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Pietro Gori O proletari che braccio e pensiero

Pietro Gori

O proletari che braccio e pensiero
ai rei tiranni de l’oro vendeste
sorgete in armi pe’l giusto, pe’l vero
e sollevate le impavide teste.
Il vecchio mondo già crolla e ruina
e a l’orizzonte s’affaccia l’aurora
o idea ribelle cammina cammina
in armi su miserabili è l’ora!…
Su le fronti e in alto i cuori
e inneggiamo a l’uguaglianza
a la umana fratellanza
e a la santa libertà
Noi poggi e piani coi lunghi sudori
di bionde messi rendiamo fecondi
noi per il ventre d’ingordi signori
ci logoriamo scherniti errabondi
Noi fabbricammo i fastosi palagi
e avemmo a pena soffitte e tuguri
l’ozio dei ricchi ebbe giubilo ed agi
noi onta e inopia dei mesti abituri
Su le fronti e in alto i cuori
e inneggiamo a l’uguaglianza
a la umana fratellanza
e a la santa libertà
Ma troppo amara signori divenne
la rea bevanda e ci abbrucia la bocca
è colmo il calice l’ora è solenne
e la misura del pianto trabocca
All’armi, all’armi, fatidici araldi
e distruggiam questa esosa oppressione
avanti, o forti manipoli, o baldi
lavoratori a la gran ribellione!…
Su le fronti e in alto i cuori
e inneggiamo a l’uguaglianza
a la umana fratellanza
e a la santa libertà
Se ognora fummo pazienti e cortesi
sotto ogni vostra spietata minaccia
padroni onesti, pasciuti borghesi
venite innanzi e guardiamoci in faccia
È tanto tempo che oppressi sfruttati
mesti ingozzammo i dolori e le pene
ma ormai vedete ci siamo contati
siam forti e molti e spezziam le catene.
Su le fronti e in alto i cuori
e inneggiamo a l’uguaglianza
a la umana fratellanza
e a la santa libertà
Le vostre dame di porpora e d’oro
l’opera nostra solerte ha vestito
per voi creammo con rude lavoro
vasi e cristalli lucenti al convito
Ma sotto il vento glaciale del verno
le nostre donne son lacere e grame
martiri vive dannate a l’inferno
treman di freddo, sussultan di fame.
Su le fronti e in alto i cuori
e inneggiamo a l’uguaglianza
a la umana fratellanza
e a la santa libertà
Noi valicammo gli immensi oceani
sfidando l’ira di mille tempeste
e a voi recando dai lidi lontani
gingilli e stoffe di gemme conteste
E intanto voi con minacce e promesse
figlie e sorelle ci avete stuprato
e noi codardi con schiene dimesse
dovizie offrimmo a chi ‘l pan ci ha rubato.
Su le fronti e in alto i cuori
e inneggiamo a l’uguaglianza
a la umana fratellanza
e a la santa libertà
Quando sorelle saran le nazioni
e gli odi antichi travolti e distrutti
una famiglia di saggi e di buoni
godrà in comune il prodotto di tutti
Non più chi oziando s’impingui e divori
presso chi stenta fatica e produce
per tutti il pane il lavoro gli amori
non più tenebra ma scienza, ma luce.
Su le fronti e in alto i cuori
e inneggiamo a l’uguaglianza
a la umana fratellanza
e a la santa libertà
Non più padroni né servi ma destre
fraternamente tra uguali distese
ma idee d’amore d’alte opre maestre
ma menti sol d’umanesimo accese
E passerà su la libera terra
un soffio puro di calma e di vita
non più l’atroce canzone di guerra
ma gioia immensa ma pace infinita.
Su le fronti e in alto i cuori
e inneggiamo a l’uguaglianza
a la umana fratellanza
e a la santa libertà
E solo allor tra le splendide e pure
aure del giovine secol giocondo
al nostro piè getteremo la scure
per contemplare il tripudio del mondo
E con la fiaccola in alto cantando
l’inno intonato del giorno de le ire
tra gli splendori del dì memorando
saluteremo il lucente avvenire.
Su le fronti e in alto i cuori
e inneggiamo a l’uguaglianza
a la umana fratellanza
e a la santa libertà

Pietro Gori – Sante Caserio

Pietro Gori

Sante Caserio

Lavoratori a voi diretto è il canto
di questa mia canzon che sa di pianto
e che ricorda un baldo giovin forte
che per amor di voi sfidò la morte.
A te Caserio ardea nella pupilla
delle vendette umane la scintilla
ed alla plebe che lavora e geme
donasti ogni tuo affetto ogni tua speme.

Eri nello splendore della vita
e non vedesti che lotta infinita
la notte dei dolori e della fame
che incombe sull’immenso uman carname.

E ti levasti in atto di dolore
d’ignoti strazi altier vendicatore
e ti avventasti tu sì buono e mite
a scuoter l’alme schiave ed avvilite.

Tremarono i potenti all’atto fiero
e nuove insidie tesero al pensiero
ma il popolo a cui l’anima donasti
non ti comprese, eppur tu non piegasti.

E i tuoi vent’anni una feral mattina
gettasti al vento dalla ghigliottina
e al mondo vil la tua grand’alma pia
alto gridando: Viva l’anarchia!

Ma il dì s’appressa o bel ghigliottinato
che il tuo nome verrà purificato
quando sacre saran le vite umane
e diritto d’ognun la scienza e il pane.

Dormi, Caserio, entro la fredda terra
donde ruggire udrai la final guerra
la gran battaglia contro gli oppressori
la pugna tra sfruttati e sfruttatori.

Voi che la vita e l’avvenir fatale
offriste su l’altar dell’ideale
o falangi di morti sul lavoro
vittime de l’altrui ozio e dell’oro,

Martiri ignoti o schiera benedetta
già spunta il giorno della gran vendetta
della giustizia già si leva il sole
il popolo tiranni più non vuole.

Pietro Gori -Inno della canaglia

Pietro Gori

Inno della canaglia

O fratelli di miseria,
o compagni di lavoro
che ai vigliacchi eroi de l’oro
deste il braccio ed il vigor;
o sorelle di fatica,
o compagne di catene
nate ai triboli, a le pene,
e cresciute nel dolor.
Su, moviamo alla battaglia!…
vogliam vincere o morir,
su, marciam, santa canaglia,
e inneggiamo a l’avvenir.
Noi la terra fecondiamo
noi versiam sudore e pianto
per ornar di un ricco ammanto
questa infame civiltà.
Le miniere e le officine,
le risaie, il campo, il mare,
ci hanno visto faticare
per l’altrui felicità.
Su, moviamo alla battaglia!…
vogliam vincere o morir,
su, marciam, santa canaglia,
e inneggiamo a l’avvenir.
I padroni ci han rubato
sul salario e su la vita,
ogni gioia ci han rapita,
ogni speme ed ogni ardor.
Le sorelle ci han sedotte
o per fame hanno comprate,
poi nel trivio abbandonate
senza pane e senza onor.
Su, moviamo alla battaglia!…
vogliam vincere o morir,
su, marciam, santa canaglia,
e inneggiamo a l’avvenir.
I signori ci han promesso
eque leggi e mite affetto
ed i preti ci hanno detto
che ci attende un gaudio in ciel.
E frattanto questa terra
di noi poveri è l’inferno,
sol pei ricchi è il gaudio eterno,
de la vita e de l’avel.
Su, moviamo alla battaglia!…
vogliam vincere o morir,
su, marciam, santa canaglia,
e inneggiamo a l’avvenir.
Se noi scienza e pan chiedemmo
ci buttaron su la faccia
un insulto e una minaccia
nel negarci scienza e pan.
Se ribelli al duro giogo
obliammo le preghiere,
ci hanno schiuso le galere
e ribelli fummo invan.
Su, moviamo alla battaglia!…
vogliam vincere o morir,
su, marciam, santa canaglia,
e inneggiamo a l’avvenir.
Se scendemmo per le vie,
i fratelli a guerra armata
dei fratelli ammutinati
venner le ire ad affrontar.
Mentre i ricchi dai palagi
che per loro abbiam costrutto
senza pietà e senza lutto
ci hanno fatto mitragliar.
Su, moviamo alla battaglia!…
vogliam vincere o morir,
su, marciam, santa canaglia,
e inneggiamo a l’avvenir.
Su leviamo il canto e il braccio
contro i vili ed i tiranni;
ribelliamoci agli inganni
d’una ipocrita società.
Oltre i monti ed oltre i mari
i manipoli serriamo,
combattiamo, combattiamo
per la nostra umanità.
Su, moviamo alla battaglia!…
vogliam vincere o morir,
su, marciam, santa canaglia,
e inneggiamo a l’avvenir.
Innalziam le nostre insegne,
sventoliamo le bandiere;
le orifiamme rosse e nere
de la balda nova età.
Combattiam per la giustizia
con l’ardor de la speranza,
per l’umana fratellanza,
per l’umana libertà.
Su, moviamo alla battaglia!…
vogliam vincere o morir,
su, marciam, santa canaglia,
e inneggiamo a l’avvenir.
Combattiam finché un oppresso
sotto il peso della croce
levi a noi la flebil voce
fin che regni un oppressor.
Splenda in alto il sol lucente
de la Idea solenne e pia…
Viva il sol dell’Anarchia,
tutto pace e tutto amor.
Su, moviamo alla battaglia!…
vogliam vincere o morir,
su, marciam, santa canaglia,
e inneggiamo a l’avvenir.

Pietro Gori – Inno dei lavoratori del mare

Pietro Gori

Inno dei lavoratori del mare

 

Lavoratori del mar s’intoni
l’inno che il mare con noi cantò
da che fatiche stenti e cicloni
la nostra errante vita affrontò
quando con baci d’oro ai velieri
l’ultimo raggio di sol morì
e giù tra i gorghi de’ flutti neri
qualcun de’ nostri cadde e sparì.
Su canta, o mare, l’opra e gli eroi
tempeste e calme, gioia e dolor
o mare canta, canta con noi
l’inno di sdegno, l’inno d’amor.
Canto d’aurore di rabbie atroci
sogni e singhiozzi del marinar
raccogli e irradia tutte le voci
che il nembo porta da mare a mar
e soffia dentro le vele forti
che al sole sciolse la nostra fè
e chiama e chiama da tutti i porti
tutta la gente che al mar si die’.
Su canta, o mare, l’opra e gli eroi
tempeste e calme, gioia e dolor
o mare canta, canta con noi
l’inno di sdegno, l’inno d’amor.
Solo una voce da sponda a sponda
sollevi al patto di redenzion
quanti sudano solcando l’onda
per questa al pane sacra tenzon
mentre marosi gonfi di fronde
e irose attardan forze il cammin
noi da la nave scorgiam le prode
dove le genti van col destin.
Su canta, o mare, l’opra e gli eroi
tempeste e calme, gioia e dolor
o mare canta, canta con noi
l’inno di sdegno, l’inno d’amor.
Già da ogni prora che il corso affretta
la evocatrice diana squillò
e all’alba il grido della vendetta
la verde terra già salutò
terra ideale dell’alleanza
tra menti e braccia giustizia e cor
salute o porto de la speranza
che invoca il mesto navigator.
Su canta, o mare, l’opra e gli eroi
tempeste e calme, gioia e dolor
o mare canta, canta con noi
l’inno di sdegno, l’inno d’amor.
Noi sugli abissi tra le nazioni
di fratellanza ponti gettiam
coi nostri corpi su dai pennoni
dell’uomo i nuovi diritti dettiam
ciò che dai mille muscoli spreme
con torchi immani la civiltà
portiam pel mondo gettando il seme
che un dì per tutti germoglierà.
Su canta, o mare, l’opra e gli eroi
tempeste e calme, gioia e dolor
o mare canta, canta con noi
l’inno di sdegno, l’inno d’amor.

Pietro Gori Canto della prigione

 

Pietro Gori
Canto della prigione

 

Quando muore triste il giorno,
e ne l’ombra è la prigione
de’ reietti e de’ perduti
intuoniamo la canzone.

 

La canzone maledetta
che ne’ fieri petti rugge,
affocata* da la rabbia
che c’infiamma e che ci strugge.

 

La canzon che di bestemmie
e di lacrime è contesta**;
la canzone disperata
de l’uman dolore è questa.

 

Noi nascemmo e fanciullini
per il pane abbiam lottato,
senza gioia di sorrisi
sotto un tetto sconsolato.

 

Noi soffrimmo, e niun ci volse
un conforto, o porse aita***
niuno il cor ci ritemprava
a le pugne de la vita.

 

Noi cademmo, e giù sospinti
rotolammo per la china,
supplicammo, e de li sdegni
ci travolse la ruina.

 

Or, crucciosi e senza speme
qui da tutti abbandonati,
maledetto abbiamo l’ora
ed il giorno in cui siam nati.

 

Ma su voi, che luce e pane
a noi miseri negaste,
e caduti sotto il peso
de la croce c’insultaste;

 

Sopra voi di questo canto
che ne l’aura morta trema,
come strale di vendetta
si rovescia l’anatema.

 

Pietro Gori Canto dei coatti

Pietro Gori

Canto dei coatti

Addio compagni addio

sorelle spose e madri.
La società dei ladri
ci ha fatto relegar
sepolti in riva al mar!
Siamo coatti e baldi
per l’isola partiamo
e non ci vergognamo
perché questo soffrir
è sacro all’avvenir.
Ma la sublime idea
che il nostro cor sorregge
sfida l’infame legge
che ai cari ci strappò
e qui ci incatenò.
A viso aperto i diritti
al popolo insegnammo
e a liberar pugnammo
da tanta iniquità
l’oppressa umanità.
Sognammo una felice
famiglia di fratelli
perciò fummo ribelli
contro ogni sfruttator
contro ogni oppressor.
Vedemmo l’alba immensa
delle speranze umane
lottammo per il pane
e per la libertà
contro ogni autorità.
Vi giunga o plebi ignare
da questa fossa infame
del freddo e delle fame
sdegnoso incitator
quest’inno di dolor.
O borghesia crudele
tu non ci fai paura
la società futura
per la tua gran viltà
te pur condannerà.
Ma voi lavoratori
voi poveri sfruttati
per questi relegati
rei di bandire il ver
avrete un pio pensier.
Addio dolente Italia
d’illustri ladri ostello
di tresche ree bordello
stretti alla nostra fé
oggi partiam da te.
Ma un dì ritorneremo
più fieri ed implacati
finché rivendicati
non sieno i diritti ancor
di ogni lavorator!
Straziate o sgherri vili
le carni e i corpi nostri
ma sotto i colpi vostri
il cor non piegherà
l’idea non morirà.

Pietro Gori – Nostra patria è il mondo intero

Pietro Gori

Nostra patria è il mondo intero

O profughi d’Italia
a la ventura
si va senza rimpianti
né paura

Nostra patria è il mondo intero
e nostra legge è la Libertà 
ed un pensiero…
ed un pensiero…
Nostra patria è il mondo intero
e nostra legge è la Libertà 
ed un pensiero 
ribelle in cor ci sta.

Dei miseri le turbe
sollevando
fummo da ogni nazione
messi al bando

Nostra patria è il mondo intero
e nostra legge è la Libertà 
ed un pensiero…
ed un pensiero…
Nostra patria è il mondo intero
e nostra legge è la Libertà 
ed un pensiero 
ribelle in cor ci sta.

Dovunque uno sfruttato
si ribelli
noi troveremo schiere
di fratelli

Nostra patria è il mondo intero
e nostra legge è la Libertà 
ed un pensiero…
ed un pensiero…
Nostra patria è il mondo intero
e nostra legge è la Libertà 
ed un pensiero 
ribelle in cor ci sta.

Raminghi per le terre
e per i mari
per un’Idea lasciammo
i nostri cari

Nostra patria è il mondo intero
e nostra legge è la Libertà 
ed un pensiero…
ed un pensiero…
Nostra patria è il mondo intero
e nostra legge è la Libertà 
ed un pensiero 
ribelle in cor ci sta.

Passiam di plebi varie
tra i dolori
de la nazione umana
i precursori

Nostra patria è il mondo intero
e nostra legge è la Libertà 
ed un pensiero…
ed un pensiero…
Nostra patria è il mondo intero
e nostra legge è la Libertà 
ed un pensiero 
ribelle in cor ci sta.

Ma torneranno Italia
i tuoi proscritti
ad agitar la face
dei diritti

Nostra patria è il mondo intero
e nostra legge è la Libertà 
ed un pensiero…
ed un pensiero…
Nostra patria è il mondo intero
e nostra legge è la Libertà 
ed un pensiero 
ribelle in cor ci sta.

Pietro Gori – Amore ribelle

Pietro Gori

Amore ribelle

All’amor tuo fanciulla
Altro amor io preferìa
E’ un ideal l’amante mia
A cui detti braccio e cor.
Il mio cuore aborre e sfida
I potenti della terra
Il mio braccio muove guerra
Al codardo e all’oppressor.
Perché amiamo l’uguaglianza
Ci han chiamati malfattori
Ma noi siam lavoratori
Che padroni non vogliam.
Dei ribelli sventoliamo
Le bandiere insanguinate
E innalziam le barricate
Per la vera libertà.
Se tu vuoi fanciulla cara
Noi lassù combatteremo
E nel dì che vinceremo
Braccio e cor ti donerò.
Se tu vuoi fanciulla cara
Noi lassù combatteremo
E nel dì che vinceremo
Braccio e cor ti donerò.

Pietro Gori – Addio, Lugano bella

Pietro Gori

Addio, Lugano bella,
o dolce terra pia,
scacciati senza colpa
gli anarchici van via
e partono cantando
colla speranza in cor,
e partono cantando
colla speranza in cor.
Ed è per voi sfruttati,
per voi lavoratori,
che siamo ammanettati
al par dei malfattori;
eppur la nostra idea
è solo idea d’amor,
eppur la nostra idea
è solo idea d’amor.
Anonimi compagni,
amici che restate,
le verità sociali
da forti propagate:
e questa è la vendetta.
che noi vi domandiam,
e questa è la vendetta
che noi vi domandiam.
Ma tu che ci discacci
con una vil menzogna,
repubblica borghese,
un dì ne avrai vergogna
ed ora t’accusiamo
in faccia all’avvenir,
ed ora t’accusiamo
in faccia all’avvenir.
Scacciati senza tregua,
andrem di terra in terra
a predicar la pace
ed a bandir la guerra:
la pace tra gli oppressi,
la guerra agli oppressor,
la pace tra gli oppressi,
la guerra agli oppressor.
Elvezia, il tuo governo
schiavo d’altrui si rende,
di un popolo gagliardo
le tradizioni offende
e insulta la leggenda
del tuo Guglielmo Tell,
e insulta la leggenda
del tuo Guglielmo Tell.
Addio, cari compagni,
amici luganesi,
addio, bianche di neve
montagne ticinesi,
i cavalieri erranti
son trascinati al nord,
e partono cantando
con la speranza in cor.

Pietro Cini – Sante Caserio

Pietro Cini
Sante Caserio

Il sedici di agosto

sul far della mattina
il boia avea disposto
l’orrenda ghigliottina
mentre Caserio dormiva ancor
senza pensare* al triste orror.
Entran nella prigione
direttore e prefetto
con voce d’emozione
svegliano il giovinetto
disse svegliandosi**: "Che cosa c’è?"
"E’ giunta l’ora: alzati in piè."
Udita la notizia
ei si vestì all’istante
veduta la giustizia
cambiò tutto il sembiante.
Gli chieser prima di andare a morir
dite se avete qualcosa da dir. [1]
Così disse al prefetto:***
"Allor ch’io morto sia
prego questo biglietto
datelo a mamma mia.
Posso fidarmi che lei lo avrà
mi raccomando, per carità.
Altro non ho da dire
schiudetemi le porte
finito è il mio soffrire
via**** datemi la morte.
E tu, mia madre, dai fine al duol
e datti pace del tuo figliol."
Poi***** con precauzione
dal boia fu legato
e in piazza di Lione
fu dunque****** trasportato
e spinto a forza, il capo entrò
nella mannaia che lo troncò.
Spettacolo di gioia
la Francia manifesta*******
gridando "Viva il boia
che gli tagliò la testa"
gente tiranna e senza cuor
che sprezza e ride l’altrui dolor.