Cronologia – 1943

5 Marzo – 7 Settembre

1943

La notte di San Lorenzo

5 marzo. Alle 10 a Torino, gli operai della Fiat Mi­rafiori scendono in sciopero. Fla prima volta dall’inizio della guerra. Rivendicano le 192 ore di salario per tutti [previste fino ad allora solo per i lavoratori «sfollati» per i bombardamen­ti], l’aumento delle razioni di viveri e del pre­mio di stabilimento, e soprattutto chiedono pace e libertà. La protesta aumenta e si radi­calizza, tanto da costringere lo stesso Valletta a recarsi a Roma per portare a Mussolini due richieste qualificanti: la concessione del pagamento delle 192 ore anche per i non sfollati e la militarizzazione degli stabilimenti ausiliari, con l’imposizione della disciplina militare.

6 marzo. Nonostante le minacce fasciste – «c’è sempre abbastanza piombo per chi ne vuole» – mentre le notizie torinesi si diffondono coin­volgendo rapidamente altre fabbriche, si scio­pera in tutte le sezioni della Fiat.

12 marzo. Mirafiori si ferma.

16 marzo. L’agitazione si estende ai principali centri del Piemonte

23 marzo. Entrano in sciopero anche la Pirelli, la Falk e la Ercole Marelli di Milano. Le ripercus­sioni politiche sono importanti e, in questo senso, gli scioperi forniscono, al di là della loro ampiezza, un’indicazione fondamentale circa lo stato d’animo della popolazione italiana e delle masse lavoratrici in particolare. Non solo Mussolini mette sotto accusa alcuni dei suoi più stretti collaboratori , ma soprattutto il go­verno è costretto ad accogliere almeno in parte le richieste dei lavoratori. Poco dopo ini­zia, naturalmente, anche la rappresaglia fasci­sta [oltre 2000 persone arrestate]. Ma ormai gli operai della FIAT – insieme ai militanti co­munisti che nelle fabbriche avevano avuto, in quei giorni, un ruolo fondamentale di stimolo all’azione – col primo sciopero scoppiato in Europa nei territori occupati, avevano rotto un lunghissimo silenzio, durato 18 anni, dal marzo del 1925. In questo senso il marzo 1943 costituisce davvero uno spartiacque, non solo per il colpo dato al regime, ma per l’afferma­zione di una cultura politica di resistenza che avrebbe segnato i mesi futuri e la vita di tanti giovani. Anche il re e le classi dirigenti, secon­do la migliore tradizione del trasformismo ita­liano, tentano una manovra di sganciamento dal regime, volta a separare le loro sorti da quelle di Mussolini e diretta a costituire le ba­si per una soluzione moderata. Si va quindi verso le tre guerre di cui ha scritto Pavone, u­na patriottica contro gli occupanti tedeschi, una civile contro i fascisti, per l’affermazione di un nuovo stato, e una di classe, tra due vi­sioni diverse sul futuro del paese.

Aprile. Rientrano in Italia Amendola, Roasio, Ne­garville e altri dirigenti comunisti, che avviano subito un’intensa attività clandestina nelle principali città, stabilendo contatti con sociali­sti, azionisti, cattolici e liberali. In quest’ambito – giocano un ruolo importante uomini da poco vicini al partito e quindi non ancora identifi­cati dalla polizia, come Concetto Marchesi, Giame Pintor, Antonio Giolitti, Pompeo Co­lajanni e altri.

7 aprile- In un incontro a Klessheim, in Austria, Mussolini propone a Hitler di rinunciare all’of­fensiva sul fronte orientale e stipulare un ar­mistizio con Stalin, per poi concentrare i mas­simi sforzi sul fronte meridionale. Hitler rifiuta, ma promette rinforzi alle truppe italiane in Tunisia.

14 aprile. Carmine Senise, capo della polizia, ac­cusato di non aver represso con la necessaria durezza gli scioperi del marzo, viene sostituito da Renzo Chierici.

17 aprile.Carlo Scorza sostituisce Aldo Vidussoni alla segreteria del PNF.

30 aprile.

Giovanni Balella sostituisce Giuseppe Volpi di Misurata alla presidenza della Confindustria.I vertici industriali avviano contatti per un’azio­ne comune che porti alla caduta di Mussolini e a una pace separata.

9 maggio. Eugene Dollmann, colonnello delle SS e osservatore in Italia, informa i comandi te­deschi della possibilità di un colpo di stato per rovesciare Mussolini.

13 maggio. Con la resa delle forze italo tedesche in Tunisia, finisce la guerra in Africa. Il re chie­de a Mussolini di sganciare le sorti dell’Italia da quelle della Germania.

15 maggio. Stalin scioglie l’Internazionale comunista. Il Pcci’1 cambia la propria denominazio­ne in Pci, Partito Comunista Italiano.

2 giugno. Bonomi propone al re l’allontanamen­to di Mussolini e la costituzione di un governo militare di transizione fino alla formazione di un altro composto da antifascisti. Il re è con­trario a questa ipotesi e indeciso sulle pro­spettive generali.

11 giugno. Gli anglo – americani occupano Pan­telleria e Lampedusa.

17 giugno. 11 nunzio apostolico in Italia informa il re della disponibilità americana ad un tratta­mento di favore verso l’Italia nel caso di un suo immediato sganciamento dall’alleanza con la Germania.

24 giugno. Mussolini parla al direttorio del parti­to sostenendo la necessità di continuare la guerra. Ipotizzando un eventuale sbarco in Si­cilia dice:- non appena questa gente tenterà di sbarcare, sia congelata su quella linea che i marinai chiamano bagnasciuga -.

2 luglio in una riunione clandestina a Milano,vari esponenti di formazioni antifasciste costitui­scono il Comitato delle opposizioni. Ne fanno parte Gronchi [Dc1, Basso [Mup], Lombardi [Pd’AI, Marchesi [Pcil, Veratti [Psi],Cattani [li­berale].

4 luglio. Bombardamenti su Sicilia e Sardegna.

10 luglio. Gli anglo – americani, al comando ri­spettivamente dei generali Montgomery e Patton, sbarcano in Sicilia. Viene firmato un accordo per il recupero delle ore di lavoro perse in seguito ad allarmi aerei o altre azioni di guerra.

13 luglio. Bombardamento su Torino: 400 bombe ad alto potenziale devastano il centro storico e rendono inservibile l’intera rete tramviaria.

15 luglio. Il re incontra Badoglio per sondare la sua disponibilità a presiedere un nuovo go­verno.

16 luglio. Un gruppo di gerarchi fascisti critica duramente Mussolini per la sua gestione del potere negli ultimi anni. Viene anche chiesta la convocazione del Gran Consiglio, riunito l’ultima volta nel dicembre 1939. Negli stessi giorni Dino Grandi cerca di convincere Mus­solini a dimettersi ma questi rifiuta sostenen­do che le sorti della guerra non sono ancora del tutto compromesse e che anzi potrebbero cambiare grazie a una arma segreta" recente­mente approntata dai tedeschi.

19 luglio. la notte è tristemente ricordata come «notte di san Lorenzo» per il primo bombar­damento alleato su Roma. I danni sono immensi. Il quartiere di san Lorenzo è quasi completamente devastato; morti e feriti si contano a migliaia. Sul luogo si reca il pontefi­ce. Mussolini, in un incontro con Hitler a Fel­tre, si dimostra insicuro, minacciato e non compie alcun tentativo di prospettare al Fúh­rer l’uscita dell’Italia dal conflitto. Hifler si im­pegna a inviare in Italia altre truppe per presi­diare le regioni settentrionali.

24 luglio. Alle h.17.00 si riunisce il Gran Consi­glio. Durante la seduta Mussolini viene dura­mente criticato. Si invita il governo a pregare la maestà del re, verso il quale si rivolge fedele e fiducioso il cuore della nazione, affinchè egli voglia, per l’onore e per la salvezza della pa­tria, assumere coll’effettivo comando delle forze armate di terra, di mare e dell’aria, se­condo l’articolo 5 della Statuto del regno, quella suprema iniziativa di decisione che le nostre istituzioni a lui attribuiscono – .

25 luglio. Alle 2.00 di notte l’ordine del giorno di Dino Grandi viene messo ai voti e approvato con 19 favorevoli su 28. Mussolini lascia il Gran consiglio per portare al re l’ordine del giorno approvato. Alle 11.00 il maresciallo Badoglio viene nominato capo del governo. L’EIAR, le centrali telefoniche, i ministeri e tutti i principali punti strategici della città vengono immediatamente presidiati da esercito, cara­binieri e polizia – al cui vertice viene richiama­to Carmine Senise. Mussolini chiede udienza al re che lo riceve solo per comunicargli di a­verlo sostituito con Badoglio. All’uscita il duce viene prelevato dai carabinieri e trasferito, a bordo di un’autoambulanza, alla caserma di via Legnano. Alle 20.30 Senise trasmette alle autorità periferiche le disposizioni relative al passaggio dei poteri prefettizi ai comandi mi­litari. Alle ore 22.45 un comunicato radiofoni­co annuncia che «Sua Maestà il re e imperato­re, ha accettato le dimissioni dalla carica di ca­po del governo, primo ministro e segretario di stato sua eccellenza il cavaliere Benito Musso­lini, ed ha nominante capo del governo, pri­mo ministro e segretario di stato il cavaliere, maresciallo d’Italia Pietro Badoglio». Poco do­po, in un altro proclama radiofonico, il re an­nuncia di aver ripreso il comando delle forze armate e ordina di tornare ai posti di combat­timento. Badoglio dichiara: «Assumo il gover­no militare del paese con pieni poteri la guerra continua chiunque tenti di turbare l’ordine pubblico sarà inesorabilmente colpi­to». Iniziano i «quarantacinque giorni di Bado­glio», fino all’annuncio dell’armistizio. L’Italia si ritrova in una situazione comunque dramma­tica, con gli anglo – americani attestati al sud e le truppe tedesche in grado di controllare il resto del paese. In poco tempo il governo Badoglio dimostrerà tutta la sua ambiguità: se anche alcune libertà politiche vengono ripri­stinate, si afferma comunque subito un’assoIuta continuità dell’apparato dello stato, con la conservazione del personale fascista e la re­pressione violenta di chiunque potesse turba­re il nuovo ordine stabilito.

26 luglio. Nella confusione più generale una sor­ta di euforia spontanea dilaga in tutta Italia: o­vunque si organizzano manifestazioni per ce­lebrare la caduta del fascismo. I detenuti poli­tici cominciano ad essere scarcerati; a Roma si costituisce il Comitato delle opposizioni. Vie­ne anche rifondato il Partito liberale, al quale aderiranno Croce e Einaudi. Bonomi e Ruini

fondano la Democrazia del Lavoro. A Cuneo Duccio Galimberti, dal balcone di casa sua, di fronte alla folla esultante dopo una commo­vente manifestazione popolare, dichiara: «La guerra continua, ma a fianco degli alleati, con­tro i tedeschi e per il riscatto dell’Italia». Man mano che la situazione si fa più chiara, però, le illusioni diminuiscono: il generale Roatta ordi­na di reprimere, anche con le armi, ogni forma di manifestazione che turbi l’ordine pubblico. Nei cinque giorni successivi al 25 luglio, per interventi delle forze pubbliche, si conteranno 83 morti, centinaia di feriti e oltre 1500 arre­stati.

27 luglio. Si riunisce il nuovo governo. Si riunirà ancora una volta prima dell’8 settembre, il 5 a­gosto. Viene emanata la prima disposizione sulla liberazione dei detenuti politici: sono e­sclusi i comunisti e gli anarchici.

28 luglio. Un decreto governativo scioglie il Pnf e le sue organizzazíoni. Vengono abrogate le leggi istitutive del Gran consiglio e del Tribu­nale speciale ed emanate direttive sui giornali : è istituito il servizio di censura preventiva sulla stampa quotidiana.

A Reggio Emilia i tedeschi fucilano cinque o­perai delle officine Reggiane «colpevoli» di a­ver aderito a uno sciopero.

29 luglio Vengono emanate nuove norme sulle liberazione dei detenuti politici che comprendono, questa volta, anche comunisti e anar­chici. Il ministro della guerra, Sorice, ordina al­le autorità militari di intensificare la repressio­ne contro gli operai in sciopero.

30 luglio. Un decreto militarizza gli addetti ai ser­vizi postali, ferroviari, telegrafici e radiofonici.

31 luglio. Le organizzazioni sindacali vengono poste alle dipendenze dei prefetti.

Agosto. 11 cardinale Schuster pubblica il «Catechi­smo sul comunismo».

3 agosto. Badoglio incontra una delegazione del Comitato delle opposizioni che chiede l’im­mediata cessazione della guerra ed esprime viva preoccupazione per l’ingresso in Italia di truppe tedesche e per la mancanza di reali nuove condizioni di libertà.

7 agosto. Gli ex sindacalisti antifascisti Buozzi e Lizzadrí [socialisti], Roveda e Di Vittorio [co­munisti, Quarello Vanoni e Grandi [cattolici] e De Ruggiero [Pd’A], vengono nominati Commissari straordinari delle confederazioni sindacalí. Tuttí dichiarano che la loro collabora­zione col governo Badoglio ha un significato puramente tecnico. A Milano, Pcí, Psí e Pd’A, chiedono immediate trattative con gli alleati per giungere a una pace separata, l’organizza­zione di forze di resistenza contro i nazisti e si pronunciano contro il governo Badoglio.

9 agosto. Nuovi scioperi e agitazioni nelle fabbri­che. Gli operai rivendicano anche la costitu­zione delle commissioni interne. La polizia re­prime duramente.

14 agosto. Roma, bombardata il giorno prima, viene dichiarata «città aperta», ossia priva di comandi militari e obiettivi strategici. Le trup­pe tedesche vi rientrano quasi subito. Churchill e Roosevelt si incontrano a Quebec per valutare la nuova situazione italiana.

15 agosto. A Bologna il generale Roatta rassicura i tedeschi sulla fedeltà italiana.

17 agosto. Gli alleati occupano Messina e libera­no tutta la Sicilia. Nuovi scioperi a Torino. Si temono scontri con le truppe. Il governo è co­stretto al riconoscimento delle commissioni interne e alla liberazione dei detenuti politici.

19 agosto. A Lisbona, il generale americano Be­dell Smith presenta al generale Castellano, un testo dì armistizio in 12 punti elaborato da Ei­senhower, comandante in capo delle forze al­leate nel mediterraneo. Castellano riceve an­che una dichiarazione controfirmata da Roo­sevelt e Churchill, nella quale questi si dicono disposti a posizioni di favore verso l’Italia in cambio di una netta collaborazione nella lotta contro i tedeschi. Castellano si impegna a por­tare a Roma i documenti e una trasmittente con la quale il governo italiano potrà comuni­care se accetta le condizioni di armistizio, non trattabili.

22 agosto. Il ministero della guerra emana una circolare che ordina di reprimere le iniziative operaie contro i fascisti.

23 agosto. Viene fondato a Roma il Psiup. Il Co­mitato delle opposizioni chiede, ancora una volta, la sostituzione del governo Badoglio con un altro composto da antifascisti.

29 agosto. Si costituisce a Roma la nuova direzio­ne del Partito comunista. Ne fanno parte A­mendola, Li Causi, Longo, Massola, Negarville, Novella, Roasio, Roveda, Scoccimarro, Secchia. Nei giorni successivi il Pci aderirà alla «pregiu­diziale repubblicana» posta da azionisti e so­cialisti e si impegnerà a dare vita, insieme al Psiup e al Pd’A, ad una giunta militare antifa­scista.

31 agosto. Castellano si incontra a Cassibile, in Si­cilia, con i rappresentanti alleati e con il gene­rale Zanussí, per definire le condizioni di armi­stizio.

2 settembre. Mentre lo stato maggiore dell’eser­cito invia a tutti i reparti la «Memoria 44 OP», contenente disposizioni frammentarle sul comportamento da assumere nel caso di un attacco tedesco, il Comitato delle opposizioni chiede che siano distribuite armi alla popola­zione per la difesa della capitale. Nelle fabbri­che, in base a un accordo tra Confindustria e confederazioni del lavoratori, si ricostituisco­no le commissioni interne.

3 settembre. A Cassibile, i generali Castellano e Bedell Smith, alla presenza di Eisenhower, fir­mano l’armistizio in dodici punti – armistizio corto -,col quale l’Italia si impegna a cessare le ostilità contro gli alleati, a interrompere la collaborazione con i tedeschi, a consentire a­gli alleati di utilizzare liberamente il proprio territorio e a restituire tutti i prigionieri di guerra. II governo italiano accetta anche le clausole di natura politica, economica e finanziaria che saranno comunicate in seguito. Lo stesso comando alleato comunicherà sei ore prima dell’inizio dello sbarco anglo – americano, data e ora di entrata in vigore dell’armistizio. Il governo italiano si impegna a darne in mediato annuncio. Gli anglo – americani sbarcano in Calabria.

5 settembre. Convegno nazionale del Pd’A a Firenze.

7 settembre. Senise telegrafa ancora a tutte le questure e ordina la repressione dei comunisti che «tenterebbero creare formazioni militari»

Giovanna Boursier

Marco Scavino

Da Ricordate quel 25 Aprile?

Manifesto 1995

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