Archivi Blog

Gianni Rodari – Filastrocca di Natale

image

Gianni Rodari

Filastrocca di Natale,

la neve è bianca come il sale,

la neve è fredda, la notte è nera

ma per i bambini è primavera:

soltanto per loro, ai piedi del letto

è fiorito un alberetto.

Che strani fiori, che frutti buoni,

oggi sull’albero dei doni:

bambole d’oro, treni di latta,

orsi dal pelo come d’ovatta,

e in cima, proprio sul ramo più alto,

un cavallo che spicca il salto.

Quasi lo tocco… Ma no, ho sognato,

ed ecco, adesso, mi sono destato:

nella mia casa, accanto al mio letto

non è fiorito l’alberetto.

Ci sono soltanto i fiori del gelo

sui vetri che mi nascondono il cielo.

L’albero dei poveri sui vetri è fiorito:

io lo cancello con un dito.

Ho Chi Minh – Diario dal carcere – Poesia di lotta

Ho Chi Minh
Diario dal carcere
Poesia di lotta
Gli antichi si dilettavano
à cantar la natura:
numi, montagne, nebbia,
fiori, neve, vento, luna.
Bisogna armare d’acciaio
i canti del nostro tempo.
Anche i poeti
imparino a combattere!

*

*Tintinnio di catene
Al posto delle corde
mi hanno messo catene
che a ogni passo tintinnano
come la cintura di giade
e cammei d’un mandarino.
Le guardie son convinte
ch’io sia una spia
ma che bel portamento
e che bel tintinnio!
Tentativo di fuga
Aveva un solo pensiero:
la Libertà!
Scattò giù dal vagone
rischiando la sua vita
corse per qualche centinaio
di metri, ma poi
le guardie lo raggiunsero
lo portarono indietro.
Poliziotti goderecci
Mangiano a Kuo Te
pesce appena pescato.
fanno onore a Pao Hsiang
a uno stufato di cane.’
Come si vede, le guardie
i miei tetri custodi
qualche volta san vivere
e spesso mangiar bene.
Nota
1 Piatto molto apprezzato
nella vecchia Cina.

Croce solitaria

clip_image001

Croce solitaria

Placido il raggio della luna nuova,

fra musiche di fronde e di ruscelli,

sparge la sera, e il grido si rinnova

di quando in quando dei notturni uccelli.

Nella pineta qui di sopra il monte

ritta una croce sta sul mio cammino;

intessono ghirlande i fior di fonte

attorno al legno rustico di pino.

Sulle cime dei pini agili e snelle,

ghirlanda immensa infiorare io vedo,

levando gli occhi al ciel, tutta di stelle.

Appresso a quella croce alfin venuto

mi fermo e leggo l’umile epitaffio:

"Prega, qui giace un ribelle caduto".

Tratto da

Poesia clandestina della Resistenza – Antologia dei …

Mario Luzi – Sia detto

Mario Luzi

Sia detto

Sia detta per te, Firenze,
questa nuda implorazione.
Si levi sui tuoi morti,
sulle tue molte macerie,
sui tuoi molti
visibili e invisibili tesori
lesi nella materia,
offesi nell’essenza,
sulle tue umili miserie
ferma, questa preghiera.
I santi della tua storia
e gli altri, tutti,
della innumerabile corona
la portino in alto,
le soffino spirito e potenza,
ne cingano d’assedio
le stelle, i cieli,
le superne stanze:
«giustizia non ti negare
al desiderio degli uomini,
scendi in campo, abbi la tua vittoria!»
Sia detta a te, Firenze,
questa amara devozione:
città colpita al cuore,
straziata, non uccisa;
unanime nell’ira,
siilo nella preghiera.
Vollero accecarti, essi,
della luce che promani,
illumina tu, allora,
col fulgore della collera
e col fuoco della pena
loro, i tuoi bui carnefici,
perforali nella tenebra
della loro intelligenza, scavali
nel macigno del loro nero cuore.
Sii, tra grazia e sofferenza,
grande ancora una volta,
sii splendida, dura
eppure sacrificale.
Ti soccorra la tua pietà antica,
ti sorregga una fierezza nuova.
Sii prudente, sii audace.
Pace, pace, pace.

Mario Luzi

Gegherxuin, sec. XX – Essere liberi

Gegherxuin, sec. XX

Essere liberi

Vivere è bello, quando si è liberi,
tutti, uomini e donne, non tu e io soltanto,
liberi di dire la nostra,
di vagabondare per mari e terre,
liberi di bere e mangiare, di lavorare e giocare,
liberi di sceglierci il cammino.

Non trovo le parole; non so con chi prendermela.
Per quanto tempo ancora vivremo incatenati,
nell’oscurità, nella vergogna?
Basta.
Finiamola, con l’ignoranza, andiamo verso la luce!
Spada alla mano, liberiamoci dai mostri
e ritroviamo la fierezza di un nome
così caro, così sacro per noi tutti.

Paul Eluard – Novembre 1936

Paul Eluard
Novembre 1936

Guardateli al lavoro i costruttori di macerie

Sono ricchi pazienti neri ordinati idioti

Ma fanno quel che possono per esser soli al mondo

Sono agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco 
Piegano fino a terra palazzi senza capo. 

A tutto ci si abitua

Ma a questi uccelli di piombo no

Ma non al loro odio per tutto quel che luccica

Non a lasciarli passare. 

Parlate del cielo e il cielo si vuota

Poco c’importa l’autunno

I nostri padroni hanno pestato i piedi

Noi l’abbiamo dimenticato l’autunno

Dimenticheremo i padroni. 

Città in secca oceano d’una goccia scampata

Di un unico diamante coltivato alla luce

Madrid città fraterna a chi ha patito

Lo spaventoso bene che nega essere esempio

A chi ha patito

L’angoscia indispensabile perché splenda quel bene 

E alla sua verità salga la bocca

Raro alito sorriso come rotta catena

E l’uomo liberato dal suo passato assurdo

Levi innanzi ai fratelli un volto uguale 
E alla ragione dia vagabonde ali.

Ninna nanna del crematorio

patria indipendente
Ninna nanna del crematorio
Lager song’s
Crematorio nera porta
che all’inferno porterà
vi trascino neri corpi
che la fiamma brucerà
Vi trascino il mio figliolo
con i suoi capelli d’or
coi suoi pugni in mezzo ai denti
figlio mio come farò
O mi sbaglio e dormi tu
ed allora figlio tu
dormi e intanto ninna-ò
io ti cullerò
E tu sole perché taci
tu che sai la verità
era solo di tre anni
ma non ebbero pietà
I suoi occhi silenziosi
che ti guardano lassù
hanno lacrime di pietra
che non scenderanno più
O mi sbaglio e dormi tu
ed allora figlio tu
dormi e intanto ninna-ò
io ti cullerò
Questa ninna nanna venne composta nel 1942 da Alexander Wertynski e Aron Liebeskind. Quest’ultimo era un ventiquattrenne portatore di cadaveri nel lager di Treblinka, dove vennero
uccisi e cremati la moglie Edith e il figlio di tre anni. Quasi impazzito, Liebeskind riuscì a scrivere questa ninna nanna che verrà eseguita dal coro di Rosebery D’Arguto.
Traduzione di L. Settimelli.

Francesco Guccini – Auschwitz

Francesco Guccini
Auschwitz

Son morto ch’ero bambino
son morto con altri cento
passato per un camino
e ora sono nel vento

Ad Auschwitz c’era la neve
il fumo saliva lento
nei campi tante persone
che ora sono nel vento

Nei campi tante persone
ma un solo grande silenzio
Che strano non ho imparato
a sorridere qui nel vento

Io chiedo come può un uomo
uccidere un suo fratello
eppure siamo a milioni
in polvere qui nel vento.

Ancora tuona il cannone
ancora non è contenta
di sangue la bestia umana
e ancora ci porta il vento.

Io chiedo quando sarà
che un uomo potrà imparare
a vivere senza ammazzare
e il vento si posera’

Sergio Endrigo – Anch’io ti ricorderò

Sergio Endrigo

Anch’io ti ricorderò

Era mezzogiorno e prigioniero
Aspettavi che si fermasse il mondo
Fuori cera il sole e caldi odori
E parole antiche di soldati
Forse vedevi la tua gente
Cuba viva sotto il sole
La sierra che ti ha visto vincitore
Addio addio
Chi mai ti scorderà
Addio addio
Anchio ti ricorderò
Era mezzogiorno in piena notte
E gli uomini di buona volontà
Tutti si guardarono negli occhi
Poi ognuno andò per la sua strada
E troppo tardi per partire
Troppo tardi per morire
Siamo troppo grassi comandante
Addio addio
Chi mai ti scorderà
Addio addio
Anchio ti ricorderò
Era mezzogiorno e tu non ceri
Un bambino piangeva nel silenzio
Fuori cera il sole e caldi odori
E parole antiche di soldati
Oggi ti ricorda la tua gente
Cuba viva sotto il sole
La sierra che ti ha visto vincitore
Addio addio
Chi mai ti scorderà
Addio addio
Anchio ti ricorderò

  •  

Primo Levi – La tregua

Primo Levi
La tregua

 Sognavamo nelle notti feroci
Sogni densi e violenti
Sognati con anima e corpo:
Tornare; mangiare; raccontare.
Finché suonava breve sommesso

Il comando dell’alba:
«Wstawac’»;
E si spezzava in petto il cuore.

Ora abbiamo ritrovato la casa,
Il nostro ventre è sazio,
Abbiamo finito di raccontare.
È tempo. Presto udremo ancora
Il comando straniero:
« Wstawac’».
11 gennaio 1946