Archivi categoria: Dettero la loro vita per la nostra Libertà
Condannati a morte Mario Brusa Romagnoli (Nando)
È destino dei popoli che il loro cammino
verso la libertà e la giustizia sociale sia
segnato dal sangue dei suoi martiri,
forse perché questo cammino non sia smarrito,
ma chi muore per una causa giusta, vive sempre
nel cuore di chi per questa causa si batte.”
Mario Brusa Romagnoli (Nando)
Di anni 18 – meccanico aggiustatore – nato a Guardiaregia (Campobasso) il 12 maggio 1926 -. Nell’autunno ’43 è nelle a Bande Pugnetto » di Val di Lanzo – combatte sulle montagne di Genova – è ferito una prima volta ed arrestato – riesce a fuggire – entra a far parte dei primi nuclei della Divisione Autonoma Monferratò (Formazioni Mauri) – nel corso di una azione da lui guidata, in cui vengono fatti prigionieri soldati e ufficiali tedeschi, è seriamente ferito ad una coscia – ancora infermo partecipa al combattimento del 25 marzo 1945 nei pressi di Brusasco Cavagnolo (Torino) – il 29 marzo 1945, mentre conduce una azione contro un convoglio ferroviario tedesco sul tratto Bianzé-Livorno Ferraris (linea Milano-Torino), è gravemente ferito -. Catturato verso la mezzanotte dello stesso 29 marzo 1945, da una pattuglia R.A.U. (Reparto Arditi Ufficiali), insieme a tre compagni che tentavano di trasportarlo – con i compagni condannato a morte, la notte stessa, mentre il comando partigiano tenta invano di concordare scambio di prigionieri -. Fucilato al mattino del 3o marzo 1945, sulla Piazza di Livorno Ferraris, da un plotone della R.A.U., con Francesco Bena, Giovanni Gardano e Vittorio Suman -. È fratello di due caduti partigiani.
Papà e Mamma,
è finita per il vostro figlio Mario, la vita è una piccolezza, il maledetto nemico mi fucila; raccogliete la mia salma e ponetela vicino a mio fratello Filippo.
Un bacio a te Mamma cara, Papà, Melania, Annamaria e zia, a Celso un bacio dal suo caro fratello Mario che dal cielo guiderà il loro destino in salvo da questa vita tremenda.
Addio. W l’Italia.
Mario-Nando
Mi sono perduto alle ore 12 e alle12,05 non ci sarò più per salutare la Vittoria.
Tratto da
Lettere di condannati a morte
Della
Resistenza Italiana
Einaudi Editore 1952
Vinicio Biagini
Vinicio Biagini
Nato a Pisa 14 luglio 1927 e qui caduto, ucciso dai nazisti, il 24 luglio 1944.
Vinicio Biagini, operaio panificatore, comunista, a sedici anni entra nella Resistenza armata all’indomani della caduta del fascismo, il 25 luglio ’43. Milita nei GAP cittadini, portando a termine con successo numerose azioni di guerra e ottenendo il grado di sottufficiale.
Il 23 luglio 1944, a causa di una delazione, è colto sul fatto insieme a un amico e compagno d’armi, il Partigiano “Sardo”, operaio alle poste e studente, mentre trasportano un carico di armi sottratte ai fascisti.
Catturati in via delle Sette Volte, sono condotti al Comando tedesco situato nel Collegio Puteano, in piazza dei Cavalieri, e sottoposti a tortura. Non avendo rivelato alcunché ai nazisti, vengono rinchiusi in una cella di sicurezza posta all’ingresso che conduceva al rifugio antiaereo nei sotterranei della Torre dell’Orologio e, il mattino successivo, fatti bersaglio del lancio di granate da parte di tedeschi e fascisti.
Un cane accompagnava, di solito, i patrioti nelle loro missioni: due giorni dopo, ferito a un orecchio da un colpo d’arma da fuoco, si ripresentò stremato a casa di Vinicio. In maniera inequivocabile guidò la madre sul luogo dell’eccidio, ma i parenti non poterono rendersi conto dell’accaduto poiché gli aguzzini avevano murato tutti gli accessi all’edificio.
I corpi straziati furono rinvenuti dagli alleati il 3 settembre ’44, ricomposti nelle camere mortuarie allestite nella Venerabile Arciconfraternita di Misericordia e in seguito, senza riconoscimento, sepolti in un punto imprecisato del cimitero di Pisa.
Vasco Corsi
Vasco Corsi
Nato a Calcinaia (Pisa), caduto in combattimento in Francia nel maggio del 1944, Croce di Guerra decretata dal governo francese.
All’inizio della Seconda guerra mondiale il giovane pisano si trovava in Francia e, subito dopo l’invasione tedesca entrò a far parte della Resistenza transalpina nella regione di Arles.
Catturato dalla polizia di Vichy, il partigiano italiano, dopo essere stato ferocemente torturato, fu processato e condannato ai lavori forzati. Evaso dal carcere nel gennaio del 1943, dopo pochi giorni di libertà Vasco Corsi ricadde nelle mani dei tedeschi, che lo imprigionarono nell’Alta Loira, a Le-Puy-en-Velay.
Altri otto mesi di prigione e di nuovo la liberazione grazie, ad un ardito colpo di mano dei “Francs-tireurs partisan”. Raggiunta una formazione combattente nell’Ardèche, Vasco Corsi ne divenne il comandante e nel maggio del 1944 cadde valorosamente in combattimento contro i nazisti.
Decorato alla memoria nel dopoguerra dal Governo francese, al partigiano italiano l’amministrazione civica di Arles ha intitolato una delle vie cittadine. Vasco Corsi è ricordato anche nel suo paese di origine, dove una scuola elementare porta il suo nome.
Rocco Caraviello
Rocco Caraviello
Nato a Torre Annunziata (Napoli) il 21 ottobre 1906, trucidato a Firenze il 19 giugno 1944, operaio comunista.
Giovane antifascista (fu segretario per la Campania della Federazione giovanile comunista), durante la dittatura Caraviello fu più volte arrestato. Tornato a casa dopo il servizio militare, collaborò con altri militanti napoletani alla redazione di un giornale clandestino: fu arrestato e deferito al Tribunale speciale, del quale rimase a disposizione per diversi mesi: non fu condannato perché non erano state raccolte prove sufficienti contro di lui. La sua accanita opposizione al fascismo gli precluse ogni possibilità di lavoro in Campania e lo obbligò a una vita misera e stentata. Da Napoli, con la famiglia (aveva quattro figli), nel 1936 si trasferì a Firenze, dove sperava di trovare maggior sicurezza e possibilità di lavoro. In Toscana, dove non aveva conoscenze ed amicizie, si industriò soprattutto ad allacciare relazioni con operai e, di nuovo, ad organizzare gruppi di compagni. Quando cominciò a delinearsi la caduta del fascismo, Caraviello si dedicò interamente a compiti di organizzazione, di propaganda e di agitazione; il 25 luglio 1943 vide l’operaio napoletano, alla testa di circa tremila dimostranti, percorrere il centro di Firenze inneggiando all’Italia e alla riconquistata libertà. Dopo l’armistizio, con l’occupazione tedesca della città, Caraviello dovette ritornare nell’illegalità e preparare, in base alle direttive del suo partito, la lotta armata contro i nazifascisti. Quando furono costituiti i primi G.A.P., alla cui organizzazione si era particolarmente impegnato, l’operaio comunista si distinse per audacia in numerose azioni. Nel giugno del 1944, Rocco Caraviello, caduto nelle mani delle S.S. italiane, fu barbaramente ucciso assieme alla moglie e a un cugino. A Serpiolle (FI) gli è stato eretto un monumento. Il nome del valoroso operaio napoletano compare anche sulla lapide dei partigiani caduti del Comune di Firenze, nel Sacrario dei partigiani fiorentini a Rifredi e nel Sacrario di Campo di Marte.
Renato Bindi
Renato Bindi
Nato ad Asciano (Siena) il 12 agosto 1924, fucilato a Siena il 13 aprile 1944, contadino.
Bersagliere del 5° Reggimento, il 10 gennaio 1944 il giovane contadino abbandonò il suo reparto e si aggregò a un distaccamento della Divisione d’assalto Garibaldi "Spartaco Lavagnini". Catturato nel Senese, nel corso di un cruento scontro con soldati tedeschi, l’11 marzo ’44 Bindi, con altri patrioti, fu portato nel capoluogo, dove un Tribunale militare lo condannò a morte.
La sentenza fu eseguita un mese dopo, mentre il giorno dopo la loro cattura erano già stati fucilati nel cimitero di Scalvaia (SI), i garibaldini Lilioso Antonucci, Alizzandro Avi, Alvaro Avi, Cesare Borri, Solimano Boschi, Armando Fabbri, Ezio Filippini, Fausto Masi e Azeglio Pieri. Durante lo stesso combattimento, i tedeschi avevano passato per le armi, a Monticiano (SI), i partigiani Giovanni Bovini e Roberto Handen.
Renato Alessandrini
Renato Alessandrini
Nato a Firenze il 18 agosto 1907, ucciso a Firenze l’11 agosto 1944.
Si era laureato in Economia e commercio all’Università di Firenze. Allo scoppio della seconda guerra mondiale era stato chiamato alla armi. Al momento dell’armistizio era capitano dei bersaglieri in un reparto della Divisione "Ariete". Partecipò a Porta San Paolo alla sfortunata difesa di Roma contro i tedeschi. Quando la Capitale fu occupata, Alessandrini (sotto il nome di copertura di Renato Bianchi), organizzò nella città un movimento armato clandestino che svolse la sua attività nel Lazio. Ricercato dai tedeschi che l’avevano scoperto, Alessandrini riuscì a raggiungere Firenze dove, nell’agosto del 1944, combatté con i partigiani della "Arno" per la liberazione della città. Fu ucciso dalla fucilata di un cecchino fascista in via Landino.
Remo Borsi
Remo Borsi
Nato a Malalbergo (Bologna) il 29 settembre 1924, caduto in combattimento a Molazzana (Lucca) il 29 agosto 1944.
All’annuncio dell’armistizio era entrato nella Resistenza emiliana militando nella Brigata Stella Rossa “Lupo”, operativa sull’Appennino tosco-emiliano.
Nel giugno del 1944 il giovane partigiano decise di lasciare la sua formazione e di raggiungere nel Modenese, col battaglione “Sugano”, la zona libera di Montefiorino.
Dopo la fine della “repubblica partigiana”, Remo Borsi attraversò con una parte dei suoi compagni di lotta la linea del fronte in Garfagnana e si aggregò con loro alla formazione toscana denominata “Valanga”.
Cadde combattendo contro i tedeschi all’Alpe di Sant’Antonio.
Primo Biagini
Primo Biagini
Nato a Montale Agliana (Pistoia) il 10 ottobre 1891, fucilato nel poligono di tiro di Cibeno di Carpi (Modena) il 12 luglio 1944; meccanico.
Lavorava all’OARE, una delle principali fabbriche bolognesi che producevano per l’esercito ed aveva sede nel quartiere di San Vitale. L’operaio pistoiese militò nella Prima Brigata Garibaldi “Irma Bandiera”. Probabilmente fu arrestato (con l’accusa di sabotaggio), con Armando Mazzoli, che lavorava con lui e che ebbe lo stesso destino. Il suo numero di matricola, 1.085, fa ipotizzare l’arrivo di Biagini a Fossoli il 6 maggio 1944. Il suo corpo, contrassegnato all’esumazione col numero 64, fu riconosciuto da una cartolina rinvenutagli addosso. È sepolto a Bologna. La sua prima sepoltura fu organizzata a carico dell’ANPI. Il suo nome figura tra quelli dei Caduti di Bologna, nel Sacrario di Palazzo d’Accursio in Piazza Maggiore.
Pio Borri
Pio Borri
Nato a Grosseto l’8 maggio 1923, ucciso sulla rotabile Umbro-casentinese l’11 novembre 1943, studente di legge.
È durata soltanto due mesi la lotta contro i nazifascisti di questo giovane grossetano che l’8 settembre del 1943 si trovava ad Arezzo, dove era stato mandato di leva per essere arruolato nella milizia fascista. Con l’armistizio, Borri abbandonò il reparto e, invece di tentare di tornare a casa, si rifugiò nel Casentino dove, in pochi giorni, riuscì a raggruppare militari sbandati e civili formando due gruppi di resistenti che però disponevano di pochissime armi. Lo studente risolse il problema organizzando un audace colpo di mano, che riuscì pienamente, contro una caserma. Poche settimane dopo, mentre scortava un autocarro che, da Arezzo, doveva portare viveri e rifornimenti alle bande partigiane operanti nella zona, Borri incappò in un posto di blocco tedesco. Catturato, fu eliminato sul posto. Il suo corpo crivellato di colpi fu abbandonato in un fosso e recuperato soltanto alcuni giorni dopo.