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Walt Whitman O Capitano! mio Capitano!

Walt Whitman

O Capitano! mio Capitano!

O Capitano! mio Capitano! il nostro viaggio tremendo è finito,
La nave ha superato ogni tempesta, l’ambito premio è vinto,
Il porto è vicino, odo le campane, il popolo è esultante,

Gli occhi seguono la solida chiglia, l’audace e altero vascello;
Ma o cuore! cuore! cuore!
O rosse gocce sanguinanti sul ponte
Dove è disteso il mio Capitano
Caduto morto, freddato.

O Capitano! mio Capitano! alzati e ascolta le campane; alzati,
Svetta per te la bandiera, trilla per te la tromba, per te
I mazzi di fiori, le ghirlande coi nastri, le rive nere di folla,
Chiamano te, le masse ondeggianti, i volti fissi impazienti,
Qua Capitano! padre amato!
Questo braccio sotto il tuo capo!
É un puro sogno che sul ponte
Cadesti morto, freddato.

Ma non risponde il mio Capitano, immobili e bianche le sue labbra,
Mio padre non sente il mio braccio, non ha più polso e volere;
La nave è ancorata sana e salva, il viaggio è finito,
Torna dal viaggio tremendo col premio vinto la nave;
Rive esultate, e voi squillate, campane!
Io con passo angosciato cammino sul ponte
Dove è disteso il mio Capitano
Caduto morto, freddato

Walt Whitman – Noi due ragazzi che stretti ci avvinghiamo

Walt Whitman

Noi due ragazzi che stretti ci avvinghiamo

Noi due ragazzi che stretti ci avvinghiamo,

mai che l’uno lasci l’altro,

sempre su e giù lungo le strade, compiendo escursioni a Nord e a Sud,

godiamo della nostra forza, gomiti in fuori, pugni serrati,

armati e senza paura, mangiamo, beviamo, dormiamo, amiamo,

non riconoscendo altra legge all’infuori di noi,

marinai, soldati, ladri, pronti alle minacce,

impauriamo avari, servi e preti, respirando aria,

bevendo acqua, danzando sui prati o sulle spiagge,

depredando città, disprezzando ogni agio, ci beffiamo delle leggi,

cacciando ogni debolezza, compiendo le nostre scorrerie.

Edgar Lee Masters – La collina

Edgar Lee Masters

La collina

Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley,

l’abulico, l’atletico, il buffone, l’ubriacone, il rissoso?
Tutti, tutti, dormono sulla collina.

Uno trapassò in una febbre,

uno fu arso in miniera,
uno fu ucciso in rissa,
uno morì in prigione,
uno cadde da un ponte lavorando per i suoi cari –
tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.

Dove sono Ella, Kate, Mag, Edith e Lizzie,

la tenera, la semplice, la vociona, l’orgogliosa, la felice?

Tutte, tutte, dormono sulla collina.

Una morì di un parto illecito,

una di amore contrastato,
una sotto le mani di un bruto in un bordello,
una di orgoglio spezzato, mentre anelava al suo ideale,
una inseguendo la vita, lontano, in Londra e Parigi,
ma fu riportata nel piccolo spazio con Ella, con Kate, con Mag –
tutte, tutte dormono, dormono, dormono sulla collina.

Dove sono zio Isaac e la zia Emily,

e il vecchio Towny Kincaid e Sevigne Houghton,
e il maggiore Walker che aveva conosciuto
uomini venerabili della Rivoluzione?
Tutti, tutti, dormono sulla collina.

Li riportarono, figlioli morti, dalla guerra,

e figlie infrante dalla vita,
e i loro bimbi orfani, piangenti –
tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.

Dov’è quel vecchio suonatore Jones

che giocò con la vita per tutti i novant’anni,fronteggiando il nevischio a petto nudo,
bevendo, facendo chiasso, non pensando né a moglie né a parenti,
né al denaro, né all’amore, né al cielo?
Eccolo! Ciancia delle fritture di tanti anni fa,
delle corse di tanti anni fa nel Boschetto di Clary,
di ciò che Abe Lincoln
disse una volta a Springfield.

Sylvia Plath – Papà Bastardo

Sylvia Plath

Papà Bastardo

Non servi, non servi più,
O nera scarpa, tu
In cui trent’anni ho vissuto
Come un piede, grama e bianca,
Trattenendo respiro e starnuto.

Papà, ammazzarti avrei dovuto.
Ma tu sei morto prima che io
Ci riuscissi, tu greve marmo, sacco pieno di Dio,
Statua orrenda dal grigio alluce
Grosso come una foca di Frisco

E un capo nell’Atlantico estroso
Al largo di Nauset laggiù
Dove da verde diventa blu.
Un tempo io pregavo per riaverti.
Ach, du.

In tedesco, in un paese
Di Polonia al suolo spianato
Da guerre, guerre, guerre.
Ma il paese ha un nome molto usato.
Un mio amico polacco

Mi dice che ce n’è un sacco.
Cosi non ho mai saputo
Dov’eri passato o cresciuto.
Mai parlarti ho potuto.
Mi si incollava la lingua al palato.

Mi s’incollava a un filo spinato.
Ich, ich, ich, ich,
Non riuscivo a dir più di così.
Per me ogni tedesco era te.
E quell’idioma osceno

Era un treno, un treno che
Ciuff-ciuff come un ebreo portava via me.
A Dachau, Auschwitz, Belsen.
Da ebreo mi mettevo a parlare.
E lo sono proprio, magari.

Le nevi del Tirolo, la birra chiara di Vienna
Non sono molto pure o sincere.
Per la mia ava zingara e fortunosi sbocchi
E il mio mazzo di tarocchi e il mio mazzo di tarocchi
Qualcosa di ebreo potrei avere.

Ho avuto sempre terrore di Te,
Con la tua Luftwaffe, il tuo gregregrè.
E il tuo baffo ben curato
E l’occhio ariano d’un bel blu
Uomo-panzer, panzer O Tu –

Non un Dio ma svastica nera
Che nessun cielo ci trapela.
Ogni donna adora un fascista,
Lo stivale in faccia e il cuore
Brutale di un bruto a te uguale.

Tu stai alla lavagna, papà,
Nella foto che ho di te,
Biforcuto nel mento anziché
Nel piede, ma diavolo sempre,
Sempre uomo nero che

Con un morso il cuore mi fende.
Avevo dieci anni che seppellirono te.
A venti cercai di morire
E tornare, tornare a te.
Anche le ossa mi potevano servire.

Ma mi tirarono via dal sacco,
Mi rincollarono i pezzetti.
E il da farsi così io seppi.
Fabbricai un modello di te,
Uomo in nero dall’aria Meinkampf,

E con il gusto di torchiare
E io che dicevo sì, sì.
Papà, eccomi al finale.
Tagliati i fili del nero telefono
Le voci più non ci possono miagolare.

Se ho ucciso un uomo, due ne ho uccisi –
Il vampiro che diceva esser te
E un anno il mio sangue bevé,
Anzi sette, se tu
Vuoi saperlo. Papà, puoi star giù.

Nel tuo cuore c’è un palo conficcato.
Mai i paesani ti hanno amato.
Ballano e pestano su di te.
Che eri Tu l’hanno sempre saputo.
Papà, papà, bastardo, ho finito.

Genevieve Taggard – (USA) Ai veterani della Brigata Abramo Lincoln

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Genevieve Taggard
(USA)
Ai veterani della Brigata Abramo Lincoln

Dite pure di loro
che non conoscevano lo spagnolo
i primi giorni, e nulla dell’arte della guerra
i primi giorni
come sparare, come attaccare, come ritirarsi,
come uccidere, come andare incontro alla morte
i primi giorni.
Dite pure che conservarono l’aria azzurra
brontolando e lamentandosi,
secche parole e volti aspri. Dite pure
ch’erano giovani;
gli sparuti nella trincea, i morti sul pendio d’olivi
tutti giovani. E i magri, i malati e gli sbranati,
ciechi, negli ospedali, tutti giovani.
Dite pure di loro ch’erano giovani, molte cose non le
[conoscevano,
erano uomini come gli altri. Dite tutto; è vero. Dite
[pure ora
che quando il personaggio eminente, l’importante, il
[benestante, il vecchio,
erano occupati a disputare e a vendere,
tradire, tacere nell’omertà, spaccare il capello in quattro,
scrivere brutti articoli, firmare su cattivi giornali,
mandare conti falsi,
corrompere, ricattare,
piagnucolare, opprimere, strangolare, — essi
seppero e agirono
compresero e morirono.

0, se non morirono, tornarono e trovarono una pace
Che non è non è pace. Dite pure di loro
che non sono piú giovani, non hanno più appreso
le furbizie, gli espedienti della pace, di questa pace, i
[trucchi della paura;
e dite pure che ciò che sapevano, tuttora sanno.
E ciò che osarono, osano tuttora.

Langston Hughes – Il seme del domani

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Langston Hughes
(USA)
Il seme del domani

Orgogliosi stendardi di morte
vedo ondeggiare,
là contro il cielo,
conficcati nella terra di Spagna
dove giacciono i vostri corpi scuri
inerti e abbandonati –
cosi pensano quelli
che non sanno
che dalla vostra morte
spunterà nuova vita.
Già: vi sono alcuni che non possono vedere
le poderose radici della liberazione
urgere dalle tenebre
per esplodere in una fiamma
in un milione di stelle
di cui una ha il tuo nome:
Uomo
che in terra di Spagna sei caduto:
seme umano
perché nasca libertà.

Langston Hughes – Eroica Brigata Internazionale

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Langston Hughes
(Usa)
Eroica Brigata Internazionale

Il sangue,
o una bandiera,
o una fiamma,
o la vita stessa
sono forse tutt’uno
come il nostro sogno?
Sono accorso. Dietro di me un oceano
E mezzo continente.
Frontiere,
e montagne alte all’orizzonte,
e governi che mi dicevano NO,
NON PUOI ANDARE!
Sono accorso.
Sulle frontiere splendenti di domani
ho deposto la forza e la saggezza
dei miei anni.
Non molta,
giovane come sono.
(Ero giovane,
è forse meglio dire,
ché adesso sono morto.)
*
Ma fossi vissuto cent’anni
la vita non avrebbe potuto
avere termine migliore.
Ho dato ciò che desideravo
E quanto avevo da dare
perché altri vivessero.
*
E quando le pallottole
m’hanno spezzato il cuore,
e il sangue m’è salito a fiotti in gola
mi chiesi s’era sangue
che a fiotti arrivava.
O era una fiamma rossa?
Oppure soltanto la mia morte
che si mutava in vita?
Sono tutt’uno:
il nostro sogno,
la mia morte,
la tua vita,
il nostro sangue,
un’unica fiamma.
Sono tutt’uno!

Genvieve Taggard – Ai veterani della Brigata Abramo Lincoln

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Genevieve Taggard
(USA)
Ai veterani della Brigata Abramo Lincoln

Dite pure di loro
che non conoscevano lo spagnolo
i primi giorni, e nulla dell’arte della guerra
i primi giorni
come sparare, come attaccare, come ritirarsi,
come uccidere, come andare incontro alla morte
i primi giorni.
Dite pure che conservarono l’aria azzurra
brontolando e lamentandosi,
secche parole e volti aspri. Dite pure
ch’erano giovani;
gli sparuti nella trincea, i morti sul pendio d’olivi
tutti giovani. E i magri, i malati e gli sbranati,
ciechi, negli ospedali, tutti giovani.
Dite pure di loro ch’erano giovani, molte cose non le
[conoscevano,
erano uomini come gli altri. Dite tutto; è vero. Dite
[pure ora
che quando il personaggio eminente, l’importante, il
[benestante, il vecchio,
erano occupati a disputare e a vendere,
tradire, tacere nell’omertà, spaccare il capello in quattro,
scrivere brutti articoli, firmare su cattivi giornali,
mandare conti falsi,
corrompere, ricattare,
piagnucolare, opprimere, strangolare, — essi
seppero e agirono
compresero e morirono.

0, se non morirono, tornarono e trovarono una pace
Che non è non è pace. Dite pure di loro
che non sono piú giovani, non hanno più appreso
le furbizie, gli espedienti della pace, di questa pace, i
[trucchi della paura;
e dite pure che ciò che sapevano, tuttora sanno.
E ciò che osarono, osano tuttora.

Bob Dylan – Per sempre giovane

Bob Dylan

Per sempre giovane
Possa Dio benedirti e proteggerti sempre

possano tutti i tuoi desideri diventare realtà
possa tu sempre fare qualcosa per gli altri
e lasciare che gli altri facciano qualcosa per te
possa tu costruire una scala verso le stelle
e salirne ogni gradino
possa tu restare per sempre giovane
per sempre giovane per sempre giovane
possa tu restare per sempre giovane.

*

Possa tu crescere per essere giusto
possa tu crescere per essere sincero
possa tu conoscere sempre la verità
e vedere le luci che ti circondano
possa tu essere sempre coraggioso
stare eretto e forte
e possa tu restare per sempre giovane
per sempre giovane per sempre giovane
possa tu restare per sempre giovane.

*

Possano le tue mani essere sempre occupate
possa il tuo piede essere sempre svelto
possa tu avere delle forti fondamenta
quando i venti del cambiamento soffiano
possa il tuo cuore essere sempre gioioso
possa la tua canzone essere sempre cantata
possa tu restare per sempre giovane
per sempre giovane per sempre giovane
possa tu restare per sempre giovane.

Ben Maddow (USA) Fortificazioni

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Ben Maddow
(USA)
Fortificazioni

Cielo bianco, e luce di luna splendida nei nostri occhi;
abbracciati presso l’albero, contorti, ci baciammo,
sperduti nel nostro ardente immaginoso amore.
*
Poi nel mattino celeste la luna si fa calma e trasparente;
e noi andiamo al lavoro, parlando dolcemente o sorridendo,
*
scrivendo in libertà, e il pensiero si muove tra i fogli
come un uccello familiare; oppure guarda, o interroga;
il viso di ciascuno è illuminato come da temi d’amore.
*
E allora: ma la radio gioiosa cessa la musica,
l’orologio continua i suoi semplici secondi, e le mani
ci crollano a metà del pranzo: — che è stato?
E sentiamo il brivido raccapricciante del disastro.

Leggevamo ad alta voce in una stanza della città e
[arrivavano
le notizie straordinarie a mezzanotte come un violento
anche noi, talvolta, dobbiamo, si, dobbiamo
[batticuore:
piazzare i fucili sulle soglie di marmo dell’università;
e i nostri amici, morti; e i fascisti attestati nel manicomio;
e gli occhi pallidi dei nostri uomini; e l’amara ritirata;
la difesa dello spiazzo d’erba bruciata nel parco;
*
E quella notte le facce spaccate, le bende nere di ferite,
i vivi che lentamente muovevano indietro, trincerati dietro
[i sassi, oltre i ruscelli,
maledicendo la luna fatale che porta bombardamenti.
*
Si, ci baciammo, presso quest’albero, che i proiettili ricercano
minuto per minuto, che potrebbero trovare e distruggere.
O città al di là di un oceano, Yenan, Ciungking, con
[acciaio scuro difendetevi)
E tu, capitale del nostro mondo,
Madrid, Madrid! — le tue vaste trincee tengono
la morte lontana dall’amore; e se resistono, fanno salvi
i nostri alberi, i nostri porti, e la nostra felicità.