutte le mie armi,
bada che al centro, tremante,
si cela una pioggia di fiamme
che ormai sfugge al mio assedio!
Presto, in armi, sangue mio,
ché già m’invade l’incendio!
Chi oserà minacciarlo,
avrà una brace nel sonno…

Oh, città, città assediata,
città del mio stesso petto:
se ti calcherà il nemico,
mi vedrà soltanto morto!
Castelli della ragione
e frontiere del mio sogno:
la mia città è assediata,
e tra cannoni mi muovo!…

Ma dove cominci, città,
ché non so se sei il mio corpo?

Antonio García Luque (Rafael Albertí) Il moro fuggiasco

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Antonio García Luque
(Rafael Albertí)

Il moro fuggiasco

Mattino di Peguerinos,
con l’Escorial sullo sfondo.
Latra la mitragliatrice.
Escono, simili a tronchi,
in mezzo ai tronchi, gli uomini:
sono spagnoli e mori.
Là in basso San Rafael
li assiste. Escono, torvi,
"regolari" di Larache
mandati contro di noi
da ufficiali del delitto
che si dicono cattolici.
Busta Ben Alí Mohamed,
barba nera, neri occhi,
nero, dai suoi avamposti
tutto cauto si distacca.
E fra l’erba strisciando
dice, rizzandosi a un tratto,
il pugno in alto, tranquillo,
dìnanzi ai fucili, solo:
" lo essere rosso, compagni.
Non tirate: essere rosso."

Antonio Agraz – Remember

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Antonio Agraz
" Remember "

Ricordate era di luglio
n notte estiva era.
le strade, asfaltate
maschiette e nottambuli,
su e giù andavano uomini
con gli abiti da lavoro,
con la febbre negli sguardi,
precipitosi passi.
Dove andavano si tardi
quelli che presto s’alzavano
Ricordate: era di luglio…
e una notte estiva era.
Per la Corredera Baja,
Tudescos e il Desengano,
verso la Via della Luna,
alla sede dei Sindacati,
con violenza di torrente,
camminava il fiume umano.
Armi !, chiedevano, inquieti.
Armi !, chiedevano, irati.
Armi !, per poter schiacciare
quelle canaglie del fascio.
Poiché non gli davano armi,
alla lotta si gettarono,
una parte mezzo nudi,
una parte mezzo scalzi,
e quando spuntò l’aurora
cominciarono l’assalto.
Il Cuartel de la Montana
ai Sindacati s’arrese!
Ricordate. Era di luglio
e una notte estiva era.
Combatterono i liberi
ed i liberi prevalsero.

Antonio Agraz – Guadagnerai il pane…

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Antonio Agraz
Guadagnerai il pane…

" Chi ara la terra, mamma,
quando il tagliente aquilone
punge la carne, mal coperta
d’una camicia di cotone? –
Chi vuoi, figlio, che ari?
All’aratro, l’aratore! "
" Chi semina la terra, mamma,
quando il vento vagabondo
passa intabarrato di nebbia
e cantando accarezza il mondo?
" Chi vuoi che semini, figlio,
la terra? Il seminatore. "
" Chi sarchia i seminati,
quando il getto si sviluppa,
e squarcia col suo verde ago
la zolla che lo avviluppa?
Chi li pulisce dal loglio? "
" Li pulisce il sarchiatore.
" Chi falcia e falcia le messi
sotto il sole demolitore
la terra secca irrorando
con pioggia di buon sudore?
‘Chi le raccoglie in covoni? "
Chi se non il falciatore? "
Chi, sulla trebbia, s’aggira per l’aia?
" Il trebbiatore!
Chi fa del grano farina,
nella mola? "
" Il mugnaio! "
Chi cuoce il pane nel forno
infocato? "
" Il fornaio!
E chi se lo mangia poi?
Taci, figliol Lo so io’

Fabrizio Federici – L’inferno dei gay nei lager nazisti

L’INFERNO DEI GAY NEI LAGER NAZISTI
di FABRIZIO FEDERICI

Non solo ebrei, oppositori politici, zingari, Testimoni di Geova, handicappati fisici e
psichici, resistenti di tutta Europa, sono stati vittime della “peste bruna”. Anche i gay tedeschi – e, dal 1940 in poi, olandesi, francesi e di altri Paesi occupati dall’Asse –
hanno pagato un consistente tributo di sangue: al culmine di un rapporto nazismo – omosessualità (culturale, ideologico, politico) complesso, apparentemente contraddittorio e, in ultimo, tragico (vedi l’intervista a Massimo Consoli, tra i leader del movimento omoses
suale italiano –

Senza ripercorrere nei dettagli le tappe di questo rapporto focalizziamo l’escalation persecutoria antigay iniziata soprattutto con la “Notte dei lunghi coltelli”.
Già nel febbraio del ’33, nemmeno un mese dopo l’ascesa di Hitler alla Cancelleria, un decreto vietava
tutte le pubblicazioni pornografiche e ogni attività della Lega per i Diritti Umani, un’associazione che si batteva per l’abolizione del vecchio “Paragrafo 175”, la legge pe-
nalizzante l’omosessualità voluta, a suo tempo, da Bismark; mentre un altro decreto chiudeva tutti i luoghi frequentati da gay, e si condannavano alla castrazione diversi omo-
sessuali. Poi, dopo la “Notte di San Bartolomeo” del nazismo, e in linea con le più perverse logiche del potere, un regime a forte presenza gay – dal ministro della Giustizia, Frank, al pur coniugato leader dell’Hitler jugend, von Schirach, dal futuro ministro dell’Economia,
Funk, all’aiutante di Hitler, Brückner – e in cui quasi tutti i massimi gerarchi (Hitler, Hess, Frank, Rosenberg, Himmler) sono accaniti esoteristi, legati alla “P2 tedesca”, la famigerata “Società Thule”, inizia a perseguitare omosessuali e operatori dell’occulto più dell’Inquisizione. Nel luglio del 1934, poche settimane dopo l’assassinio di Röhm, Hedmund Heines, i fratelli Strasser e gli altri leader delle SA, il giurista Rudolf Klare, esperto del partito nazista per la “questione omosessuale”, in un convegno internazionale di eugenetica organizzato a Zurigo precisa la posizione ufficiale dello NSDAP e dello Stato tedesco sul problema, proponendo l’obiettivo di una “purificazione sociale” mediante lo sterminio dei gay e il carcere forzato per le lesbiche (che, a onor del vero, anche il vituperato “Paragrafo 175”, sino ad allora, aveva letteralmente ignorato). Pochi mesi dopo,
in ottobre, nasce la “Sezione SD II-S” speciale dipartimento dei servizi segreti destinato a combattere aborto e omosessualità, controllato dal terribile RSHA, l’Ufficio di coordinamento dei “servizi di sicurezza” del Reich (Gestapo, SS,Polizia criminale) agli ordini di Heinrich Himmler e del futuro “boia di Praga”, Reynard Heidrich. Intanto, sin dal novembre del ’33, il lager di Fuhlsbuttel ha accolto una prima ondata di gay e semplici tra-
vestiti.
Ciononostante, nella primavera del 1933 la Commissione Penale del Reischtag esprime ancora parere negativo circa un irrigidimento nell’interpretazione e applicazione del
“Paragrafo 175”; ma è solo una pausa nell’orrore. Nel giugno successivo, a un anno esatto dalla “Notte dei lunghi coltelli”, Hitler apporta la prima “integrazione” al’articolo 175: l’«orwelliano» 175/A, che rende perseguibile con il carcere e il successivo internamento nei lager per la destinazione a lavoro forzato fino alla morte – qualunque espressione af-
fettuosa evocante anche lontanamente una pulsione omosessuale. Il 10 ottobre seguente Himmler si preoccuperà di chiarire lo “spirito della legge”, dichiarando la necessità dell’eliminazione fisica dei gay per la natura di “ibrido razziale” dei loro rapporti e – così come farà in un altro ottobre di nove anni dopo, nel famigerato discorso di Poznan sulla “questione ebraica” – per ragioni anche di politica estera (il legame “oggettivo” tra attività gay e mire dei Paesi confinanti con la Germania, che vogliono l’estinzione del popolo tedesco). Nel febbraio del ’37, in un discorso segreto ai comandanti delle SS, parlerà
senza mezzi termini di eliminazione totale degli omosessuali, anche appartenenti alle stesse SS, e nel novembre 1941 emanerà – senza tuttavia pubblicarlo sulla Gazzetta
Ufficiale del Reich per evitare “malinterpretazioni” – un “decreto del Führer” contro i rapporti omosessuali tra membri delle SS e della polizia (punibili con la pena capita-
le), esteso, infine, nel ’42, a tutti i civili tedeschi.
Quanti gay – contraddistinti generalmente con un triangolo rosa, secondo la barbara “classificazione a triangoli” desunta, peraltro, dai sistemi delle Inquisizioni medievali e
rinascimentali – morirono nei lager nazisti (nel territorio della sola Germania se tedeschi o, dal ’40 in poi, membri di razze “affini” come olandesi e alsaziani; deportati al di fuori, se di altre razze)? Le cifre esistenti sono senz’altro inferiori alla realtà. Per la distruzione di gran
parte dei documenti sulle varie “soluzioni finali” operata dai nazisti nel ’44-’45, la reticenza di molti, nel dopoguerra, a parlare di questi temi (dagli stessi gay, timorosi di chiedere i risarcimenti del governo in una Germania Ovest dove il vecchio “Paragrafo 175” è rimasto in vigore sino al 1969, a una Chiesa cattolica che, pur ingiustamente colpita dal Reich dal ’34 in poi, all’insegna anche di un nuovo “Kulturkampf” antigay, ha avuto però paura di alzare il velo sul fenomeno omosessualità al suo interno); e la confusione nelle classificazioni degli internati (molti dei condannati per “reati sessuali” in realtà erano
semplici oppositori del regime o nemici personali dei vari gerarchi); così come diversi gay, all’opposto, furono internati con imputazioni politiche o come soli “criminali comuni”. Gli studiosi olandesi parlano di 50-80.000, i francesi di 200.000, la Chiesa austriaca e au-
tori canadesi di 250.000 e oltre; mentre lo stesso Himmler, in un discorso del febbraio 1940, si era vantato di aver sterminato già un milione di gay. Nel documentatissimo
“Homocaust” (Milano, Kaos edizioni, 1991), Massimo Consoli, il più attento studioso della materia, dopo aver ricordato queste cifre, riporta la tabella che riproduciamo in basso e che riepiloga (per un totale di ci circa 46.000 casi) i dati su cui concorda la maggior
parte degli storici. Questi dati riguardano, però, i soli individui formalmente condannati in applicazione dell’articolo 175.
Germania riunificata: gennaio 2002. Ancora non sono finite le polemiche sulla forma e l’impostazione del grandioso monumento progettato a Berlino in memoria delle atrocità naziste. Intanto, il Dipartimento di Stato USA, nell’autunno scorso, ha devoluto mezzo milione di dollari del Fondo Internazionale di Risarcimento per le Vittime del Nazismo all’associazione “Triangolo Rosa” (che lo utilizzerà per progetti volti a sensibilizzare l’opinione pubblica e creare un archivio storico su questi temi); mentre il programma di indennizzo del governo tedesco e il programma sui Beni delle Vittime dell’Olocausto
definito dai superstiti della “Shoah” e dalle banche della Confederazione Elvetica hanno incluso esplicitamente gay, rom, Testimoni di Geova, portatori di handicap fisici o
psichici e loro eredi tra i beneficiari dei risarcimenti, che saranno gestiti dall’OIM Organizzazione Internazionale per le Migrazioni).

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Helene Melante Label – Olocausto

L’Olocausto — Ritratti

Helene Melanie Lebel

Data di nascita: 15 settembre 1911, Vienna, Austria

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Helene, la maggiore di due sorelle, crebbe a Vienna e venne educata nella religione cattolica in quanto quella era la fede di sua madre, mentre suo padre era Ebreo. Quest’ultimo morì durante la Prima Guerra Mondiale quando Helene aveva solo 5 anni e sua madre si risposò quando la ragazza ne aveva 15. Chiamata affettuosamente Helly, Helene amava nuotare e andare all’opera. Dopo aver terminato la scuola superiore, Helene si iscrisse alla facoltà di Legge.

1933-39: Quando aveva 19 anni, Helene mostrò per la prima volta sintomi di una malattia mentale. Le sue condizioni peggiorarono nel corso del 1934 e nel 1935 ella dovette abbandonare sia gli studi che il suo lavoro come segretaria in uno studio legale. Dopo la perdita del suo amato fox terrier Lydi, Helene ebbe un grave crollo nervoso, in seguito al quale le venne diagnosticata la schizofrenia e venne quindi internata nell’ospedale psichiatrico Steinhof di Vienna. Due anni più tardi, nel marzo 1938, l’Austria venne annessa alla Germania.

1940: Helene rimase confinata a Steinhof e non le fu permesso di andare a casa nemmeno quando le sue condizioni migliorarono. Alla sua famiglia venne prima fatto credere che sarebbe stata presto dimessa, ma, successivamente, in agosto, la madre venne informata che Helene era stata trasferita all’ospedale di Niederhart, subito al di là del confine con la Baviera. In realtà, Helene era stata trasferita in una ex prigione di Brandeburgo, in Germania, dove all’arrivo venne spogliata, sottoposta a un esame fisico e quindi portata nel locale docce.

Helene fu una delle 9772 persone uccise con il gas quell’anno, nel centro di "eutanasia" di Brandeburgo. La sua morte venne ufficialmente registrata come avvenuta nella sua stanza a causa di un "attacco acuto di schizofrenia".

Ho Chi Minh – Poeta a tempo perso

Ho Chi Minh

Diario dal carcere

Poeta a tempo perso

I versi non m’hanno mai
appassionato molto
ma in prigione,
non avendo nulla
di meglio
per trascorrere i lunghi giorni
e distrarmi un po’
faccio versi,
attendendo la libertà
*

La natura e’ bella

Pur con le gambe e i polsi
strettamente legati
ovunque sento uccelli
e il profumo dei fiori.
Ascoltare, aspirare
chi può togliermi quanto
fa la via meno triste
l’uomo meno isolato?
*

Poesia di lotta

Gli antichi si dilettavano
a cantar la natura:
fiumi, montagne, nebbia,
fiori, neve, vento, luna.
Bisogna armare d’acciaio
i canti del nostro tempo.
Anche i poeti imparino
a combattere

Ho Chi Minh – La morte di un compagno

Ho Chi Minh

Diario dal carcere

Morte di un compagno

Non aveva più ormai

che pelle sulle ossa

non ne poteva più

fame freddo miseria.

Appoggiato al mio dorso,

dormiva ieri sera;

stamattina è rientrato

nel grembo della terra.

*

Come bestie

Portando in spalla un maiale

le guardie mi tiravano.

Il maiale si porta;

l’uomo si tira al guinzaglio.

Valgo meno d’un porco!

Il prezzo dell’uomo va giù

quando non può servirsi

della sua libertà.

Quando vi si misura

ogni mossa ogni gesto

siete un cavallo, un bove

tirato per la capezza

Ho Chi Minh – L’orsa maggiore

Ho Chi Minh

Poesie dal carcere

L’orsa maggiore

Notte d’inverno

senza materasso senza coperta

senza sonno

le gambe e il corpo contorti…

fogliami di banane

luna dal fiato gelido…

nel cielo tra le sbarre

l’Orsa Maggiore dondola.

*

Dopo otto mesi

Cielo, è tua decisione

seppellir vivo un uomo?

Otto mesi languendo

tra i ferri e le catene.

Non più scaldarsi al sole…

prezzo d’un’ombra umana!

Ma quando s’apriranno

le porte della cella?