Archivio mensile:Maggio 2015

Gianni Rodari – Armi dell’allegria

Gianni Rodari
Armi dell’allegria

Eccole qua
le armi che piacciono a me:
la pistola che fa solo pum
(o bang, se ha letto qualche fumetto)
ma buchi non ne fa…
Il cannoncino che spara
senza fare tremare
nemmeno il tavolino…
Il fuciletto ad aria
che talvolta per sbaglio
colpisce il bersaglio
ma non farebbe male
né a una mosca né a un caporale…
Armi dell’allegria!

Le altre, per piacere,
ma buttatele tutte via!

Louis Aragon – La rosa e la reseda

Louis Aragon

La rosa e la reseda

Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Entrambi adoravano la bella prigioniera dei soldati
Colui che saliva sulla scala e colui che aspettava in basso

Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Che importa come si chiama questa chiarezza sui loro passi
Che uno fosse di chiesa e l’altro si defilasse

Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Entrambi erano fedeli nelle labbra nel cuore nelle braccia
Ed entrambi dicevano che essa viva e chi vivrà vedrà

Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Quando il grano è sotto la grandine è pazzo chi fa il difficile
E’ pazzo colui che si occupa dei suoi litigi nel cuore della lotta comune

Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Dall’alto della cittadella la sentinella sparò
per due volte e l’uno cancella l’altra tomba che morirà

Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Sono in prigione l’uno ha il più triste giaciglio
L’uno più dell’altro si congela, l’altro preferisce i topi

Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Un ribelle è un ribelle due singulti fanno un solo rintocco funebre
E quando viene l’alba crudele passano dalla vita al trapasso

Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Ripetendo il nome di colei che nessuno dei due sbagliò
E il loro sangue gronda con uno stesso colore con uno stesso scoppio

Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Gronda, gronda, si mescola alla terra che amò
Affinché alla nuova stagione maturi un’uva moscata

Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
L’unico corre e l’altro ha delle ali della Bretagna o del Jura
E lampone o mirabella il grillo canterà di nuovo
dite flauto o violoncello il doppio amore che bruciò
l’allodola e la rondine la rosa e la reseda.

Nota

Questo testo poetico di Louis Aragon, risalente per composizione al 1943 e dedicato alla memoria di quattro martiri della Resistenza francese (due partigiani cristiani e due comunisti)

La presa di Monterotondo Marittimo

La presa di Monterotondo Marittimo

di Giovanni Baldini, 27-9-2004, Creative Commons – Attribuzione 3.0.

Il mattino del 10 giugno 1944 a Monterotondo Marittimo un grosso gruppo di partigiani della III Brigata Garibaldi entrò in paese e disarmò la Guardia Repubblicana.

L’intento era di forzare il Consorzio Agrario e distribuire le scorte alla popolazione.

L’azione era stata pianificata con largo anticipo e aveva l’appoggio di tutta la popolazione del paese: i carabinieri si erano da tempo messi a disposizione della brigata partigiana e gli abitanti avevano cucito e regalato ai partigiani delle camice rosse. I partigiani distribuirono volantini di saluto ma dopo uno scontro fra una pattuglia e un automezzo tedesco il progetto di restituire l’ammasso dei viveri ai civili venne fermato e cominciò un’opera di fortificazione.

Vennero abbattuti alberi sulle strade e furono scavate fosse di protezione. Difatti nel corso della mattina le SS si riavvicinarono in forze, si trattava di SS italiane, ovvero truppa volontaria italiana con ufficiali tedeschi (la colonna motocorazzata faceva parte di un’operazione più ampia con centro a Castelnuovo Val di Cecina e che nei giorni successivi giorni coinvolgerà tragicamente anche la miniera di Niccioleta). Dopo un primo attacco a sorpresa dei partigiani i soldati delle SS assediarono il paese con mortai e mitragliatrici pesanti.

I partigiani ingaggiarono battaglia e riuscirono a resistere per alcune ore dando così il modo alla popolazione di disperdersi nella campagna e infine si ritirarono nel primo pomeriggio lasciando cinque caduti e portando con se numerosi feriti.

Il tenente Alfredo Gallistru, che aveva organizzato le strategie difensive, venne gravemente ferito e trasportato nascosto in un carro di paglia fino al vicino podere di Piaggia al Tufo. Le cure di un medico russo, prigioniero dei tedeschi poi riuscito a fuggire, non riuscirono però a salvarlo.

Anche i nazifascisti ebbero numerose perdite.

All’ingresso in paese i tedeschi incontrarono pochissime persone, essenzialmente anziani, e non procedettero a ritorsioni. Ma la strana mitezza rientra con tutta probabilità nel piano preordinato di rimanere nella zona per del tempo e farne una base di spedizioni antipartigiane.

Carlo Cergoli – Il suo nome : Bandito

Sono caduti per la libertà
“Italia !” sulle labbra e “bandito”
sul cartello al collo dell’impiccato.

Carlo Cergoli
Il suo nome : Bandito
Al comando portà
in cadene ligà
rosso fazzoletto garibaldin
intorno al colo
boia assassin
quatro giorni
i lo ga torturà

*

“Parla bandito – bandito parla”
bocca serada
muto da sempre
povere man
senza ongie pianzeva
sbregado
in cella ributà

*

Drio giorno morto
lo ga trovà
viso sorridente – viva la libertà
bocca rossa
fazzoletto al collo
nudo el xe sta interà

*

el suo nome “bandito”…e
un cartelon sul petto
“benzina sabotò alla Decima M.A.S.”
O bella ciao o bella ciao
viva la libertà

Carolus Cergoli – Fuma el camin

Carolus Cergoli
Fuma el camin

 

Fuma el camin
Mattina e sera
Del lagher de Mathausen
Grande fradel de quel
De la Risiera

 

Lagrime e sangue
Piovi su Trieste
Lotte Hen
Camicia bruna
E svastica sul brazzo
AI suo primo servizio
Al Bloko 33

 

Donne e bambini
Morsigar de coscienza
Disi el Kapò
Perché
Su femo i bravi
In fondo xe un brusar
Ebrei e slavi
Intanto a Ginevra
Stasera “Parsifal”
Di Richard Wagner
Toscanini dirige

Bruna Sibille-Sizia – Colombe e Spighe

Bruna Sibille-Sizia
Colombe E Spighe
Sono caduti per la libertà
“Italia !” sulle labbra e “bandito”
sul cartello al collo dell’impiccato.
I sopravvissuti invecchiano
ma loro hanno sempre vent’anni
perché quel giorno il tempo si è fermato
nell’alba livida nel paese gelido
nelle figure delle madri
impietrite sul viale davanti ai figli.
Non crescano sulle loro ossa
i rovi della dimenticanza
come i ragazzi in jeans volevano soltanto
una società nuova di colombe e di spighe
non case fatiscenti pane amaro
giovani stampati su porte sbarrate
vecchi spazzati via come foglie secche.
Indifferenza e corruzione sfrenata
ricchi e poveri due mondi in una città
sopra le fabbriche le stelle sono nere
la montagna si spopola si sbriciola
il mare restituisce reti stracciate
pesci petrolio uranio.
Si innalza la cupola di San Pietro
sopra Via Veneto e irte si disegnano
le guglie del Duomo sopra via Bagutta
cibi vini profumi diamanti pellicce
mentre in Piazza San Marco
Pulcinella intreccia danze effimere
sotto l’occhio gelido della luna.
Non era questo il sogno dei giovani
caduti per le colombe e le spighe
ne crescano altri ancora a migliaia
per realizzare quel sogno.

Anonimo – Grande è l’angoscia degli Tzigani

Anonimo

Grande è l’angoscia degli Tzigani

Grande è l’angoscia degli Tzigani
Nessuno sa che cosa si prepara per loro
Nei campi di concentramento o nelle prigioni.
Il loro accampamento è rimasto malinconicamente
[vuoto
Il sette di aprile
Hitler manda un gran numero di aeroplani
A bombardare Belgrado, il fiume Sava.
E lo stesso giorno è dichiarata la guerra.
Alle quattro del mattino
Bussano alla porta di tutti gli Tzigani
Tutti sono portati via tristemente
E scaricati a Marinkovoj Barì
E da Barì li portano al centro di Banjica
Restano vuoti gli accampamenti delle tribù Tzigane
Gli assassini tedeschi fucilano gli Tzigani dieci alla
[volta
E i bambini sono portati nel forno crematorio.
Chi levava il capo era subito massacrato
Ci fu soltanto sofferenza fino all’arrivo dei giovani
[partigiani
All’arrivo dei partigiani gli Tzigani sono chiamati a
Battersi al loro fianco e a forgiare la libertà nella
[fratellanza
Questo è il passato. Oggi lo cantiamo
Ma deve restare eternamente impresso nelle
[memorie.

Anonimo – Sopravvissuto

Anonimo
Sopravvissuto

Uscì il sangue dalle ferite sporche
di terra e di ferro arrugginito.
Sangue rosso, nero, denso e opaco.
Si guardò intorno alla ricerca
di qualcuno, ma vicino c’era solo morte.
Morte che era volata sopra ognuno,
rapendo giovani, donne , vecchi.
Morte arrivata all’ improvviso
nascosta dentro una piccola scatola,
posta accanto a quel mercato,
per fare male e dolore più intenso.
Vide il suo braccio a dieci metri
da lui, come fosse di un altro,
e la sua gamba poco distante.
Capì che non sarebbe morto, ma che
l’angoscia non l’avrebbe più abbandonato.
La sua anima volò via da lui per sempre
non volendo raccontare ad altri
cosa era successo al suo corpo.