Nuto Revelli – La scatola di marmellata

Nuto Revelli

La scatola di marmellata

Parlavamo del rastrellamento: ero stanco ad un certo punto…ed allora avevo il mio portaordini Ní­nì… lo mi ero ripromesso di non portare mai lo zaino durante il rastrellamento e avevo caricato quella pochissima roba che avevo sulle spalle del mio portaordini. Livio si rifiutava a diceva così amichevolmente.- «Qui at­tendenti niente, scherziamo…», e si portava lo zaino. In quel rastrellamento abbiamo ballato il tango per 7 giorni, saltavamo da una valle all’altra. Uno che comanda ha il diritto di non portare lo zaino, perché quando è finita la giornata devi realmente avere la testa lucida e non addormentarti li, di colpo. E devi pensare, se hai un ferito, come sistemarlo, l’indomani cosa fare, ecc. ecc. Una sera avevamo una scatola di marmellata ed erava­mo in una baita sopra il vallone dell’Arma, sopra san Giacomo: avevo tutti gli uomini attorno alla sera, dopo a­ver «ballato» per tutta la giornata, avevo un ferito con l’infermiere che lo stava operando a un femore spezza­to. Era in mezzo a noi, steso per terra, e io mi sentivo svenire. E allora ho detto: «Tira fuori la marmellata» e, sa­pendo di fare una cosa orribile – ne ero cosciente – mi sono messo li col cucchiaio e l’ho mangiata tutta, con gli uomini che non guardavano più il ferito, guardavano la marmellata. Perché mi rendevo conto che se mollavo… C’è voluto del coraggio, potrebbe sembrare vigliaccheria, ma io dico che è coraggio affrontare cento uomini che ti guardano, in una situazione di quel genere, e, un cucchiaio dopo l’altro, inghiottire questa roba… Altrimenti non ce la facevo, altrimenti svenivo. Succedevano queste cose, era così.

Nuto Revelli, Da «Piemonte Partigiano», Ed. Regione Piemonte, 1994

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Articolo tratto dal Settimanale “Il Manifesto 1995

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