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Bertold Brecht – Ballata del sapere

Bertold Brecht
Ballata del sapere
Il poveraccio sgobba notte e giorno:
quel che gli manca, suda e non ce l’ha,
e quel che ha, cioè i suoi guaì, si tiene.
Questo perché? Ma perché nulla sa!
Chi un cavallo possiede è cavaliere,
chi non ce l’ha, schiacciato finirà.
Dalla scienza dipende ogni mestiere
perché il guadagno è sempre di chi sa.
*
Quando capisco, io, piccolo mercante,
che farla ai pescecani non si può,
mi strappo i peli dalla zucca, e penso
se pescecane mai diventerò.
Lui sa quel che da secoli la gente
per la pagnotta e un calcio ha fatto e fa:
il suo compenso è di non far mai niente:
ha il suo guadagno; è lui quello che sa.
*
Chi sente, per esempio male ai reni
al dottore la groppa mostrerà.
Il malato se n’esce a quattro zampe
ma prima paga: è il medico che sa.
Sa il nome del malanno, e sa il contante
che ha tolto a un altro tale poco fa.
Si chi non sa rimane un mendicante,
mentre il guadagno è sempre di chi sa.
*
Nell’amore ci sono due destini:
se l’uno è amato, l’altro lo amerà.
Ad uno toccan gioie, all’altro pene,
l’uno dà, l’altro prende: così va.
Copriti il viso quando avvampa, e il cuore
non mostri mai lo strazio che ti dà.
Tu muori, se un coltello dai al tuo amore:
i guadagna, se l’ami, e lui lo sa.
e

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Bertold Brecht – La lode del dubbio

Bertold Brecht
Lode del dubbio

La lode al dubbio! Vi consiglio, salutate
serenamente e con rispetto chi
come moneta infida pesa la vostra parola!
Vorrei che foste accorti, che non deste
con troppa fiducia la vostra parola.
*
Leggete la storia e guardate
in fuga furiosa invincibili eserciti.
In ogni luogo
fortezze indistruttibili rovinano e
miche se innumerabile era l’Armada salpando,
le navi che tornarono
le, si poté contare.
*
Fù così un giorno un uomo sull’inaccessibile vetta
e giunse una nave alla fine
dell’infinito mare.
*
Oh bello lo scuoter del capo
mi verità incontestabili!
Oh il coraggioso medico che cura
l’ammalato senza speranza!
*
Ma d’ogni dubbio il più bello
è quando coloro che sono
senza fede, senza forza, levano il capo e
alla forza dei loro oppressori
non credono più!
*
Oh quanta fatica ci volle per conquistare il principio!
Quante vittime costò!
Com’era difficile accorgersi
Che fosse così e non diverso!
Con un respiro di sollievo un giorno un uomo nel libro
del sapere lo scrisse.
*
Forse a lungo là dentro starà e più generazioni
ne vivranno e in quello vedranno un’eterna sapienza
e sprezzeranno i sapienti chi non lo conosce.
Ma può avvenire che spunti un sospetto, di nuove espe­rienze,
che quella tesi scuotano. Il dubbio si desta.
E un altro giorno un uomo dal libro del sapere
gravemente cancella quella tesi.
Intronato dagli ordini, passato alla visita
D’idoneità da barbuti medici, ispezionato
da esseri raggianti di fregi d’oro, edificato
da solennissimi preti, che gli sbattono alle orecchie un libro redatto
da Iddio in persona,
erudito impazienti pedagoghi, sta il povero e ode
che questo mondo è il migliore dei mondi possibili e che il buco
nel tetto della sua stanza è stato proprio previsto da Dio.
*
Veramente gli è difficile
dubitare di questo mondo.
Madido di sudore si curva l’uomo che costruisce la casa
dove non lui dovrà abitare.
Ma sgobba madido di sudore anche l’uomo che la
propria casa si costruisce.
Sono coloro che non riflettono, a non dubitare mai.
Splendida è la loro digestione, infallibile il loro giudizio.
Non credono ai fatti, credono solo a se stessi. Se oc­corre,
tanto peggio per i fatti. La pazienza che han con se stessi è sconfinata. Gli argomenti
li odono con l’orecchio della spia.
*
Con coloro che non riflettono e mai dubitano
si incontrano coloro che riflettono e mai agiscono.
Non dubitano per giungere alla decisione, bensì
per schivare la decisione.
Le teste le usano solo per scuoterle. Con aria grave
mettono in guardia dall’acqua i passeggeri di navi che affondano.
Sotto l’ascia dell’assassino
*
Si chiedono se anch’egli non sia un uomo.
Dopo aver rilevato, mormorando,
che la questione non è ancora sviscerata, vanno a letto.
La loro attività consiste nell’oscillare.
il loro motto preferito è: l’istruttoria continua.
Certo, se il dubbio lodate
non lodate però
quel dubbio che è disperazione!
*
Che giova poter dubitare, a colui
che non riesce a decidersi!
Può sbagliarsi ad agire
chi di motivi troppo scarsi si contenta,
ma inattivo rimane nel pericolo
chi di troppi ha bisogno.
*
Tu, tu che sei una guida, non dimenticare
che tale sei, perché hai dubitato
delle guide! E dunque a chi è guidato
permetti il dubbio!

Ballata

Bertold  Brecht  –  Ballata del sapere


Bertold Brecht

 

Ballata del sapere
Il poveraccio sgobba notte e giorno:
quel che gli manca, suda e non ce l’ha,
e quel che ha, cioè i suoi guaì, si tiene.
Questo perché? Ma perché nulla sa!
Chi un cavallo possiede è cavaliere,
chi non ce l’ha, schiacciato finirà.
Dalla scienza dipende ogni mestiere
perché il guadagno è sempre di chi sa.
*
Quando capisco, io, piccolo mercante,
che farla ai pescecani non si può,
mi strappo i peli dalla zucca, e penso
se pescecane mai diventerò.
Lui sa quel che da secoli la gente
per la pagnotta e un calcio ha fatto e fa:
il suo compenso è di non far mai niente:
ha il suo guadagno; è lui quello che sa.
*
Chi sente, per esempio male ai reni
al dottore la groppa mostrerà.
Il malato se n’esce a quattro zampe
ma prima paga: è il medico che sa.
Sa il nome del malanno, e sa il contante
che ha tolto a un altro tale poco fa.
Si chi non sa rimane un mendicante,
mentre il guadagno è sempre di chi sa.
*
Nell’amore ci sono due destini:
se l’uno è amato, l’altro lo amerà.
Ad uno toccan gioie, all’altro pene,
l’uno dà, l’altro prende: così va.
Copriti il viso quando avvampa, e il cuore
non mostri mai lo strazio che ti dà.
Tu muori, se un coltello dai al tuo amore:
i guadagna, se l’ami, e lui lo sa.

Helga Schneider e le testimonianze delle donne nei bordelli nazisti

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Testimonianze

La prostituzione nei bordelli nazisti: il toccante tema di cui ci parla “La baracca dei tristi piaceri” di Helga Schneider

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Helga Schneider e le testimonianze delle donne nei bordelli nazisti

Ci sono fatti storici talmente ripugnanti e vergognosi da essere lasciati in un cassetto il più possibile. Uno fra questi? Le violenze sessuali subite dalle donne  nei bordelli nazisti. Un fenomeno di scarsa considerazione da parte della ricerca storica, forse ostacolata dal silenzio delle vittime.

Una tematica poco conosciuta, amara da raccontare ma necessaria per capire fino a che punto si possa essere spinto l’essere umano.  Argomento che a  lungo  è stato un dramma taciuto, soprattutto in Germania. Solo negli ultimi decenni siamo venuti a conoscenza di ciò che è accaduto all’interno dei cosiddetti “Sonderbau”, i bordelli nazisti dei lager.

Una testimonianza a tale riguardo arriva dal romanzo “La baracca dei tristi piaceri” di Helga Schneider, scrittrice tedesca, ma naturalizzata italiana, che ci colpisce al cuore per il suo taglio amaro e toccante.

Il sesso forzato come strategia del nazismo

Nel 1943 Himmler, capo supremo delle SS,  prende la fulminante decisione di far allestire dieci bordelli nazisti nei più grandi campi di concentramento, primo fra tutti il Sonderbau di Buchenwald, per contrastare la crescente diffusione dell’omosessualità. L’idea del bordello ottiene fin da subito un immediato successo e i prigionieri-clienti accorrono numerosi, nonostante le loro condizioni psichico-fisiche disperate. Quasi disumane.

Il bordello è vietato agli ebrei e ai prigionieri di guerra sovietici, pertanto è frequentato principalmente da coloro che svolgono compiti di sorveglianza all’interno del lager (decani o kapò). Viene naturale domandarsi come potessero quelle ombre di uomini avere ancora energia per avere rapporti.

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Le donne destinate ai bordelli nazisti non erano ebree, ma tedesche, polacche o bielorusse al di sotto dei 25 anni, per la maggior parte reclutate nel lager femminile di Ravensbruck, dove si scelgono le prigioniere più giovani e più presentabili, in seguito a visite mortificanti da parte degli uomini delle SS. Appena arrivate al Sonderbau, subiscono delle iniezioni per renderle sterili, ma non è detto che funzionassero per tutte . Coloro che rimangono gravide, sono costrette ad abortire nel giro di pochissimi giorni in condizioni aberranti e senza anestesia.

Helga Schneider ci racconta che le ragazze-prostitute alloggiano nella casa di tolleranza , all’interno del proprio campo di concentramento, dove  godono di igiene, di cibo, di una camera con il letto, nonché di un piccolo salario. Tra di loro non ci sono sentimenti di sorellanza  o di solidarietà. Vengono sorvegliate dalle tracotanti guardiane SS, che si profumano di Chanel numero 5 e sono vestite di tutto punto.

Le donne devono essere presentabili, truccate e sempre con il tacco alto, con la divisa su cui ognuna ha appuntato il proprio numero, in attesa dei loro clienti. I prigionieri-clienti arrivano sempre con l’aria un po’ stordita, ma con gli occhi lucidi. Passano in rassegna le candidate con un misto di incredulità ed eccitazione, identificandosi nell’ingannevole immagine di una virilità ripristinata. Una sorta di virilità che fino a quella sera sembrava essersi perduta per sempre.

I prigionieri pagando due marchi, che vanno nelle tasche dei nazisti, hanno a disposizione  un massimo di 15 minuti di piacere. L’atto sessuale deve avvenire in posizione sdraiata e non possono conversare con le donne. Il bordello sta aperto tutta la settimana, inclusa la domenica e le feste; solo in caso di un discorso del Fuhrer alla radio la porta sarebbe rimasta chiusa.

Molti detenuti , subito dopo il rapporto,  muoiono con lo sguardo immobile e gli occhi iniettati di sangue. Una testimonianza che arriva dalle pagine di La baracca dei tristi piaceri” della Schneider.  Di come  il senso dell’umano è stato violato durante il regime di Hitler, di come il valore assoluto della vita e della dignità dell’individuo è stato brutalmente calpestato dai nazisti.

Quando l’attività al Sonderbau rende le meretrici ormai alcolizzate, esaurite, sfiancate e malate, queste vengono rispedite al lager di origine, dove finiscono per essere sfruttate ulteriormente come cavie negli esperimenti sadici dei medici delle SS, o inviate ad Auschwitz per l’eliminazione.

I copiosi stupri da parte dell’Armata rossa su migliaia di civili, gli abusi commessi dalle SS su internate nei vari campi di concentramento, la prostituzione forzata nei lager, sono esempi ripugnanti di violenza sessuale perpetrata su migliaia di donne innocenti, vittime degli uomini, delle leggi e della Storia.

Moltissime donne dopo il ’45, schiacciate dall’umiliazione e dal trauma psichico, non hanno avuto la forza di denunciare la loro tragedia. Hanno preferito tacere per paura di essere giudicate e discriminate. Le poche testimonianze storiche che abbiamo, come quella della scrittrice Helga Schneider, sono l’esempio calzante di coraggio. E dobbiamo omaggiare tutte quelle “eroine” che hanno saputo fare i conti con la dura realtà subita, e andare avanti

Adriano Ossicini – Quando il morbo di K salvò ebrei e aiutò i partigiani

Quando il morbo di K salvò ebrei e aiutò i partigiani

La vicenda ricostruita da uno dei protagonisti, lo psichiatra Adriano Ossicini. Al morbo, inventato, la stessa iniziale di Kappler e Kesserling

Antifascismo Democrazia Memoria

Un nome inquietante per una malattia infettiva, devastante e mortale, talmente contagiosa da richiedere, per chi ne era affetto, l’isolamento in un padiglione clinico specializzato. In realtà, il morbo di K non esisteva, venne inventato dal primario e da un medico di un ospedale di Roma per nascondere ebrei e partigiani durante l’occupazione nazifascista.

A decenni di distanza quel nosocomio, il Fatebenefratelli, sull’isola Tiberina proprio di fronte al ghetto capitolino, ha ricevuto il titolo di “Casa di Vita”. La vicenda è stata ricordata da uno dei protagonisti, lo psichiatra Adriano Ossicini, 96 anni, combattente della Resistenza, già senatore, e nel libro di Pietro Borromeo, figlio di Giovanni, allora primario della struttura, riconosciuto “Giusto tra le Nazioni” nel memoriale Shoah Yad Vashem. Nel documentato volume pubblicato da Fermento nel 2007 (una recensione è disponibile sul sito dell’ANPI http://www.anpi.it/libri/123/il-giusto-che-invento-il-morbo-di-k) si ricostruiscono i fatti. (http://www.lastampa.it/2016/06/21/multimedia/italia/il-dottor-ossicini-cos-ho-salvato-gli-ebrei-durante-le-persecuzioni-irWI1r2T921jmTEm25tB2K/pagina.html)

Siamo nell’ottobre 1943. Le SS hanno deportato verso i campi di sterminio le famiglie ebraiche residenti nel ghetto. Alcune persone sono riuscite a scampare alla razzia e vengono nascoste al Fatebenefratelli dove lavorano Borromeo e il giovane medico Ossicini. Si temono però le delazioni: in cambio di denaro, le spie sono disposte a segnalare alle SS i nomi dei conventi e degli ospedali che danno rifugio a ebrei e partigiani. Così aiutati dal Priore dell’Ordine ospedaliero, il polacco Fra’ Maurizio Bialek, il primario e il suo assistente inventano il morbo di K, prendendo anche in giro i tedeschi con l’attribuire alla malattia la lettera K, la stessa iniziale dell’ufficiale Herbert Kappler e del generale Albert Kesserling. Sistemano i finti malati, un centinaio, in un reparto e negli scantinati approntano una radio trasmittente per comunicare con i partigiani laziali. Inoltre, Borromeo e Ossicini procurano documenti falsi ai perseguitati che, dichiarati morti per il morbo, vengono poi nascosti in altre strutture cittadine. Le SS si presentano al Fatebenefratelli, ma le cartelle cliniche con la descrizione della malattia sono talmente perfette che per la paura si astengono dal fare irruzione. Nel dopoguerra, il prof. Giovanni Borromeo verrà insignito di Medaglia d’Argento al Valor Militare per i meriti nella Resistenza. L’attività partigiana costò ad Adriano Ossicini la prigione e le violenze di nazisti e fascisti. Oggi rievoca l’occupazione con un motto: «Bisogna cercare di essere dalla parte giusta, sempre».

Tratto da

Patria Indipendente

Erich Weinert–Gioco di bimbi a Madrid

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Erich Weinert
(Germania)
Gioco di bimbi a Madrid

Siede su una pietra Maria.
Sei sola, Maria? E perché
non vieni da me nel giardino!
E la porta dov’è?
Ah, cercala te!
*
I bimbi ballano e cantano in cerchio
felici del loro allegro stridio.

Maria, discosta, siede sulla pietra,
ha una sola gamba: non può unirsi a ballare,

e se il suo piede batte a tempo la danza,
a tempo le trema il moncone.

Discreto e leggero, a tentoni, nel cerchio
va il piccolo Pedro. Passa da uno all’altro,

tende le mani, gli occhi aperti sulle facce
(Pedro li ha persi), cerca di riconoscerle.

Siede su una pietra Maria.
Sei sola, Maria? E perché
non vieni da me nel giardino!
E la porta dov’è?
Ah, cercala te !

Ma appena rompe l’imbrunire
sulla città ulula di nuovo il cannone.

Vasti per lo spavento sono gli occhi dei bambini
Si sciolgono le manine sudate

La gamba trema a Maria e anche Pedro
Il ragazzo cieco diviene pallido e piccino

Ma quando l’ultimo rombo si dilegua
Si riaffolla la strada di bambini

E dove la morte ha sferrato i suoi colpi
Ricanta la vita, insopprimibile

Siede su una pietra Maria
Sei sola Maria? E perché
Non vieni da me nel giardino !
E la porta dove?
Ah cercala te

Paul Celan – La rosa di nessuno

Paul Celan
La rosa di nessuno

Salmo

Nessuno c’impasta di nuovo, da terra e fango,
Nessuno insuffla la vita alla nostra polvere.
Nessuno.
*
Che tu sia lodato, Nessuno.
È per amor tuo
che vogliamo fiorire.
Incontro a
te.
*
Noi un Nulla
fummo, siamo, reste-
remo, fiorendo:
la rosa del Nulla,
la rosa di Nessuno.
*
Con
lo stimma anima-chiara,
lo stame ciel-deserto,
la corona rossa
per la parola di porpora
che noi cantammo al di sopra,
ben al di sopra
della spina.

Paul Celan – Fuga di morte

Paul Celan

Fuga di morte

Nero  latte dell’alba lo beviamo la sera
lo beviamo a mezzogiorno e al mattino lo beviamo la notte beviamo e beviamo
scaviamo una tomba nell’aria là non si giace stretti
Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all’imbrunire in Germania i tuoi capelli d’oro Margarete
lo scrive ed esce dinanzi a casa e brillano le stelle e fischia ai suoi mastini
fischia ai suoi ebrei fa scavare una tomba nella terra
ci comanda ora suonate alla danza.

Nero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo al mattino e a mezzogiorno ti beviamo la sera
beviamo e beviamo
Nella casa abita un uomo che gioca con i serpenti che scrive
che scrive all’imbrunire in Germania i tuoi capelli d’oro Margarete
I tuoi capelli di cenere Sulamith scaviamo una tomba nell’aria là non si giace stretti

Lui grida vangate più a fondo il terreno voi e voi cantate e suonate
impugna il ferro alla cintura lo brandisce i suoi occhi sono azzurri
spingete più a fondo le vanghe voi e voi continuate a suonare alla danza

Nero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno e al mattino ti beviamo la sera
beviamo e beviamo
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith lui gioca con i serpenti

Lui grida suonate più dolce la morte la morte è un maestro tedesco
lui grida suonate più cupo i violini e salirete come fumo nell’aria
e avrete una tomba nelle nubi là non si giace stretti

Nero latte dell’alba ti beviamo la notte
ti beviamo a mezzogiorno la morte è un maestro tedesco
ti beviamo la sera e la mattina beviamo e beviamo
la morte è un maestro tedesco il suo occhio è azzurro
ti colpisce con palla di piombo ti colpisce preciso
nella casa abita un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete
aizza i suoi mastini contro di noi ci regala una tomba nell’aria
gioca con i serpenti e sogna la morte è un maestro tedesco

i tuoi capelli d’oro Margarete
i tuoi capelli di cenere Sulamith

(J. Esser – W. Langhoff – R. Goguel – Die moorsoldaten

(J. Esser – W. Langhoff – R. Goguel –

Die moorsoldaten

(I soldati della palude)
*

Canto del lager di Esterwegen

*

(Fin dove lo sguardo può giungere
non si vede che brughiera e palude
non un uccello canta qui attorno
soltanto qualche quercia povera e spoglia

*

Siamo i soldati della palude
marciamo con le vanghe
nel fango!

*

In questa brughiera deserta
sorge il lager abbandonato
dove noi lontani dalla libertà
siamo ammassati dietro ai reticolati

*

Siamo i soldati della palude
marciamo con le vanghe
nel fango!

*

La mattina andiamo in colonna
nella palude dove lavoriamo
Scaviamo nella calura del sole
e parlare di casa non ha senso

*

Siamo i soldati della palude
marciamo con le vanghe
nel fango!)

*

Fosco è il cielo sul lividore
di palude senza fin
tutto intorno è già morto o muore
per dar vita agli aguzzin

Sul suolo desolato
a ritmo disperato
zappiam!

*

una rete spinosa serra
il deserto in cui moriam
non un fiore su questa terra
non un trillo in cielo audiam

*

Sul suolo desolato
a ritmo disperato
zappiam!

*

Suon di passi di spari e schianti
sentinelle notte e dì
colpi grida lamenti pianti
e la forca a chi fuggì

*

Sul suolo desolato
a ritmo disperato
zappiam!

Paul Celan – Fuga di morte

Paul Celan

Fuga di morte

Negro latte dell’alba noi lo beviamo la sera

noi lo beviamo al meriggio come al mattino lo beviamo la notte

noi beviamo e beviamo

 noi scaviamo una tomba nell’aria chi vi giace non sta stretto.

 Nella casa vive un uomo che gioca colle serpi che scrive

 che scrive in Germania quando abbuia i tuoi capelli d’oro.

 Margarete egli scrive

 egli s’erge sulla porta e le stelle lampeggiano egli aduna i mastini con un fischio

 con un fischio fa uscire i suoi ebrei fa scavare una tomba nella terra

 ci comanda e adesso suonate perché si deve ballare.

 Negro latte dell’alba noi ti beviamo la notte

 noi ti beviamo al mattino come al meriggio ti beviamo la sera

 noi beviamo e beviamo.

 Nella casa vive un uomo che gioca colle serpi che scrive

 che scrive in Germania quando abbuia i tuoi capelli d’oro.

 Margarete i tuoi capelli di cenere Sulamith noi scaviamo una tomba

 nell’aria chi vi giace non sta stretto

 Egli grida puntate più fondo nel cuor della terra e voialtri cantate e suonate

 egli trae dalla cintola il ferro lo brandisce i suoi occhi sono azzurri

 voi puntate più fondo le zappe e voi ancora suonate

 perché si deve ballare.

 Negro latte dell’alba noi ti beviamo la notte

 noi ti beviamo al meriggio come al mattino ti beviamo la sera

 noi beviamo e beviamo

 nella casa vive un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete

 i tuoi capelli di cenere Sulamith egli gioca colle serpi.

Egli grida suonate più dolce la morte la morte è un Mastro di Germania

 grida cavate ai violini suono più oscuro così andrete come fumo nell’aria

 così avrete nelle nubi una tomba chi vi giace non sta stretto.

 Negro latte dell’alba noi ti beviamo la notte

 noi ti beviamo al meriggio la morte è un Mastro di Germania

 noi ti beviamo la sera come al mattino noi beviamo e beviamo

 la morte è un Mastro di Germania il suo occhio è azzurro

 egli ti coglie col piombo ti coglie con mira precisa

 nella casa vive un uomo i tuoi capelli d’oro Margarete

 egli aizza i mastini su di noi ci fa dono di una tomba nell’aria

 egli gioca colle serpi e sogna la morte è un Mastro di Germania.

 I tuoi capelli d’oro Margarete,

 i tuoi capelli di cenere Sulamith.