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George Forestier – Oltre il confine

George Forestier
Oltre il confine
Padre e madre:
La France et l’Allemagne
vite e abete
nel mio sangue congiunti.

Attraverso il cuore
brucia il putrido confine
attraverso il cuore
vanno Senna e Reno.

Passo per gli anni
di campi martoriati,
ponti saltati
piangono nel vento.

Chi caccia gli avvoltoi
dalla siepe dei miei sogni ?
Chi chiude le ferite
nella neve innocente?

Io guardo
nelle tempie aperte del cielo.
Assaporo il sale
nelle voci della notte.

Chi toglie ai miei morti
la brina delle spine?
Chi spiana dalla fronte
delle tombe il terrore?

Amatissima terra
padre e madre
perché solo la morte,
forca e nostalgia,
perché solo la morte
vi unirà?

Paul Celan – Schibbolet

Paul Celan
Schibbolet

Assieme alle mie pietre,
nutrite con il pianto
dietro le sbarre,
mi strascinarono
al centro del mercato,
là dove
si dispiega la bandiera
cui io non prestai giuramento.
Flauto,
doppio flauto della notte:
pensa all’oscuro
gemello rosseggiare
a Vienna e Madrid.
Metti a mezz’asta la tua bandiera,
memoria.
A mezz’asta
per oggi e per sempre.
Cuore:
fatti conoscere anche qui,
qui, al centro del mercato.
Gridalo, lo Schibboleth,
nella patria estraniata:
Febbraio. No pasaran.
Einhorn:
tu ben conosci le pietre,
ben conosci le acque,
vieni,
io ti porto laggiù,
ti porto alle voci
di Estremadura.

Louis Aragon – La rosa e la reseda

Louis Aragon
La rosa e la reseda
 
Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Entrambi adoravano la bella prigioniera dei soldati
Colui che saliva sulla scala e colui che aspettava in basso
*
Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Che importa come si chiama questa chiarezza sui loro passi
Che uno fosse di chiesa e l’altro si defilasse
*
Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Entrambi erano fedeli nelle labbra nel cuore nelle braccia
Ed entrambi dicevano che essa viva e chi vivrà vedrà
*
Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Quando il grano è sotto la grandine è pazzo chi fa il difficile
E’ pazzo colui che si occupa dei suoi litigi nel cuore della lotta comune
*
Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Dall’alto della cittadella la sentinella sparò
per due volte e l’uno cancella l’altra tomba che morirà
*
Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Sono in prigione l’uno ha il più triste giaciglio
L’uno più dell’altro si congela, l’altro preferisce i topi
*
Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Un ribelle è un ribelle due singulti fanno un solo rintocco funebre
E quando viene l’alba crudele passano dalla vita al trapasso
*
Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Ripetendo il nome di colei che nessuno dei due sbagliò
E il loro sangue gronda con uno stesso colore con uno stesso scoppio
*
Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
Gronda, gronda, si mescola alla terra che amò
Affinché alla nuova stagione maturi un’uva moscata
*
Colui che credeva al cielo e colui che non ci credeva
L’unico corre e l’altro ha delle ali della Bretagna o del Jura
E lampone o mirabella il grillo canterà di nuovo
dite flauto o violoncello il doppio amore che bruciò
l’allodola e la rondine la rosa e la reseda.

Complaint" del partigiano

"Complaint" del partigiano
Canto di riferimento: Complainte du partisan

I tedeschi sono stati da me
mi hanno detto: arrenditi,
ma io non potevo
e ho ripreso le armi.
*
Nessuno mi chiese
da dove vengo e dove vado,
voi che lo sapete
cancellate il mio passaggio.
*
Ho cambiato cento volte nome
ho perso compagna e bambini,
ma ho molti amici
e ho la Francia intera.
*
Un vecchio in un granaio
ci nascose per la notte,
i tedeschi l’han preso
morì senza sorprendersi.
*
Ancor ieri eravamo in tre,
oggi non resto che io
a girare attorno
nella prigione delle frontiere.
*
Il vento soffia sulle tombe
la libertà ritorna,
ci dimenticheranno
e saremo di nuovo nell’ombra.

Oradour sur Glane, la Marzabotto francese

Oradour sur Glane, la Marzabotto francese

Oradour sur Glane, luogo di un atroce massacro, è una delle più tremende testimonianze degli orrori della seconda guerra mondiale.

Oradour sur Glane si trova a venti chilometri a nord-ovest di Limoges, nella regione Limousin, dipartimento Haute-Vienne. Seicentoquarantadue furono le vittime del massacro operato da SS tedesche, uomini, donne e bambini: tra di loro anche una famiglia di contadini italiani, composta di sette persone

La strage fu operata da un distaccamento del 1° battaglione del 4° reggimento dei Panzergrenadier Der Führer, appartenente alla Panzedivision Das Reich delle Waffen-SS. È il più grande massacro di civili commesso in Francia dall’esercito tedesco, il 10 giugno 1944, assai simile a quello di Marzabotto in Italia o di Distomo in Grecia.

Con lo sbarco degli Alleati in Normandia, il 6 giugno 1944, i partigiani del Limousin intensificano le operazioni di sabotaggio e di disturbo per ostacolare i movimenti delle truppe tedesche.

Il 10 giugno, la 2a SS Panzerdivision Das Reich (15.000 uomini a bordo di 1.400 mezzi di trasporto, tra cui 209 carri armati, al comando del generale SS Lammerding, arriva a Limoges.

A una ventina di chilometri da Limoges, Oradour, in questa prima metà del XX secolo, é un villaggio di mercato. Il sabato, molti abitanti di Limoges vengono a fare le loro provviste, utilizzando il tram che collega Oradour alla città in circa mezz’ora.

Nel 1936, nel territorio del comune di Oradour si contavano 1574 abitanti, di cui 330 risiedevano nel borgo. Politicamente il comune era schierato chiaramente a sinistra, con una predominanza del partito socialista, soprattutto dopo le elezioni del 1935 in cui i partiti di destra avevano perso la loro rappresentanza in Consiglio comunale. I parlamentari eletti nell’Haute-Vienne, tutti socialisti, avevano votato all’unanimità i pieni poteri al maresciallo Pétain, il 10 luglio 1940, ad eccezione di Léon Roche, eletto nella circoscrizione che comprende Oradour.

Dal 1939 al 1944, la popolazione di Oradour era aumentata per l’arrivo di rifugiati, arrivati prima in tre ondate successive, poi in modo costante. All’inizio del 1939 erano arrivati dei repubblicani spagnoli, sconfitti dal franchismo, anarchici, comunisti e socialisti, di cui 22 erano ancora presenti alla fine del 1943. Nel settembre 1939 era stata la volta delle popolazioni evacuate dall’Alsazia, che fuggivano dalla guerra, ma non tanto bene accolte, la maggior parte avevano preso la via del ritorno nell’estate del 1940. La terza ondata era costituita da un‘ottantina di persone espulse dalla Lorena, che non nutrivano alcuna speranza di tornare ai loro paesi. Infine, a partire dalla sconfitta della Francia, arrivano, poco a poco, dei rifugiati provenienti dal Nord, dal Pas-de-Calais, da Montpellier e da Avignone, degli ebrei provenienti dalla regione parigina, dalla Meurthe-et-Mosella o da Bayonne. Nel giugno 1944, Oradour conta un migliaio di abitanti, essenzialmente in seguito a questo afflusso di rifugiati.

La presenza tedesca nella regione ha avuto inizio nel 1942, quando i tedeschi hanno invaso la zona libera della Francia, e, nella primavera del 1944, l’occupazione non sembra essere opprimente.

Non c’erano partigiani a Oradour-sur-Glane o negli immediati dintorni, come risulta dalle testimonianze unanimi degli abitanti, suffragate dai rapporti dell’amministrazione di Vichy e dai principali capi della Resistenza della regione. Oradour-sur-Glane non figura sui documenti dei partigiani ritrovati dalla Gestapo a Limoges. I partigiani più vicini alla località erano quelli dei monti di Bloud. Costituita da sei compagnie di FTP, questa era la più potente formazione di resistenza dell’ Haute-Vienne, dopo quella del comunista George Guingomin, ad est di Limoges. Due di queste compagnie, a circa otto chilometri da Oradour, erano dislocate nei boschi dei comuni vicini. Ad ovest, alla stessa distanza, vi erano altre formazioni di partigiani FTP. Al ritorno da Saint Junien, un paese a tredici chilometri a sud ovest di Oradour, Albert Morablou, fotografo clandestino dei movimenti uniti della Resistenza (MUR) di Limoges, venne arrestato e ucciso a Oradour.

L’esistenza di questi gruppi era nota agli abitanti di Oradour, alcuni dei quali era dei fiancheggiatori dei partigiani, che potevano essere mobilizzati in caso di necessità.

Alla fine di maggio 1944, l’Oberkommando della Wehrmacht (OKW) nota una «forte crescita dell’attività dei movimenti di resistenza nel sud della Francia, particolarmente nelle regioni di Clermont Ferrand e di Limoges e l’annuncio di numerosi reclutamenti nell’esercito segreto». Ciò è confermato dalla relazione del prefetto regionale di Limoges, che nota la moltiplicazione delle azioni della Resistenza: 593 in marzo, 682 in aprile e 1098 in maggio

L’8 e il 9 giugno, in scontri tra partigiani e soldati tedeschi, il comandante Helmut Kämpfe, responsabile di numerosi soprusi, viene catturato e ucciso insieme ad un altro ufficiale, il tenente Karl Gerlach.

La divisione SS Das Reich

All’inizio del 1944, dopo aver subito pesanti perdite sul fronte orientale, la 2a divisione blindata SS Das Reich viene trasferita nella regione di Montauban per essere riformata in previsione di uno sbarco alleato in qualche zona del fronte occidentale. É formata da 18.000 uomini, con l’appoggio di blindati leggeri e carri armati. I suoi membri sono impregnati di ideologia nazional-socialista: hanno combattuto sul fronte orientale, si considera un’unità militare d’elite e a già partecipato ad azioni antipartigiane.

All’indomani dello sbarco in Normandia, la divisione riceve l’ordine di posizionarsi nella regione tra Tulle e Limoges per contrastare i partigiani che, dopo l’annuncio dello sbarco alleato, hanno intensificato le azioni di sabotaggio e di disturbo delle guarnigioni tedesche.

La lotta antipartigiana è regolata da ordini emessi, dopo l’intervento personale di Hitler; sono conosciuti come “ordinanza di Speerle”, dal nome del maresciallo aggiunto all’alto comando dell’Ovest. Stabiliscono che la truppa é tenuta a ribattere immediatamente agli atti terroristici, rispondendo al fuoco e, se dei civili innocenti sono coinvolti, la responsabilità ricade esclusivamente sui terroristi. Le zone devono essere circondate, tutti gli abitanti, qualunque essi siano, devono essere arrestati; le abitazioni che hanno dato rifugio ai partigiani devono essere incendiate. L’ordinanza prosegue precisando che «verrà punito il comandante che mancando di fermezza e di risolutezza mette in pericolo la sicurezza delle truppe che sono ai suoi ordini e l’autorità dell’esercito tedesco». Questa volontà di inasprire la repressione contro la Resistenza è condivisa dal maresciallo Wilhelm Keitel, che dà l’ordine, nel marzo del 1944, di fucilare i partigiani catturati con armi alla mano e di non consegnarli ai tribunali.

Tra l’inizio di maggio e il 9 giugno 1944, la divisione, e in modo particolare il reggimento Der Führer, effettua, in base alle direttive del controspionaggio, numerose missioni alla ricerca di basi e di depositi dei partigiani, ed operazioni di risposta ad azioni della Resistenza. Nel corso di queste operazioni, circa sessanta partigiani sono uccisi e venti inviati nei campi di concentramento; un centinaio di civili vengono uccisi in varie circostanze e un migliaio deportati in Germania. Più di cento abitazioni sono incendiate.

L’8 giugno 1944, due reggimenti dei Panzergrenadier accerchiano la regione di Limoges per preparare il posizionamento della divisione nel settore, per far cessare le azioni partigiane. Il 1o battaglione del 4o reggimento Der Führer, agli ordini del comandante Adolf Diekmann, è impegnato nei pressi di Saint Junien, a 12 chilometri da Oradour. Per far venir meno il sostegno della popolazione ai partigiani e far diminuire la loro attività per timore di rappresaglie, le SS preparano un’azione mirante a produrre terrore. I motivi della scelta della località di Oradour per questa azione sono oscuri e controversi, per la scomparsa dei testimoni e la mancanza di documenti.

Verso le ore 13,30 del 10 giugno 1944, due colonne lasciano Saint Junien; la più importante delle due è composta da 8 camion, due blindati cingolati e un motociclista di collegamento. Prendono la direzione di Oradour sur Glane. É comandata dal Sturmbaunführer Adolf Diekmann, che si mette alla testa del convoglio a bordo di un blindato. Tre squadre della 3a compagnia, alle quali si aggiungono le squadre comando della compagnia e del battaglione, per un totale di cento uomini muniti di armi leggere – fucili, granate, mitragliatrici, fucili lanciafiamme e lanciagranate – oltre ad una squadra di mitragliatrici pesanti, si dirigono verso Oradour. Al momento della partenza, il comandante della 1a squadra, Heinz Barth, dichiara: «i mette male; vedremo quello che sono capaci di fare gli Alsaziani».

Un chilometro prima del villaggio, la colonna si ferma per la suddivisione dei compiti tra ufficiali e sottoufficiali. Un primo gruppo, composto tra i cinque e gli otto veicoli, entra nel borgo da est, passando sul ponte del Glane, verso le ore 13,45, secondo la testimonianza di Clément Boussodier, che assiste al passaggio dei camion. Questo spiegamento di forze non suscita alcun panico, ne apprensione particolare: benché il farmacista ed altri commercianti abbassino le saracinesche, il parrucchiere si reca ad acquistare del tabacco, mentre un suo aiutante si occupa di un cliente. Diversi abitanti del borgo, che praticamente non avevano mai visto di tedeschi, osservano l’arrivo delle SS con curiosità. Altri invece si danno alla fuga o cercano di nascondersi.

Il comandante Adolf Diekmann, insediato in municipio, convoca il dottor Desourteaux, presidente della speciale delegazione designata dal regime di Vichy, che fa le veci del sindaco: gli ordina di far riunire la popolazione nella piazza del mercato. Un banditore, attraversa le vie del borgo, avvertendo gli abitanti e le persone di passaggio, numerose in ragione di una distribuzione di carne e di tabacco. Le SS costringono gli abitanti della periferia a recarsi in centro. Il rastrellamento è sistematico ed interessa anche le quattro scuole comunali, 191 bambini, due maestri e tre maestre. Benché sia sabato pomeriggio, i bambini sono invitati a recarsi a scuola con la motivazione di una visita medica. Nel giro di un’ora, tutti gli scolari e gli insegnanti sono riuniti nelle scuole. Coloro che tentano di fuggire o che non possono muoversi sono immediatamente ammazzati.

Verso le 14,45 un Waffen-SS alsaziano traduce agli uomini riuniti nel piazzale l’ordine del comandante Diekmann: le SS hanno sentito parlare di un nascondiglio di armi e munizioni a Oradour; chiedono a coloro che posseggono un’arma di fare un passo in avanti. Minaccia di incendiare tutte le case per far saltare il deposito clandestino. Di fronte a nessuna reazione, l’ufficiale chiede al sindaco di scegliere trenta ostaggi, ma questi risponde di non poter soddisfare la richiesta: assicura che gli abitanti non sono a conoscenza di un tale deposito di armi e garantisce per loro. Secondo un sopravvissuto, Robert Hébras, di anni diciotto, dopo un va e vieni in municipio del comandante e del sindaco, quest’ultimo conferma il suo rifiuto e si offre come ostaggio, e all’occorrenza, lo stesso faranno i suoi più stretti familiari. A questa proposta, l’ufficiale ride e lancia accuse. Verso le ore 15, le donne e i bambini vengono condotti in chiesa tra scene strazianti. L’interprete ripete la richiesta di denuncia: «Mentre noi facciamo delle perquisizioni, vi raduniamo nei fienili. Se conoscete qualcuno di questi depositi, siete pregati di indicarceli». Dopo un’ora di attesa, gli uomini vennero condotti in diversi locali occupati dalle SS.

Verso le ore 15,40 arriva un tram da Limoges con tre impiegati a bordo: viene fermato poco prima del ponte sul Glane e gli viene impedito ogni movimento con una zeppa sotto le ruote. Uno degli impiegati scende dal tram mentre stanno transitando un gruppo di uomini rastrellati nei casolari circostanti il borgo, controllati da alcuni soldati. Viene immediatamente ucciso e il suo corpo viene gettato nel fiume. Gli altri due, portati davanti ad un ufficiale; gli vengono controllati i documenti e viene ordinato loro di risalire sul tram e tornare a Limoges.

Il massacro

180 tra uomini e giovani al di sopra dei quattordici anni, a gruppi di 30, vengono condotti in sei luoghi di esecuzione. Le mitragliatrici si scatenano verso le ore 16. I corpi vengono poi ricoperti di fieno, di paglia e di fascine a cui viene appiccato il fuoco. Nel gruppo di cui faceva parte il sindaco, sei riescono a fuggire, uno viene subito freddato da una sentinella. I cinque fuggitivi sono gli unici sopravvissuti alla strage.

Le SS che non che non partecipano al macello, quattro o cinque di ogni plotone, attraversano il villaggio dedicandosi a ruberie: gioielli, soldi, vestiti, biciclette, animali. Dopo i furti, le case vengono sistematicamente incendiate. Alcuni abitanti che si erano nascosti sfuggendo al rastrellamento, scoperti durante le ruberie o nel tentativo di scappare dai loro rifugi a causa degli incendi, vengono massacrati. Sentendo i colpi di arma da fuoco, alcuni genitori residenti in periferia, preoccupati per i bambini che non erano ancora ritornati da scuola, si recano nel centro di Oradour, dove vengono uccisi.

Tra le 350 donne rinchiuse nella chiesa, solo Marguerite Rouffanche, di 47 anni, riesce a scappare. La sua testimonianza è unica, ma è suffragata anche dalle deposizioni di alcune SS durante il processo svoltosi a Bordeaux nel dopoguerra. Feritasi durante la fuga, viene ricoverata in ospedale, dove racconta tutto ciò che ha visto e vissuto a un membro della Resistenza, Pierre Poitevin. Il 13 giugno, anche il prefetto di Limoges raccoglie la sua testimonianza e redige un documento: il testo viene ripreso in una nota del 13 luglio del segretario di Stato alla difesa, inviata alla Commissione d’Armistizio franco tedesco di Wiesbaden.

Dopo 18 ore dal massacro, un ingegnere, Jean Pallier, arrivò in camion in vista di Oradour. Viene fermato con i suoi compagni di viaggio a 300 metri dall’ingresso del villaggio. Viene poi raggiunto dai passeggeri del tram arrivato da Limoges con alcuni abitanti di Oradour. Tentando di raggiungere il borgo attraverso i campi, Jean Pallier constata che la località é completamente circondata da un cordone di truppe armate. Un gruppo di una quindicina di persone viene arrestata verso le ore 20 e, dopo diversi controlli d’identità, rilasciati con l’ordine di allontanarsi dal villaggio. Un sottoufficiale, che parla correttamente il francese, dichiara ai componenti del piccolo gruppo: «Potete ritenervi fortunati».

Il massacro é terminato.

Ad eccezione di una squadra di guardia, le SS lasciano Oradour tra le 21 e le 22,30. Le SS passarono la notte nella casa Dupic, nella quale saranno trovate più di centinaia di bottiglie di vino invecchiato e di champagne, svuotate di recente.

L’11, poi il 12 giugno, gruppi di SS ritornano a Oradour per seppellire i cadaveri e per rendere impossibile l’identificazione, pratica usuale sul fronte orientale. Jean Pallier è stato una delle prime persone ad entrare a Oradour: «Tutti gli edifici, compresa la chiesa, le scuole, il municipio, la posta, la casa dove abitava la mia famiglia, non erano che delle rovine fumanti».

Nella serata dell’11 giugno o nella giornata del 12, il sottoprefetto di Rochechonart, arrivò ad Oradour: «Non ho trovato che dei resti fumanti e mi son reso conto che non erano necessari soccorsi immediati». Il 13 il prefetto regionale di Limoges ottiene l’autorizzazione delle autorità tedesche di recarsi ad Oradour, insieme al vescovo. Nel rapporto che invia il 15 giugno a Vichy, benché il prefetto riprenda la versione delle SS secondo a quale l’operazione era seguita alla cattura di un ufficiale, tiene a «sottolineare che il villaggio di Oradour sur Glane era uno dei comuni più tranquilli del dipartimento e che i suoi abitanti, laboriosi e tranquilli, erano conosciuti per la loro moderazione».

Il numero delle vittime fu 642, ma solo 52 corpi furono identificati. Tra i morti, si contarono 393 persone domiciliate, o rifugiate a Oradour, 167 abitanti di villaggi e frazioni del comune, 93 residenti a Limoges, 25 persone residenti nell’Haute-Vienne e 18 di altri dipartimenti. Le vittime comprendevano quaranta cittadini della Lorena, sette o otto dell’Alsazia, tre polacchi e una famiglia italiana di contadini, composta da sette persone.

Le 635 vittime, suddivise per ètà, erano: 25 di ètà inferiore ai cinque anni, 145 tra 5 e 14 anni, 193 giovani maschi e uomini, tra cui il curato del paese di 70 anni e i suoi due vicari, 240 giovani femmine o donne maggiori sei 14 anni.

Una trentina di abitanti sopravvissero alla strage. Circa quarantacinque persone, tra cui 12 passeggeri del tram di Limoges, arrivati dopo la fine del massacro, sono sfuggite in diversi modi alle SS.

In seguito a questo massacro, lo Stato francese decise di costruire un nuovo borgo, con una pianta simile al vecchio, mantenendo le rovine del vecchio villaggio a testimonianza dell’orrore.

Dal 1946, le rovine del Villaggio Martire sono classificate Monumento storico. Nel 1999 è stato inaugurato il Centro della Memoria.

Il trauma causato da questo dramma, la scomparsa di una generazione, la vicinanza delle rovine, hanno reso difficile la «rinascita» che è iniziata solamente agli inizi degli anni ’60 con la nascita di piccole aziende e botteghe artigianali. Oggi Oradour sur Glane è un centro attivo che conta 2200 abitanti con i suoi commerci, le sue attività industriali e le sue numerose associazioni.

Tratto dal

Sito ANPI di Lissone

Lager Tedeschi – Il campo di transito di Drancy (Parigi) 1941-1944

Drancy

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Il campo di transito di Drancy (Parigi) 1941-1944

Lucio Monaco

Il più importante campo di transito per ebrei catturati sul suolo francese (zona occupata e amministrazione di Vichy), come si può dedurre dalle cifre complessive: in meno di quattro anni vi passarono 70.000 ebrei di molte nazionalità; 67.000 di essi vennero deportati, nella stragrande maggioranza, ad Auschwitz (tra di essi 109 italiani; si tenga presente che il totale di ebrei deportati dalla Francia assomma a circa 80.000 persone).

Situato alla periferia di Parigi, il campo consisteva in un enorme caseggiato: un quartiere a basso costo di affitto denominato "cité de la Muette", la cui costruzione alla fine del 1939 non si presentava ancora ultimata. Il corpo principale, ancora oggi esistente, era costituito da un edificio a forma di "U", con uno sviluppo di 440 metri, a 4 piani. Ventidue scaloni davano accesso alle varie parti e ai piani (nei quali non erano ancora stati ricavati gli alloggi). I due bracci dell’edificio racchiudevano un cortile di circa 40×200 metri, con ingresso dall’attuale Rue Jean Jaurès (vi è una stele commemorativa nei pressi). Nel corso della storia del campo furono installate nel cortile alcune costruzioni di servizio.

Tutta l’area era circondata da una triplice barriera di filo spinato, con torri di controllo e un ingresso principale con corpo di guardia. Il personale (alcune dozzine di gendarmi francesi, con le famiglie) alloggiava immediatamente a Est della cinta, in cinque edifici a più piani, abbattuti nel dopoguerra.

Nello stesso anno di edificazione del caseggiato, la Francia, investita dalle preoccupazioni per l’imminenza del conflitto e da una acuta ondata xenofoba, procede alla creazione di campi di raccolta per "fuorusciti stranieri" (principalmente combattenti della guerra di Spagna e fuorusciti tedeschi e austriaci). I primi centri di raccolta sono aperti nella regione pirenaica e vi vengono rinchiusi repubblicani spagnoli (gennaio 1939). In linea di principio si prevede che ogni dipartimento debba avere il suo "centro di raccolta per stranieri inaffidabili" (peu sûrs); di fatto, con l’aprirsi del conflitto gli internati vengono concentrati in alcuni grandi campi tra i quali si ricordano Gurs, Le Vernet, Rivesaltes nella regione pirenaica, Compiègne, Pithiviers, Beaune-la-Rolande e Drancy nella regione settentrionale. Si stabiliscono categorie diverse di internati ("non sospetti", "sospetti", "apolidi indesiderabili") e di campi: repressivi, come Le Vernet; semi-repressivi, come Gurs; di ricovero (hébergement). Strutture e meccanismi di questa trappola che si rinchiude su migliaia di rifugiati (anche italiani, come Leo Valiani) verranno immediatamente sfruttati dai nazisti al momento dell’invasione del paese.

Quanto a Drancy, la sua utilizzazione iniziale fu riservata ai comunisti francesi messi fuori legge dal decreto Sérol (ottobre 1939). Nell’estate-autunno 1940, con l’invasione nazista, vi vennero collocati via via prigionieri di guerra francesi, civili greci e jugoslavi, soldati britannici. Nella primavera-estate 1941 i nazisti, per le cure del Servizio IV J della Gestapo, progettano e realizzano lo Judenlager o Abwanderungslager (Lager, per ebrei, di raccolta e transito). La prima operazione per riempirlo scatta il 20 agosto 1941: in un giorno vengono rastrellati e internati 4000 ebrei stranieri e francesi, provenienti dall’11° arrondissement di Parigi.

Il campo sotto l’amministrazione francese (agosto 1941-giugno 1943)

La prima fase della storia di Drancy è contrassegnata da una articolata divisione di "competenze", nella gestione del campo, tra forze occupanti e residue istituzioni francesi. In pratica l’amministrazione era demandata, per gli aspetti organizzativi, economici, di sorveglianza, alla Prefettura, alla Polizia e alla Gendarmeria francesi, che agivano sotto la supervisione nazista (Dannecker fino al luglio 1942 e Heinz Roethke fino al giugno 1943). In questa "divisione del lavoro" i nazisti coordinavano il quadro generale e fissavano le operazioni specifiche (arresti di massa); la polizia affiancata dalla gendarmeria le eseguiva e provvedeva all’internamento e alla sorveglianza; la Prefettura si sarebbe dovuta occupare dell’intendenza (strutture di ricovero, approvvigionamenti, sanità).

Di fatto il primo anno fu caratterizzato da condizioni disastrose: a Drancy si moriva di fame e di malattie, come ricordano molte testimonianze:

"La fame comincia a farsi sentire. Le cucine non hanno abbastanza minestra per tutti. Nelle camere i ventri affamati non resistono più e scoppiano litigi perché la stessa persona ha ricevuto, sia a pranzo che a cena, tre fettine di rapa in più. Le cucine sono guardate a vista dai gendarmi…Negli immondezzai, ci si batte per raccogliere le bucce mescolate alle immondizie e alla cenere.

…Gli invii di pacchi sono finalmente permessi, ma prima vengono frugati dai gendarmi che prelevano ogni sorta di cibarie, di ricostituenti, di sigarette. È un supplizio di Tantalo, per gli internati che vedono, di lontano, i gendarmi prelevare i viveri e mangiare e fumare al loro posto….

I rappresentanti della Prefettura della Senna…si trincerano dietro gli ordini di Dannecker…"

Nel corso dello stesso anno, per alleggerire la pressione causata dal numero di internati e dalla disorganizzazione, la gendarmeria incoraggia alcune forme di autoorganizzazione e procede alla nomina di una gerarchia di responsabili e sotto-responsabili (capi camerata, capiscala, capiblocco e un "capo blocco generale"); d’altro lato si procede, anche a fini sanitari, al ricovero esterno dei malati più gravi e al rilascio di alcune categorie particolari (i minorenni). Altre forme di "alleggerimento" tradiscono però le finalità autentiche del campo: se in novembre vengono rilasciati 800 fra malati e minorenni, in dicembre 300 internati saranno inviati a Compiègne, di dove partiranno col primo convoglio dalla Francia per Auschwitz (27 marzo 1942). Il 14 dicembre quarantaquattro ebrei francesi e stranieri (in maggioranza russi e polacchi) verranno portati a Parigi per essere fucilati al Mont-Valérien, insieme a 100 ostaggi comunisti, il giorno dopo.

Il 1942 è l’anno in cui si avvia il funzionamento sistematico del campo. Si mettono a punto e si organizzano le fasi di riempimento-svuotamento che caratterizzano i campi di transito (per esempio, nel caso italiano, Fossoli). Ancora agli inizi di giugno un trasporto ad Auschwitz è organizzato mediante il passaggio a Compiègne, ma già a metà mese parte direttamente da Drancy il primo dei molti convogli (terzo dei trasporti di ebrei dalla Francia) che si susseguiranno fino al 1944. In genere, la capienza di questi trasporti è di circa 1000 persone: alla fine di giugno, dopo il trasporto partito dalla stazione ferroviaria di Drancy-Le Bourget, il campo (che contava 3000 internati) si è "spopolato", arrivando al limite delle 2000 presenze.

Drancy, anticamera di Auschwitz

La sequenza riempimento-svuotamento ha il suo punto di inizio con il sistema, già sperimentato il 20 agosto 1941, della rafle (retata), per gli ebrei residenti o nascosti nella regione parigina e in altre regioni e località della Francia, compresa la zona non occupata (Vichy). Predisposta e organizzata nei suoi aspetti polizieschi e logistici, la rafle si avvale in primo luogo delle forze di polizia francesi, ma come si è detto con progettualità e coordinamento nazisti. In questa interazione che coinvolgeva anche l’autorità di Vichy non mancavano contrasti e difficoltà dovuti, per esempio, alla carenza dei mezzi di trasporto. È il caso della rafle programmata per la fine del giugno 1942 (in accordo con il piano di Dannecker, elaborato nello stesso mese, per il "trasferimento" o "evacuazione" degli ebrei di Francia). Il piano prevedeva l’arresto di 22.000 persone, da inviarsi a Drancy (6000), Compiègne (6000), Pithiviers (5000) e Beaune-la-Rolande (5000). L’operazione, denominata "Vento di primavera" dalla polizia parigina, dovette slittare a metà luglio. Ma non fu improvvisata: già agli inizi del mese l’ammnistrazione del campo di Drancy era stata avvisata dell’imminente arrivo di 3000 nuovi internati.

Il 16-17 luglio 1942 scatta la rafle (chiamata oggi "del Vel’ d’Hiv’ " dal nome del principale luogo di raccolta parigino, il Vélodrôme d’Hiver). 13000 ebrei immigrati, di cui 4000 bambini, sono rastrellati e di essi 6000 vengono immediatamente inviati a Drancy. Mentre al comando del servizio IV J della Gestapo il capitano SS Heinz Roethke succede a Theo Dannecker, prende avvio un frenetico sistema di scambi tra campi francesi e di trasporti da questi verso i campi di sterminio. Nella seconda metà di luglio partono da Drancy cinque convogli diretti ad Auschwitz; altre partenze si hanno dagli altri campi, col risultato che 4000 bambini, i cui genitori sono stati deportati, rimasti soli vengono a loro volta concentrati a Drancy. Dice Georges Wellers, testimone e futuro storico di Auschwitz:

"Venivano ammassati a 110-120 nelle camere, senza letti, con pagliericci di una sporcizia ripugnante distesi per terra. Sui pianerottoli si collocavano secchi igienici perché molti erano troppo piccoli per scendere da soli le scale e andare ai gabinetti che si trovavano nel cortile…. Dopo le nove di sera era proibito agli adulti (salvo quelli autorizzati) stare nelle camerate…Il loro sonno era agitato, molti gridavano e chiamavano la mamma, e a volte tutti i bambini di una camerata di mettevano a gridare di terrore e di disperazione…."

Questi bambini furono tutti deportati tra l’agosto e il settembre dello stesso anno.

In attesa dell’altra grande rafle parigina, quella del febbraio 1943, il campo di Drancy si svuota e si fa posto per i futuri nuovi arrivi. Ventidue convogli partono per Auschwitz tra il 10 agosto e il 30 settembre 1942, altri quattro partiranno tra il 4 e l’11 novembre. Altri cinque trasporti si susseguono dal febbraio al marzo 1943, poi il movimento (sia degli arresti che delle deportazioni) si arresta fino al mese di giugno.

Gli studi più recenti spiegano queste interruzioni con la difficoltà di reperire adeguato materiale rotabile, dato che buona parte del parco merci francese era stato trasferito a Est. Peraltro Dannecker in un documento dell’8 luglio 1942 prevedeva che

"…un convoglio sarebbe partito ogni settimana dai quattro campi [Beaune-la-Rolande, Compiègne, Drancy, Pithiviers]… in definitiva quattro convogli con 1000 ebrei ciascuno lasceranno ogni settimana la zona occupata verso Est. La sorveglianza sarà assicurata dalla gendarmeria francese posta sotto gli ordini tedeschi"

In ogni caso con il trasporto del 23 giugno 1943 la direzione del campo di Drancy sarà assunta in toto dai nazisti.

Nel periodo sopra analizzato si era venuta a costituire nel campo di Drancy una "amministrazione ebraica" che coordinava e dirigeva una serie di servizi interni, in un primo tempo quelli di tipo pratico (pulizie, cucine, sanità) e poi logistico-amministrativo (Ufficio militare, Ufficio schedario, Servizio accompagnatori: dipendenti e controllati, tuttavia, dalla prefettura di polizia), fino alla creazione di una Milizia di Sicurezza interna. A capo del sistema era il "Gerente dell’Ufficio Amministrativo"; sotto di lui erano collocati i capi-scala, i campi-camerata, e così via. Il sistema proseguirà anche con la diretta amministrazione nazista. Si venne così a creare una burocrazia interna, e con essa una zona di privilegiati che tendenzialmente evitavano la deportazione, essendo più o meno indispensabili al funzionamento del campo.

Il campo sotto la direzione nazista (luglio 1943-agosto 1944)

Sotto l’amministrazione francese e la supervisione di Theo Dannecker e Heinz Roethke erano stati deportati a partire da Drancy circa 40.000 internati. La "soluzione finale" degli ebrei di Francia aveva bruscamente rallentato dopo i primi mesi del 1943; all’inizio dell’estate l’SS Alois Brunner, formatosi all’Ufficio centrale dell’Emigrazione ebraica di Vienna con Eichmann, e poi responsabile dello sterminio organizzato della comunità di Salonicco, si incarica della riorganizzazione del campo. I funzionari francesi della Prefettura della Senna e della Prefettura di Polizia vengono allontanati; alla Gendarmeria viene affidato il solo controllo esterno del campo.

La burocrazia interna viene rigorosamente ristrutturata, rinforzando determinati ruoli e introducendo particolari privilegi, in modo da assicurare un funzionamento razionale e disciplinato a una macchina che ha ormai come scopo la deportazione progressiva di tutti gli ebrei, francesi e non (nel periodo precedente si operavano distinzioni di nazionalità che tendevano a risparmiare i francesi), verso i campi di eliminazione. All’efficienza fondata principalmente sulla divisione e sulle rivalità tra internati, in un universo concentrazionario in cui si poteva sopravvivere solo a patto di evitare la deportazione, e dunque di contribuire a far deportare gli "altri", si aggiunge un tasso di violenza diretta molto visibile:

"Dopo l’arrivo di Brunner, le brutalità fisiche cominciano. Le SS schiaffeggiano donne e anziani… È proibito avvicinarsi. Incontrando una SS bisogna mettersi sull’attenti. Le SS picchiano costantemente gli internati; una di esse è sempre armata di una specie di manganello in legno e cuoio con cui colpisce tutti gli internati che vengono a tiro. Schiaffeggiano le donne, tirano loro pietre… Fanno procedere i prigionieri carponi e li colpiscono….Picchiavano anche i bambini. Eravamo radunati ad assistere a questo spettacolo…. Calcio della pistola, manganello, strisce di cuoio usate per affilare, una pietra pesante raccolta da terra: tutto serve a picchiare, a tramortire, a ferire gravemente. E ogni internato, sull’attenti, deve testimoniare al suo boia il rispetto che gli deve"

La stessa topografia del campo assume la fisionomia di un vero e proprio ghetto autosufficiente, con divisioni complesse e precise dislocazioni di "servizi", compresi locali per lavori di falegnameria e serramenteria, farmacia, dentista, uffici di cancelleria (Kanzlei) gestiti insieme al personale tedesco, un obitorio, depositi vari… Il lavoro è reso obbligatorio per tutti gli internati.

Le conseguenze di questi cambiamenti sono visibili in una più ordinata e scorrevole gestione dei trasporti e soprattutto nel fatto che un manipolo estremamente ridotto di SS è in grado di controllare completamente un campo di diverse migliaia di internati. La "squadra" di SS di Brunner infatti comprendeva, oltre a lui, sei persone. Ventidue trasporti, per un totale di circa 23000 internati, lasceranno così, ordinatamente, Drancy durante l’anno di "gestione Brunner".

Un aspetto particolare è l’organizzazione di due strutture poliziesche, interne al campo, affidate agli stessi internati: la Milizia di Sicurezza (poi chiamata "Polizia del campo") e l’ufficio "Missioni esterne". Quest’ultimo consisteva nell’obbligare gli internati, i cui familiari fossero ancora nascosti, a "facilitare il ricongiungimento delle famiglie" mettendosi in contatto con i latitanti e favorendone l’arresto o l’autoconsegna spontanea. Il "servizio" ebbe vita breve – fu attivo soprattutto nell’estate 1943 – e, secondo un calcolo che riguarda il solo mese di agosto, produsse 570 "visite domiciliari" da parte di 22 "missionari", concluse con 73 internamenti.

Particolare accanimento viene impiegato nella ricerca di ebrei rifugiati nel Sud della Francia e nel nizzardo a partire dal settembre 1943 (data in cui, dopo la partenza del convoglio 59 – numero d’ordine generale dalla Francia – per Auschwitz rimanevano a Drancy poco più di 600 presenze). Solo a Nizza una squadra guidata personalmente da Brunner, installata nell’Hôtel Excelsior, arresta in tre mesi più di 2000 ebrei. Anche gli ebrei (provenienti da St.-Martin-Vésubie e riparati in Italia dopo l’8 settembre) rinchiusi nel campo di transito di Borgo San Dalmazzo, presso Cuneo, verranno inviati a Drancy su disposizioni della squadra SIPO/SD di Brunner.

L’ultimo dei grandi trasporti verso Auschwitz avviene alla fine del mese di luglio 1944. La rafle viene concentrata sui ricoveri per bambini ebrei senza genitori gestite dall’UGIF (Unione generale degli israeliti di Francia, che ebbe rapporti molto discussi con le forze occupanti). Così 400 bambini vengono aggiunti ai 900 adulti da deportare. Dopo questo 67° trasporto da Drancy (77° dalla Francia), nel campo rimangono 800 internati: troppo pochi per un ultimo convoglio (gli Alleati si stanno avvicinando a Parigi). Brunner fa quindi spostare a Drancy 750 internati dei sottocampi di Austerlitz, Bassano e Lévitan, fissando la partenza del trasporto che segnerebbe l’abbandono definitivo del campo, con gli ultimi1569 internati, per il 13 agosto. Lo sciopero dei ferrovieri della regione parigina impedisce l’attuazione del progetto perché non si riescono a trovare i trenta vagoni necessari.

Liberazione del campo (17 agosto 1944)

Di fronte all’imminenza dell’arrivo degli Alleati, Brunner progetta l’evacuazione totale del campo ma contemporaneamente intavola una serie di trattative con la Croce Rossa e il Console svedese. Mentre sfuma il progetto di un ultimo grande trasporto, si procede, il 16 agosto, alla distruzione degli archivi. Gli addetti allo schedario riescono però a nascondere i registri relativi ai trasporti, che costituiranno, nel dopoguerra, il principale documento relativo alle deportazioni dalla Francia.

Il 17 agosto, recuperato all’ultimo momento il materiale ferroviario, comunque insufficiente per attuare lo sgombero totale verso Est, i nazisti partono con 51 prigionieri: è l’ultimo trasporto di ebrei dal territorio francese. Nel corso del viaggio, venti di essi riescono a evadere dal vagone; degli altri, ne sopravviveranno quindici.

Il campo è stato lasciato nelle mani del console svedese, che interpella la Croce Rossa e l’UGIF; nel pomeriggio del 17 gli internati si strappano la stella di Davide che portavano obbligatoriamente sui vestiti (e i membri della polizia del campo fanno lo stesso coi loro bracciali…).

I sottocampi

Drancy possedeva tre sottocampi, o Kommando di lavoro, situati a Parigi: due (Austerlitz, presso la stazione ferroviaria omonima, e Lévitan, vicino alla Gare de l’Est) servivano alle operazioni di immagazzinamento, smistamento e invio in Germania dei beni confiscati o requisiti agli ebrei, e occupavano rispettivanmente circa 500 e circa 200 internati; il terzo, Bassano, nella via omonima, impegnava una cinquantina di internati nella produzione di vestiti per l’esercito nazista. Tutti i prigionieri dei sottocampi furono ricondotti nel campo principale il 12 agosto 1944, in previsione dell’ultimo trasporto che non fu realizzato, e lì vennero liberati.

Alcune cifre

A partire dagli schedari salvati dalla distruzione è possibile ricostruire un quadro statistico degli ebrei deportati da Drancy. Con l’avvertenza che le cifre qui riportate sono arrotondate, la nazionalità preminente risulta quella francese, con 22800 deportati (di cui 7000 francesi per nascita, ma figli di ebrei non francesi); seguono i polacchi (14500), i tedeschi (6200), i rumeni (2900), i russi (3200) e gli austriaci (2200), quindi i greci (1500), i turchi (1200) e gli ungheresi (1000): rilevante il numero degli "apolidi", oltre 2700 persone: si trattava in realtà di polacchi, cèchi e austriaci privati del passaporto. Le altre nazionalità sono presenti con cifre inferiori al migliaio, e che variano da poche unità ad alcune centinaia (come i 580 olandesi). Come si è già detto, risultano anche 109 ebrei italiani. Inoltre per 4000 casi non si è potuta appurare la nazionalità.

Il totale degli ebrei deportati assomma, secondo i vari criteri di calcolo, da un minimo di 67.073 a un massimo di 67.471 persone, la grande maggioranza delle quali perì in Lager.

Bibliografia

  • La maggior parte dei dati e delle testimonianze di questa scheda è ricavata da Maurice RAJSFUS, Drancy. Un camp de concentration très ordinaire 1941-44, Parigi, le cherche midi, 1996.
  • Contributi importanti di testimonianza sono in George WELLERS, L’Etoile jaune à l’heure de Vichy, Parigi, Fayard, 1972.
  • Il quadro complessivo dei trasporti è in Serge KLARSEFLD, Mémorial de la déportation des Juifs de France.

Tratto da

ANED – Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti

Eugène Guillevic (Francia) In memoriam

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Eugène Guillevic
(Francia)
In memoriam
Poema dialogato alla memoria di quelli di Spagna
– Il vento, il freddo, le bandiere, la notte,
i proiettili, il freddo, le bandiere,
la fuliggine, gli sputi veloci tra gli spari.
*
– Stanotte nei cortili e nelle aie
restiamo in attesa della morte
della minaccia, della venuta dei. frutti.
*
— Li conosci, cantavano mentre
bruciava la città, erba mangiavano
sul ciglio dei fossati, cadevano
a mucchi andando incontro agli spari.
*
— La fatica è calata pesante
sulle palpebre delle donne ed esse
partoriranno prima dell’alba soltanto
se il pozzo sarà colmo di sudore,
se la tua mano premerà il mio fianco.
*
— Ma nella notte la marcia
interminabile al rogo.
*
— Vuole dilatarsi il tuo sangue. Ricordo:
nel prato verde camminavi e il grido
del cuculo implacabile rammentava
il tuo collo caldo ove il sangue
non allignava più
.*
— Il sole carnivoro, le sponde che gridano per fame,
l’urlo degli uccelli sgozzati
l’anno rizzare gli alberi in riva alla palude
ove i pesci si squamano nell’assetato fango.

Arthur Rimbaud, – L’addormentato nella valle

Arthur Rimbaud,

L’addormentato nella valle

E’ una gola di verzura dove il fiume canta
impigliando follemente alle erbe stracci
d’argento: dove il sole, dalla fiera montagna
risplende: è una piccola valle che spumeggia di raggi.

Un giovane soldato, bocca aperta, testa nuda,
e la nuca bagnata nel fresco crescione azzurro,
dorme; è disteso nell’erba, sotto la nuvola,
pallido nel suo verde letto dove piove la luce.

I piedi tra i gladioli, dorme. Sorridente come
sorriderebbe un bimbo malato, fa un sonno.
O natura, cullalo tiepidamente: ha freddo.

I profumi non fanno più fremere la sua narice;
dorme nel sole, la mano sul suo petto
tranquillo. Ha due rosse ferite sul fianco destro.

Paul Eluard – Novembre 1936

Paul Eluard
Novembre 1936

Guardateli al lavoro i costruttori di macerie

Sono ricchi pazienti neri ordinati idioti

Ma fanno quel che possono per esser soli al mondo

Sono agli orli dell’uomo e lo colmano di sterco 
Piegano fino a terra palazzi senza capo. 

A tutto ci si abitua

Ma a questi uccelli di piombo no

Ma non al loro odio per tutto quel che luccica

Non a lasciarli passare. 

Parlate del cielo e il cielo si vuota

Poco c’importa l’autunno

I nostri padroni hanno pestato i piedi

Noi l’abbiamo dimenticato l’autunno

Dimenticheremo i padroni. 

Città in secca oceano d’una goccia scampata

Di un unico diamante coltivato alla luce

Madrid città fraterna a chi ha patito

Lo spaventoso bene che nega essere esempio

A chi ha patito

L’angoscia indispensabile perché splenda quel bene 

E alla sua verità salga la bocca

Raro alito sorriso come rotta catena

E l’uomo liberato dal suo passato assurdo

Levi innanzi ai fratelli un volto uguale 
E alla ragione dia vagabonde ali.

Eric Bogle – I verdi campi di Francia

Eric Bogle
I verdi campi di Francia

Come stai, soldato semplice William MacBride?
Ti dà fastidio se mi siedo un po’ qui tra le vostre tombe
E mi riposo un po’ nel caldo sole d’estate?
Ho camminato tutto il giorno e sono stanco morto.
Vedo dalla tua lapide che avevi solo diciannove anni
Quando hai raggiunto gli eroi caduti nel 1916.
Beh, spero che tu sia morto rapidamente e perbene
Oppure, Willie MacBride, è stata una morte lenta e tremenda?
*
Battevano i tamburi lentamente?
Suonavano piano le cornamuse?
I fucili sparavano mentre ti calavano nella fossa?
I corni cantavano "The Last Post" in coro?
Le cornamuse suonavano "The Flowers o’ the Forest"?
*
Hai lasciato una moglie o una fidanzata a aspettarti,
e in qualche cuore fedele sei custodito per sempre?
E anche se la tua morte risale al 1916
Per qualche cuore fedele hai per sempre diciannove anni?
Oppure sei solo uno straniero senza neanche un nome
per sempre racchiuso dietro a qualche lastra di vetro
in una vecchia foto strappata, spiegazzata e macchiata
che sta ingiallendo in una cornice di pelle marrone?
*
Battevano i tamburi lentamente?
Suonavano piano le cornamuse?
I fucili sparavano mentre ti calavano nella fossa?
I corni cantavano "The Last Post" in coro?
Le cornamuse suonavano "The Flowers o’ the Forest"?
*
Il sole splende adesso su questi verdi campi di Francia,
Un vento caldo soffia piano e danzano i papaveri rossi.
I solchi delle trincee sono scomparsi sotto l’aratro,
Adesso niente più gas, né filo spinato, né fucili.
Ma qui in questo cimitero è sempre Terra di Nessuno,
Le infinite croci bianche stanno a muta testimonianza
Della cieca indifferenza umana verso il prossimo,
Per un’intera generazione massacrata e abbattuta.
*
Battevano i tamburi lentamente?
Suonavano piano le cornamuse?
I fucili sparavano mentre ti calavano nella fossa?
I corni cantavano "The Last Post" in coro?
Le cornamuse suonavano "The Flowers o’ the Forest"?
*
E non posso fare a meno di chiedermi ora, Willie MacBride,
Tutti quelli che giacciono qui sanno perché sono morti?
Ci hai creduto davvero quando ti han detto perché?
Hai creduto davvero che quella sarebbe stata l’ultima guerra?
E la sofferenza, la pena, la gloria e la vergogna,
Uccidere e morire – tutto è stato invano.
Perché, Willie MacBride, tutto quanto è successo di nuovo,
Di nuovo, di nuovo, di nuovo, di nuovo.
*
Battevano i tamburi lentamente?
Suonavano piano le cornamuse?
I fucili sparavano mentre ti calavano nella fossa?
I corni cantavano "The Last Post" in coro?
Le cornamuse suonavano "The Flowers o’ the Forest"?