Archivio mensile:febbraio 2013

La distruzione di Farnocchia

La distruzione di Farnocchia
di Giovanni Baldini, 15-4-2004, Creative Commons – Attribuzione 3.0.
Il 31 luglio 1944 una squadra di soldati tedeschi arrivò a Farnocchia e diede l’ordine di evacuare immediatamente il paese.

Fallito il tentativo del parroco Don Lazzeri, che meriterà la medaglia d’oro al valor militare il 12 agosto a Sant’Anna di Stazzema, di prendere tempo per dare la possibilità alle famiglie di Farnocchia di portarsi dietro l’indispensabile il paese divenne in breve deserto. Ma queste erano le condizioni ideali per un attacco a sorpresa: la seconda compagnia della X-bis Brigata Garibaldi "Gino Lombardi" guidata da Giancarlo Taddei "Beppe" che era in zona e che aveva seguito gli ultimi eventi intervenne con decisione. Dei tredici soldati saliti a Farnocchia 6 furono uccisi e gli altri rientrarono a valle con ferite più o meno gravi sottraendosi al peggio rotolandosi giù dalla montagna.

Prevedendo le azioni del nemico e trovandosi nell’ideale condizione di poter combattere in un paese sgombro da civili i partigiani invece di ripiegare decisero di mantenere la posizione. La mattina successiva salirono verso Farnocchia altri reparti tedeschi, in totale circa sessanta soldati.

I partigiani lasciarono avvicinare i tedeschi, poi attaccarono. I nazisti si videro costretti a ritirarsi dopo tre ore di una battaglia che per loro fu completamente infruttuosa e con un numero imprecisato di morti e feriti, ma la sconfitta fu particolarmente pesante anche perchè lungo la strada della ritirata incontrarono altri appostamenti dei partigiani che li costrinsero ad abbandonare armi pesanti e munizioni.

I tedeschi però ebbero la loro rivincita sette giorni più tardi. Decisi a non far passare impunito il doppio scacco l’8 agosto salirono di nuovo a Farnocchia convinti che non vi fossero più partigiani e di poter finalmente distruggere il paese.

In realtà Farnocchia era ancora presidiata da una piccola squadra partigiana della III compagnia col compito di proteggere da quel lato della montagna il resto dei compagni che erano impegnati poco lontano, la battaglia fu lunga e cruenta: la squadra partigiana venne annientata (vedi la biografia di Cristina Ardemanni) e il paese infine bruciato.

I Caduti di Paneretta

I caduti della Paneretta
di Paolo Chiti, 6-7-2009, Tutti i Diritti Riservati.

È il 14 luglio 1944, un’altra giornata di guerra volge al tramonto. I tedeschi lentamente si stanno ritirando e altrettanto lentamente avanzano gli alleati.

Gli alleati avevano piazzato i loro cannoni tra Sornano e la pieve di Cedda, nel comune di Poggibonsi, precisamente lungo la strada che collega Poggibonsi a Castellina in Chianti. Avendo notato un continuo movimento di truppe tedesche nel paese di Monsanto, in comune di Barberino Val d’Elsa, dedussero che sul campanile della chiesa di San Ruffiniano a Monsanto vi fosse appostata una vedetta nemica: assestarono il tiro per colpire il campanile.

Una granata cadde all’imbocco del rifugio posto al podere Ripoli, molto vicino alla chiesa. Ci furono 3 morti. I fratelli Gabelli Antonio e Otello di 20 e 34 anni e Fosca Fontani di 22, oltre a due feriti gravi: Erminia Manetti e Tripolina Sprugnoli, moglie di Otello.

I genitori dei Gabelli, che erano anche loro nel rifugio ma erano rimasti incolumi, corsero verso la chiesa a chiamare Don Virgilio Pagliai. Il sacerdote giunse sul posto constatando la situazione gravissima: i corpi dei tre che erano deceduti erano orribilmente smembrati.
Sul fondo del rifugio era rimasta Giulia Manetti, che sorreggeva la figlia Erminia ferita al petto da una scheggia che le aveva trapassato la scapola e disfatto il braccio sinistro, mentre Tripolina Sprugnoli invece era rimasta ferita alla coscia sinistra.

La mattina del giorno successivo alcuni familiari delle vittime ricomposero i loro cari.

Il giorno 17, dopo le esequie, le salme furono sepolte nel campo a fianco della chiesa. Successivamente, nel novembre dello stesso anno, furono traslate nel cimitero della misericordia di Poggibonsi.

La strage della Farmacia Picconi

La strage della Farmacia Picconi
di Roberto Daghini, 6-10-2008, Tutti i Diritti Riservati.
“per dignità, non per odio”

La mattina del 5 settembre 1944 la formazione Silvano Fedi dopo essersi ritirata il giorno prima dal paese di Casalguidi vi rientrò al mattino. Lo presidiò e vi si pose a difesa dell’abitato abbandonato dai tedeschi, ma verso le ore 14 dalle colline iniziò un nutrito fuoco di artiglieria tedesca e la situazione si fece precaria.
Alcuni partigiani soccorsero dei feriti civili tra cui Marianna Pagnini e Ada Giacchetti, ma, mentre venivano accompagnate in farmacia posta sulla via Montalbano, una granata di tipo Strappels esplose vicino al muro provocando la morte di Rolando Chiti di Casalguidi, Florio Lenzi di Pescia, Roland Haibis (un francese disertore dell’esercito tedesco) e delle due donne.

Cessato il bombardamento una pattuglia della fanteria tedesca attaccò colpendo a morte con una raffica di mitra alla testa Marcello Capecchi e anche Vittorio Marchetti rimase ucciso. Durante lo scontro rimasero feriti in vario modo Franco Fedi (fratello di Silvano), Arturo Benesperi, Danilo Querci, Lorenzo Matteini, Armando Cappellini (poi morto in ospedale), Ivan Bechelli, Settimio Mangoni, Ferdinando Frosini: tutti partigiani o collaboratori.

Per uscire dalla delicata situazione fu richiesto l’invio di due autoblindo sudafricane munite di mitragliatrice che risultarono essenziali per mettere in fuga i rimanenti tedeschi. Durante lo scontro anche il comandante Enzo Capecchi rimase ferito.

Il comando della formazione fu preso da Artese Benesperi, così la formazione continuò la sua avanzata e l’8 settembre 1944 attraversò il fiume Ombrone, attestandosi in località Casa al Vescovo sempre insieme ai sudafricani, poi alle ore 8.30 insieme a altre formazioni pistoiesi entrò in città, da tempo abbandonata dalla maggior parte della popolazione civile.

Il 9 a Villa Colonna (S.Giorgio) vennero eliminate le ultime resistenze di un gruppo di venti tedeschi, che ebbero un morto e tre feriti. Il bombardamento del paese di Casalguidi e l’esplosione di mine poste vicino alla piazza (attuale piazza Gramsci) provocò numerosi danni alle abitazioni, alla chiesa e alla sede del palazzo comunale. Furono inoltre feriti Pacino Biagini e Romano, padre e figlio che moriranno in ospedale il giorno dopo. Infine Arturo Lombardi, a causa dello scoppio di una granata, rimarrà ucciso da una scheggia.
La triste vicenda registrò anche un particolare macabro, il corpo di Marianna Pagnini non fu mai ritrovato, pare che sia stato oggetto di sciacallaggio perché la donna indossava oggetti di valore. Enzo Capecchi fu portato via da un ambulanza alleata, ricoverato in un ospedale da campo alleato fu poi trasferito a Siena. Ma non guarirà mai completamente e nella gamba gli rimarranno due pezzetti di piombo che gli provocheranno dolori per molto tempo.