Archivio mensile:dicembre 2012

Le foglie volano

"Le foglie volano"

di Massimo Fabbroni, 23-7-2009, Tutti i Diritti Riservati.

Tratto da "La Nuova Resistenza", numero unico del 13 marzo 1955, Dicomano (FI).

Febbraio 1944.
Quel giorno la neve cadeva su tutto il Monte Giovi. L’accampamento che avevamo nascosto fra i pini ed i quercioli del poggio "Gaicoli" era sparito sotto quel pungente lenzuolo di neve. Anche giù nella piana della Val di Sieve e la provinciale sulla quale passavano veloci le macchine tedesche, che i nostri occhi seguivano con insistenza.

Eravamo accoccolati attorno ad un grande fuoco ed ascoltavamo "Ugo" il compagno commissario, che rimproverava un po’ tutti perché troppo spesso avevamo fatto delle capatine ad Acone, alla vicina borgata. Vi andavamo volentieri: là, trovavamo gente che ci accoglieva con entusiasmo e potevamo ragionare con le ragazze. Si era giovani e non erano mai bastanti le prediche dirette a farcelo dimenticare. Ed "Ugo" lo sapeva e redarguiva il Comandante perché non metteva delle punizioni.

Di questo parlavamo, mentre la neve cadeva e le nostre tende non erano altro che cumuli più alti, e la grossa caldaia bolliva colma di patate. Poi la sentinella chiamò il Comandante e fu silenzio, attesa.

Il compagno si avvicinò, parlò sottovoce. Un uomo al fianco di "Tito" fu fatto inoltrare nell’accampamento. Avanzò tenendo le mani nelle tasche di un grande giubbotto di pelle. Sorrideva guardando tutti noi che lo fissavamo con occhi interroganti.

Lo riconobbi subito: era il compagno Ciro Fabbroni. Gli avevo steso la mano e stavo commettendo l’imprudenza di chiamarlo per nome, quando sentii le mie dita strette dalla sua mano forte che mi costrinsero a guardarlo negli occhi, e disse ad alta voce: “Mi chiamo Marcello”.

Il Comandante lo presentò ai compagni e per alcuni giorni "Marcello" rimase sul Monte Giovi. Non tutti compresero la grande missione che egli portava a termine.

Gli alleati si eran decisi a mandare le armi automatiche. "Marcello" aveva portato a noi la parola d’ordine per intercettare il lancio delle armi, e si era con noi accordato sul luogo del lancio stesso e le modalità da comunicare nell’Italia libera affiché l’aereo non dovesse sbagliare: la vasta pianura a sud dei "Prati Novi", sulle alture del Monte Giovi, doveva essere il campo del lancio. Tre grandi fuochi a treppiede avrebbero indicato il luogo, e tre razzi: rosso-rosso-verde, dovevano rassicurare il pilota che noi eravamo ad attendere.

La parola d’ordine positiva era Le foglie volano e la negativa Le foglie non volano.

"Marcello" ci lasciò e per il nostro gruppo succedettero giorni di ansia.
Radio Londra, che ascoltavamo col respiro strozzato in gola ci deluse per ben sette giorni, ma poi … ecco il grande avvenimento. Il Comandante, "Schillo", "Gambero" e "Ugo" hanno gli orecchi tesi. Già molte parole d’ordine erano volate ai partigiani di tutta l’Italia ed ecco la nostra: Le foglie volano.

Era notte, la neve alta; soto le tende già molti compagni dormivano.

Sveglia per tutti; “Le foglie volano, le foglie volano” ripetevano con gioia incredibile, correndo tutti i posti che il piano per la raccolta aveva stabilito. Mezz’ora più tardi, l’accampamento era sprofondato nel silenzio e noi eravamo saliti nella piana del lancio. La notte era profonda, ma il grande manto di neve riluceva e ci aiutava; i tre grossi fuochi furono accesi e tutti tacevamo tenendo gli orecchi. I minimi rumori ci facevano sobbalzare, cento e cento volte fummo per gridare: “Eccolo, eccolo”.

Solo nel cuore della notte, quando il freddo ci faceva ballare come marionette, udimmo giungere da lontano un brusio sordo, che si avvicinava … e si avvicinò presto, distinto, nel cielo cupo. I fuochi furono ravvivati … ed il brusio divenne rombo distinto; presto il nostro primo razzo guizzò nell’aria … l’attesa si era fatta spasmodica, i nostri occhi si cacciavano nel cielo ad individuare l’aereo che aveva risposto al segnale … e nell’area sfrecciarono gli altri razzi … poi, presto, l’aereo fu sopra a noi, rispose ancora, poi parve allontanarsi, ma un minuto dopo, eccolo, col suo rombo assordante, bassissimo, sfiorava quasi le cime degli abeti, con la sua meravigliosa sagoma che si stagliò nel cielo grigio … una ventata, sopra il nostro capo ed un suono nuovo, sibilante. Ed ecco nel cielo aprirsi i paracadute che posarono nella neve i grossi cilindri pieni di armi automatiche e di pallottole.

Corremmo a raccoglierli strozzando in gola le nostre grida di gioia; e gioioso fu l’ultimo nostro razzo rosso che lanciammo nel cielo come una folgore.

E la gioia di quell’avvenimento ci pervase incontrastata fino al giorno 5 marzo quando ci raggiunse la triste notizia che il compagno "Marcello" era caduto, tradito dalle spie, in Firenze.

Egli doveva tornare da noi … e noi demmo il suo nome "Ciro Fabbroni" ad una nuova formazione.

Un Partigiano

I deportati di Campi Bisenzio

I deportati di Campi Bisenzio

di Fulvio Conti, 13-4-2007, Tutti i Diritti Riservati.

Questa storia si svolge nel comune di Campi Bisenzio (FI).

comune campi

Angiolino Collini

Nato a Campi Bisenzio il 23 ottobre 1913, deceduto a Linz il 13 maggio 1944. Numero 57068.

Fa parte degli operai della "Galileo" arrestati l’8 marzo 1944.

Bruno Paoletti

Nato a Campi Bisenzio l’8 giugno 1903, deceduto a Ebensee il 23 maggio 1945. Numero 57319.

Viene catturato l’8 marzo 1944 a Prato, dove stava lavorando in fabbrica.

Come gli altri è condotto a Firenze e poi deportato a Mauthausen.

Qui riesce a sopravvivere per ben dodici mesi dando tutto se stesso, ma alla fine, privo ormai di ogni forza e di capacità vitale, si abbandona inerme alla follia omicida nazista.

Carlo Nannucci

Nato a Campi Bisenzio il 16 gennaio 1925, deceduto a Mauthausen l’8 giugno 1944. Numero 57297.

La mattina dell’8 marzo 1944, Carlo rimane intrappolato in un rastrellamento, non riesce a scappare e viene fatto salire su un camion insieme agli altri fermati. Finisce nel campo di Mauthausen dove, secondo testimonianza di Raffaello Bacci, muore nel "Sanitatslager" l’8 giugno 1944 alle ore 7.10.

Il giovane campigiano al momento della morte ha solamente 19 anni.

Felice Assesi

Nato a Campi Bisenzio il 21 ottobre 1900, deceduto a Hartheim il 15 agosto 1944. Numero 56891.

Professione commrciante di polli, l’8 marzo si trova a Prato per motivi di lavoro quando viene catturato nel rastrellamento.

I suoi familiari vengono a conoscenza della deportazione da un biglietto che Felice lascia cadere alla stazione di Bologna con la sorprendente informazione sulla cattura e il viaggio intrapreso verso il nord. Il momento stabilito per la sua eliminazione fisica, registrata nelle carte del castello di Hartheim, è il giorno 15 agosto 1944. Nel 1945 un ex-deportato di Mauthausen, amico dell’Alessi, confida ai familiari: "Felice era un uomo di oltre cento chili, se lo aveste visto alla fine non lo avreste riconosciuto. E’ morto che aveva soltanto le ossa."

Gino Sugherelli

Nato a Campi Bisenzio il 10 giugno 1894, deceduto a Hartheim il 28 settembre 1944. Numero 57418.

Sugherelli abita a San Piero a Ponti e lavora alla Rifinizione Campolmi di Prato, l’8 marzo è catturato con i suoi compagni in seguito all’operazione effettuata dal maresciallo Giuseppe Vivo della milizia repubblichina.

Nel campo di Mauthausen Gino Sugherelli rimane fino al settembre 1944 quando viene improvvisamente trasferito all’Erholungsheim del castello di Hartheim, dove la sua morte è registrata il giorno 28.

Michele Ciampolini

Nato a Campi Bisenzio il 18 febbraio 1890, deceduto a Ebensee il 17 gennaio 1945. Numero 57052.

L’8 marzo viene catturato nella fabbrica dei fratelli Lucchesi a Prato, dove era addetto al reparto tranciatura. Michele viene trasferito il 25 marzo 1944 da Mauthausen al campo di Ebensee dove trova la morte alle ore 9.30 del 17 gennaio 1945 per "debolezza cardiaca acuta".

Nazzareno Capaccioli

Nato a Capalle il 29 luglio 1904, deceduto a Ebensee il 21 aprile 1944. Numero 57012.

Nazzareno non aderisce allo sciopero e decide di non recarsi al lavoro. In quei giorni un terribile bombardamento si abbatte su Prato. I fascisti lo bloccano in piazza delle Carceri e lo trasferiscono a Firenze. Nazzareno Capaccioli muore alle 7.00 del 21 aprile 1945 ad Ebensee.

Otello Mariotti

Nato a Capalle il 29 maggio 1889, deceduto a Ebensee il 12 dicembre 1944. Numero 57248.

Otello Mariotti lavora a Prato alla Rifinizione Campolmi, la mattina dell’8 marzo viene arrestato. Della vita trascorsa nel lager da Otello Mariotti racconta qualcosa ai familiari Gino Marchi, ex-deportato che muore poco dopo il suo ritorno a casa. Otello Mariotti esala il suo ultimo respiro il 12 dicembre 1944, ridotto in fin di vita dagli stenti e dalle sofferenze.

Parisio Signorini

Nato a Campi Bisenzio il 3 maggio 1906, deceduto a Ebensee il 23 maggio 1944. Numero 57410.

La sera del 7 marzo 1944 Paradisio, portiere del Lanificio Pecci di via Ferrucci a Prato, viene catturato dai repubblichini in piazza delle Carceri.

Parisio è internato il giorno 11 marzo nel campo di Mauthausen ed è in seguito trasferito al campo di sterminio di Ebensee, dove muore il 23 maggio 1944, alle 6.10 della mattina.

Raffaello Bacci

Nato a Campi Bisenzio il 29 giugno 1903, superstite, deceduto a Campi Bisenzio il 22 maggio 1969. Numero 56911.

La mattina dell’8 marzo, insieme agli altri dipendenti della ditta Campolmi di Prato viene catturato dal maresciallo Giuseppe Vivo e dai suoi agenti.

Inviato al campo di concentramento di Mauthausen viene trasferito il 25 marzo 1944 al comando di Ebensee. Nonostante le sofferenze e le atrocità subite il 23 giugno del 1945 Raffaello riesce a tornare a casa, stremato e fisicamente distrutto. Malgrado le molte cure cui si sottopone Raffaello Bacci muore per i postumi della deportazione nel maggio del 1969.

Tebaldo Franceschini

Nato a Capalle il 20 dicembre 1887, deceduto a Harheim il 4 ottobre 1944. Numero 57132.

Grande invalido della Prima Guerra Mondiale, lavora come operaio tessile nella fabbrica Campolmi di Prato. E’ arrestato dal maresciallo Giuseppe Vivo ed è inviato a Mauthausen. Poi, trovatosi allo stremo delle forze, viene mandato a morire nel castello di Hartheim, nel "convalescenzario" istituito appsta per sopprimere chi non è più in grado di lavorare. Tebaldo chiude gli occhi per sempre il 4 ottobre 1944.

Ugo Ballerini

Nato a Campi Bisenzio il 26 maggio 1899, deceduto a Ebensee il 21 giugno 1945. Numero 56918.

Uomo allegro e simpatico, viene trasferito dal campo madre di Mauthausen al sottocampo di Ebensee il 25 marzo 1944 e qui rimane fino alla liberazione, quando appare ormai psichicamente compromesso.

Muore il 21 giugno 1945 ed è sepolto nel cimitero "Steinkogel" di Ebensee, alla fila V, al numero 21.

La rappresaglia di Vallucciole

Le rappresaglie di Vallucciole

di David Irdani, 24-4-2010, Creative Commons – Attribuzione 3.0.

Nei primi giorni  di aprile un Ufficiale della Göring si reca a Stia per preparare un’azione di rastrellamento anti partigiano. L’11 di Aprile, a Molino di Bucchio, tre tedeschi in abiti civili si fingono americani evasi e desiderosi di unirsi ai gruppi  partigiani esistenti ed operativi sul territorio, senza riuscire tuttavia ad ottenere informazioni importanti. In una delle loro ricognizioni, la loro macchina viene fermata da un gruppo di partigiani fiorentini del distaccamento Garibaldi “Faliero Pucci”, più notoriamente conosciuto come Stella Rossa: lo scontro a fuoco che ne segue porta alla morte di due di loro e al ferimento del terzo che riesce a fuggire.

Il giorno successivo, il superstite guida un gruppo di suoi commilitoni al recupero delle salme e ad una prima rappresaglia che si conclude con l’incendio di alcune case e con il fermo di due ragazze, poi scarcerate dopo un interrogatorio in carcere a Firenze.
All’alba del 13 aprile, i reparti della Göring iniziano un massacro indiscriminato. La rappresaglia dei tedeschi farà contare 14 vittime a Giuncheto, 6 a Molino di Bucchio, 1 a Santa Maria, 1 al Molinuzzo, 12 donne e 4 bambini a Serelli (dove gli uomini vengono arrestati e usati per il  trasporto delle pesanti casse di munizionamento), 15 a Vallucciole più 2 uomini fra gli ostaggi, 2 nelle fattorie della Campanna e della Canonica, 26 a Monte di Chianni più uno dei prigionieri, anziano e deceduto durante il trasporto. A Moianno, nello stesso momento, altri reparti uccidono e sequestrano un gruppo di donne: una ragazza viene violentata e una donna uccisa. Un’altra donna viene ferita in un tentativo di fuga, raggiunta da un milite tedesco, stuprata e  uccisa.
Dopo aver seminato morte e distruzione, i reparti prendono la direzione del Monte Falterona per un’azione contro i partigiani, portandosi dietro gli ostaggi arrestati nel percorso. Scendendo nuovamente verso Molino di Bucchio, 4 prigionieri sono rilasciati e fucilati alle spalle mentre si allontanano; i restanti 14 fanno la stessa fine.

Dalle conclusioni degli inquirenti inglesi e della Corte di Assise Straordinaria di Arezzo, sembra emergere l’assenza di reparti della locale GNR dalla scena del massacro.

Le unità tedesche che prendono parte al rastrellamento sono la 2, la 3 e la 4 compagnia del reparto esplorante della Divisione Göring.