Agosto 1944 – Firenze Insorge, si Libera e si Governa

 

Agosto 1944 –
Firenze Insorge, si Libera e si Governa

 

La battaglia nel rione di San Jacopino

 

Prima Parte

 

Praticamente a fine luglio la battaglia infuriava vicino a Firenze, e nelle notti si udiva il rumore dei cannoni in lontananza. La vita di quei giorni era veramente terribile: tedeschi e repubblichini, ormai coscienti di una loro prossima ritirata, compi­vano gli ultimi saccheggi; le principali preoccupazioni per la popo­lazione erano la ricerca di acqua potabile e di cibo. Fortunatamente nel nostro quartiere gruppi di partigiani riuscirono a sequestrare un ingente quantitativo di generi alimentari che dovevano essere ven­duti al mercato nero. In via Spontini furono distribuiti ad oltre mille donne del quartiere generi alimentari prelevati ad un accaparratore; eludendo la sorveglianza tedesca alcuni operai della Manifattura Tabacchi riuscirono a distribuire scorte di cibo desti­nato alla mensa. Accanto a chi voleva arricchirsi con la borsa nera va ricordata la grande prova umanitaria degli esercenti Tempesti, Chiaverini, Fratelli Becucci, Chirli, Del Panta, ed altri che con il loro contributo di mezzi, mano d’ opera e locali, contribuirono a far distribuire per ben tre giorni duecento grammi di pane a tessera. Anche un colono di nome Moresi, contribuì all’approvvigiona­mento alimentare cedendo due vitelli e diciassette pecore che furo­no divise tra la popolazione e i partigiani delle S.A.P. che operava­no nella zona. Il rancio dei partigiani fu per venti giorni a base di pecora intervallato da un piatto “speciale”: un ciuco.
Con l’approssimarsi del fatidico giorno dell’ insurrezione ini­ziò fra le file partigiane la divisione delle armi fino ad allora accumulate.

 

In questa divisione la già citata squadra dei “Leprotti”, aderente al Partito Comunista, distribuì il materiale bellico in suo possesso in egual misura fra una formazione di comunisti che operava in via Baracca, la squadra del Fronte della Gioventù (di­slocata nei pressi del Piazzale del Re) e ad un’ altra squadra sempre di comunisti, operante in S. Jacopino. Alcune di queste armi furo­no, in attesa del bisogno, occultate in un cunicolo nelle Officine di Porta al Prato.
Dal primo agosto inizia la febbrile attività nel nostro quartiere e in città, che sfocerà nella battaglia di liberazione.
Iniziamo quindi la narrazione di quei giorni in modo più cronologico possibile, come stilando un bollettino di guerra.

 

1 AGOSTO:
I partigiani della “Lanciotto” “sezione B” entrano segreta­mente in città, affiancandosi a quelli della “3° Rosselli” già in precedenza attestati in parte anche nel nostro quartiere, dislocati in via P.L. da Palestrina insieme al loro comandante “Capitano Bertini”, nome di battaglia di Mario del Monaco, comandante anche dell’ intera Brigata. L’ organico della Rosselli comunque era composto soltanto da nuclei e non da vere e proprie compagnie.
3 AGOSTO:
A sera i partigiani della “Lanciotto” “sezione A”, appostati sul Monte Giovi, notano vicino alla macchia scura delle Cascine, probabilmente dietro la Manifattura Tabacchi, alzarsi delle alte fiamme causate forse da una salva di granate. Verso la mezzanotte, due squadre di partigiani provenienti dal Pignoncino e munite di armi automatiche, tentano in un’ azione di sorpresa di tagliare i fili elettrici delle mine poste sul Ponte alla Vittoria. Anche questa azione come le analoghe compiute sugli altri ponti per impedirne la distruzione, non riesce, e i patrioti sorpresi ormai vicini ai fili, dopo avere ingaggiato un feroce conflitto a fuoco contro soverchianti forze germaniche, sono costretti a ripiegare, lamen­tando un ferito e la perdita del patriota Renzo Dolfi. Poco dopo tale azione, il ponte viene fatto brillare.
4 AGOSTO:
Proclamazione dello stato di emergenza.
Verso sera reparti della squadra dei “Leprotti” dislocati in prossimità delle Officine di Porta al Prato, seguendo I’ itinerario dei giardini interni alle abitazioni del quartiere, giungono in via Frà Bartolomeo per prendere contatti con le Squadre del Partito d’Azione, poste sotto il comando del Capitano Mattoli. La riunione che ha lo scopo di riunire le forze ed i mezzi delle due formazioni, non dà I’ esito sperato, in quanto gli obbiettivi dei due schieramenti non erano coincidenti.
Qualche ora più tardi un gruppo di patrioti facente parte della Squadra “Leprotti”, tolte le armi dal nascondiglio del magazzino delle Officine di Porta al Prato, si appresta a prendere posizione in una cantina delle case dei Ferrovíerí. A tale proposito ecco il racconto di uno dei protagonisti: < Curioso I’ incidente che ci occorse. Dato che il materiale che dovevamo portare, benché entro sacchi, era facilmente riconoscibile, dovemmo pregare gli inquilini di andare a letto. Quasi tutti se ne andarono senza farsi pregare, altri vollero curiosare. Ci fu tra questi ultimi una donna, che cominciò ad urlare, dandoci di ladri e accusandoci di aver rubato una damigiana d’ olio che volevamo poi dispartirci senza farsi vedere! Avremmo voluto fargli vedere la qualità del nostro olio!
La sera stessa si operò la distribuzione delle armi. Mentre attendevamo a questo con il massimo silenzio, un colpo partito disavvedutamente da un pistolone da carabiniere ci assordì e per poco non colpì un fagotto di bombe a mano che esplodendo ci avrebbero mandati diretti al Creatore. Dormimmo tutta la notte in cantina con uno di vedetta che avrebbe dovuto raccogliere il segna­le dell’inizio dell’azione: campane a stormo e gonfalone su Palazzo Vecchio. Passammo diversi giorni ad aspettare questo segnale che pareva non dovesse venire più …> .
7 AGOSTO:
Compiendo un’ azione a dir poco temeraria, un certo Maurizio Innocenti riesce a guadare F Arno nei pressi delle macerie del Ponte alla Vittoria, proprio in prossimità delle Cascine.
La causa che lo spinge a tale impresa è un motivo puramente familiare: infatti a seguito dei crolli dei ponti, l’ Innocenti, che abita di là d’Arno, è rimasto separato dalla moglie ricoverata alla Maternità di via degli Alfani. Tanto era il desiderio di rivedere la propria sposa con il suo primogenito, che lo portò ad intraprendere il pericoloso attraversamento per ben due volte in un sol giorno.
8 AGOSTO:
Il giorno dopo la temeraria impresa, Maurizio Innocenti si appresta ancora una volta ad attraversare I’ Arno. Questa volta come guida ad una pattuglia italo-indiana che deve compiere un’azione da “commandos”: verso il tramonto infatti Innocenti (ormai conoscitore del greto dell’ Arno), un’ altra guida italiana Turilazzi, ed il piccolo gruppo indiano comandato da un tenente inglese, guadano l’ Arno all’altezza delle Cascine, per poi dirigersi verso il centro passando per via della Scala. Il principale scopo della missione, che la pattuglia riuscirà a portare felicemente a termine, è quello di scoprire un pezzo semovente, probabilmente nascosto nei pressi del Parterre, e che deve essere assolutamente annientato. Il Comando Alleato aveva proposto l’uso dell’ artiglie­ria che, per evitare di colpire le case vicine, prima di fare fuoco aveva bisogno di un rilevamento ben preciso.
10 AGOSTO:
I tedeschi predispongono una propria linea di difesa attestandosi prevalentemente sulle sponde del corso cittadino del Mugnone, allestendo minacciosi preparativi bellici alla periferia nord-orientale della città, alle rampe del Romito, nel rione di S. Jacopino e alla Manifattura dei Tabacchi.
11 AGOSTO:
Alle 6,45 la Martinella di Palazzo Vecchio comincia a suona­re: è il segnale dell’ insurrezione. Inizia la battaglia per la libera­zione di Firenze. Poco prima, alle 6,10, il Comando unico Partigia­no emana il seguente ordine: <agli effettivi della seconda, terza e quarta zona, nonché alle Brigate Rosselli, e alle Compagnie della Divisione Arno della riva destra, si ordina di presidiare gli obbiettivi fissati con il minimo delle forze. Il resto delle forze, riunite in reparti organici, deve attestarsi sulla seguente linea: Piazzale del Re, via delle Cascine, viale Redi, riva sinistra del Torrente Mugnone, viale Strozzi, viale Milton, via Lungo il Mugnone, linea ferroviaria all’ Affrico, via Píagentína, riva dell‘Arno>. Il mandato è quello di difendere la linea indicata reagendo al fuoco dei tedeschi ed impedire eventuali ritorni offensivi.
I partigiani del Casone dei Ferrovieri (S.A.P. e gruppi del Fronte della Gioventù di quartiere) iniziano subito le ostilità contro i tedeschi e i franchi tiratori attestati alla Manifattura dei Tabacchi L’ obbiettivo di questi patrioti è quello di occupare i locali della stessa Manifattura ed impedire la distruzione del Ponte alle Mosse. I partigiani assalgono le postazioni nemiche a più riprese sino ad arrivare a circa settanta metri dal ponte (tenuto saldamente da pattuglie di guastatori tedeschi), senza però riuscire a scongiurare il brillamento; nella giornata infatti il ponte salterà in aria a più riprese.

 

Già dai primi scontri i partigiani del “Casone” devono lamentare le prime perdite. Tra i feriti tre giovani del “Fronte della Gioventù”: Catasta Umberto, Bartoletti Carlo e Dardi Walter, colpiti in combattimento da pallottole esplosive; il primo dopo alcune operazioni al calcagno destro ebbe come conseguenza la menomazione dell’ arto; il Bartoletti perse il braccio sinistro, infine Dardi colpito in ben quindici parti del corpo uscì dopo alcuni mesi dall’ ospedale con un leggero impedimento alla gamba sinistra.

 

 

Le squadre del “Fronte della Gioventù” subiscono nelle loro sortite verso la Manifattura la rabbiosa reazione dei tedeschi che, con I’ appoggio di mortai, mettono in crisi lo schieramento delle S.A.P., comandate da Sante Ceccherini, e della Compagnia Comu­nista con a capo Mario Cavallini. Solo l’ ingresso in campo di due reparti della “Terza Compagnia Lanciotto” (i distaccamenti di “Lu­ciano” e di “Pietrino”) e, in seguito anche di un distaccamento della “Sinigaglia riescono a rimettere un certo ordine nello schie­ramento che ha già riportato numerosi feriti e lasciato sul campo un morto: Achille Di Carlo del “Fronte della Gioventù”.
Nei pressi della stazione centrale, i partigiani della “Rosselli” con a capo il Capitano Del Monaco, superata la scarpata della ferrovia ricacciano, dopo un combattimento, alcuni paracadutisti germanici che stavano collocando alcune mine per far saltare il cavalcavia del viale Belfiore.
Tra il Ponte di S. Donato e il Ponte all’ Asse i tedeschi operano con due carri armati “Tigre”, che riescono a spostarsi molto facilmente sul terreno incolto di quel tratto, e con postazioni di mitragliatrici che prendono di infilata le strade circostanti che si dipartono ad angolo retto rispetto all’ argine del Mugnone, facili­tando le azioni offensive dei paracadutisti che filtrano costante­mente nel Rione, divenuto un vero e proprio campo di battaglia.
Nella zona di S. Jacopino le S.A.P. attestatesi con la “Compa­gnia Rosselli” ingaggiano una furibonda battaglia, che infurierà per tutto il giorno, per assicurare la protezione del Ponte all’ Asse. In questa zona la “Prima Compagnia Rosselli” (facente parte della Terza Brigata), sostenuta anche dalla “Seconda Compagnia Lanciotto Ballerini”, riesce in un primo momento a superare il Mugnone; i patrioti però vengono attaccati dai paracadutisti tede­schi che hanno anche il sostegno di un carro armato.

 

Tratto da
Antifascismo e Resistenza nel rione di San Jacopino – Piazza Puccini
A cura di Bertelli Maurizio & Masini Donatella
Firenze 1992

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