La battaglia nel rione di San Jacopino 3 Parte

Agosto 1944 –
Firenze Insorge, si Libera e si Governa

La battaglia nel rione di San Jacopino

3 Parte
12 AGOSTO:
Verso le ore 10,00, provenienti dall’ Oltrarno, giungono alcu­ne compagnie della "Sinigaglia" che si acquartierano alla Scuola Sassetti di via Garibaldi, con I’ obbiettivo di intervenire nella parte più occidentale del rione di S. Jacopino; mentre altre due compa­gnie della "Lanciotto", in un primo momento inviate in via P.L. da Palestrina, si dividono, e la compagnia comandata da "Gostíno" viene dirottata verso il rione delle Cure per dare man forte ai patrioti del Tenente Montaina. L’ altra compagnia, comandata dal leggendario "Timo", tenta di oltrepassare il Mugnone, in prossimi­tà delle macerie del ponte di S. Donato.
I tedeschi però sono ancora in questa zona molto forti, e bersa­gliano dalle loro postazione i patrioti nel loro tentativo d’ attacco. Il comandante "Timo" viene ferito e ciò provoca un certo sbandamento nelle file partigiane che desistono dal tentativo.
Nelle strade del rione i franchi tiratori continuano a far vitti­me: una di esse è un ragazzino che prestava la sua opera (come gli scugnizzi delle quattro giornate di Napoli); si chiamava Marco Petrucci.
Nel frattempo anche parte della "Sinigaglia— viene richiamata in centro per poter pattugliare le strade dove i cecchini agiscono maggiormente. Nel corso della mattinata due pattuglie tedesche (una trentina di uomini in tutto) muniti di alcuni lanciafiamme, superato il Mugnone, si spingono minacciosamente verso piazza S. Jacopino e via Bartolini (attuale via Maragliano). Immediatamente i patrioti della "Rosselli" respingono I’ attacco dopo una cruenta battaglia, infliggendo sei perdite al nemico, ma lasciando sul cam­po un morto e due feriti.
Sul fronte del Mugnone i tedeschi continuano a colpire con le loro armi automatiche via Lulli, via Bellini, via Doni e via Veracini. Nel pomeriggio con l’aiuto di un "tigre" e di due autoblindo, i tedeschi riescono a raggiungere il sottopassaggio del viale Belfiore, e ad attestarsi sulla via Cassia, dirigendo il fuoco sul viale Belfiore e via B. Marcello, nel tentativo di tagliare il fronte di S. Jacopino.
Verso sera i partigiani della "Terza Rosselli" e la seconda compagnia "Lanciotto" riescono a sventare l’accerchiamento.
Anche sul fronte della Manifattura Tabacchi si susseguono per tutta la giornata i combattimenti, condotti dalle S.A.P. locali e dalla terza compagnia della "Sinigaglia", comandata da "Varo", che a poco a poco sostituirà il contingente della "Lanciotto". Alcune S.A.P. coadiuvate dagli uomini della "Lanciotto" riescono a cattu­rare nella zona compresa tra il Ponte alle Mosse e S. Jacopino, cinque franchi tiratori che vengono immediatamente giudicati da un Tribunale improvvisato e successivamente giustiziati.
Durante la notte i tedeschi non danno tregua e tornano ad attaccare nella zona di S. Jacopino, battendo il settore con un violento fuoco di mortai che costringe il contingente partigiano a ritirarsi e ad attestarsi sulla linea di Porta al Prato. Fortunatamente, le mitragliatri­ci della "Terza Rosselli" riescono ad impedire il passaggio dei tede­schi lungo i viali, respingendo il nemico sulle vecchie posizioni.
Nella giornata i partigiani registrano oltre a vari feriti, altri due morti: il già citato Marco Petrucci (staffetta) e un partigiano della "Terza Rosselli".
13 AGOSTO:
All’alba finalmente le truppe alleate iniziano l’attraver­samento dell’Arno con la conseguente occupazione del centro storico. Quasi contemporaneamente, nella zona di S. Jacopino si riaccendono le ostilità. Alle nove di mattina i paracadutisti tedeschi con I’ appoggio di mezzi corrazzati e fuoco di mortai, iniziano una nuova offensiva, entrando nel rione dal Ponte all’ Asse e dal Ponte di S. Donato. Ancora una volta spetta alla "Terza Rosselli" impe­gnarsi per ricacciare il nemico al di là del Mugnone.
In questa nuova offensiva le truppe tedesche cercano di infil­trarsi anche in via Ponte alle Mosse.
Pure nella zona della Manifattura si svolgono aspri combatti­menti. Nel corso della giornata al "Casone" si avvicendano i reparti partigiani: la "Sinigaglia" prende definitivamente il posto dei com­battenti della "Lanciotto", che vengono trasferiti in altre zone calde della città. Durante la giornata, alle spalle delle postazioni partigia­ne si attestano i primi reparti alleati, composti da soldati indiani, prendendo postazione in alcune case di via Bartolini. Ancora però gli alleati non entrano direttamente in azione, lasciando sulla linea del fuoco i soli patrioti. Una richiesta di aiuto da parte dei partigia­ni che ancora a sera sono impegnati presso il Ponte di S. Donato viene rifiutata dall’ ufficiale inglese con le testuali parole : <muni­zioni e sigarette quante ne volete, uomini no: ne ho già perduto uno tra Poggibonsi e Firenze>.
Nella stessa giornata i combattenti della "Sinigaglia" attestati al "Casone", apprendono la triste notizia della morte del caposquadra "Berto" (Alberto Casini), ferito l’undici in via Mercadante; il comandante "Mauritias", molto colpito da questa notizia, scrive una poesia dedicata al suo compagno che poi legge a tutti i combattenti. Di questo episodio personale, così ci riferisce Giovanni Frullini nel suo libro "La liberazione di Firenze": <… appreso che nell’ Ospedale militare di S. Gallo è morto, per la ferita alla testa, il suo caposquadra Berto, "Mauritias", ovvero il docente di lettere Raffaello Ramat, dedica alla sua memoria una poesia che poi legge commosso ai compagni del suo distaccamen­to. Si tratta di una lirica semplice, scaturita dai sentimenti imme­diati e resa con un linguaggio alquanto enfatico: insomma, versi da non tramandare alla storia della letteratura, forse nemmeno a quel­la della Resistenza, poiché di questa storia le generazioni future mostreranno interesse al massimo per quei fatti che contengono i germi della continuità, ripudiando ad ogni retaggio eroico-senti­mentale, legato al clima irripetibile del momento. E’ fatale che quando della storia si tramandano memorie dilatate dalla retorica, si raccolgono poi pochi frammenti filtrati dalla noncuranza… >\1_
14 AGOSTO:
La giornata del 14 è caratterizzata dall’ attacco posto dai tedeschi al "Casone". I bombardamenti nemici per la preparazione dell’ offensiva, effettuata con fuoco di mortai, provocano molte vittime fra la popolazione del quartiere. Gli stessi patrioti, che molto devono fare per rintuzzare l’azione nemica, lamentano molte perdite; tra questi viene ferita anche la crocerossina Maria Krobat, soprannominata "l’eroina del Casone".
Costretti ad indietreggiare sul settore del "Casone", i tedeschi più tardi subiscono il contrattacco, in prossimità della confluenza del Terzolle con il Mugnone, degli uomini della "Sinigaglia", che tentano di ricongiungersi con le S.A.P. attanagliate nella zona del Ponte di Mezzo; questo obbiettivo però viene coronato da successo solamente in parte.
15 AGOSTO:
In questo giorno deve purtroppo registrare un fatto di cronaca a dir poco impressionante. Un testimone narra di una donna in stato interessante, colpita da una granata su un angolo di via Lulli. Ecco le poche frasi che testimoniano l’agghiacciante episodio, dopo che le schegge hanno investito la povera donna: <siamo andati a prenderla, e quella disgraziata aveva il ventre squarciato. Le usciva il bambino… Una cosa orribile… Non riesco a dimenticare quello che ho visto…>.
16 AGOSTO:
Sul settore di sinistra la giornata passa in una relativa calma anche per gli abitanti; molti di essi si erano rifugiati, per maggior sicurezza, all’ interno della chiesa di S. Jacopino.
Pattuglie della "Sinigaglia" riescono ancora una volta a varca­re il Mugnone, in prossimità del Terzolle, risalendo in perlustrazione il corso del torrente.
Durante la notte i partigiani svolgono operazioni di pattugliamento del quartiere, questa volta coadiuvati da squadre di soldati indiani. I tedeschi, si fanno sentire con un forte e prolungato bombardamento di artiglieria, che investe tutta la zona. Alcune pattuglie ingaggiano brevi conflitti a fuoco nei pressi di S. Jacopino, riuscendo a catturare due franchi tiratori che vengono giustiziati.
17 AGOSTO:
Mentre nel resto della città si registra una relativa calma, nel nostro quartiere ancora i partigiani devono fare appello a tutte le forze disponibili, In via Lulli si deve erigere una barricata (a tale operazione contribuirono moltissimo anche gli abitanti della stra­da) per potersi meglio proteggere dal fuoco di sbarramento di una mitragliatrice e di un carrarmato dei tedeschi appostati in prossi­mità dei Macelli, che riescono a prendere d’ infilata l’intera via con lo scopo di appoggiare un nuovo ritorno offensivo.
Nel settore del "Casone", col favore dell’ oscurità, una pattuglia di patrioti composta da cinque uomini, sorprendeva l’appostamento di un gruppo tedesco a poca distanza dalla Manifattura, riuscendo ad uccidere due tedeschi e ferendone altri due, ritornando poi, attraverso i giardini interni, alle proprie postazioni.
18 AGOSTO:
Una azione di disturbo portata a termine poche ore prima dell’ alba dai cinque patrioti ha provocato tra i paracadutisti tedeschi l’impressione di un vasto attacco partigiano avente per scopo la conquista della Manifattura. Ciò è sufficiente, per far temere ai soldati di presidio alla fabbrica un accerchiamento senza via di scampo. I tedeschi pertanto abbandonano con gran fretta le proprie postazioni, senza fortunatamente curarsi di far saltare le mine già predisposte presso i macchinari, credendo che la migliore strategia sia la fuga. Altro non attendevano le squadre partigiane attestate al "Casone", che immediatamente si pongono all’inseguimento dei fug­giaschi. Devono desistere nell’azione nel parco di villa Demidoff, interamente disseminato di mine, che provocano alcuni ferimenti tra gli inseguitori. Dalla testimonianza di Rinaldo Bausi: < Quando entrammo nella Manifattura da una serie di segni comprendemmo che i nostri avversari si erano allontanati in fretta e furia. Dovevano aver ricevuto l’ordine all’ ultimo momento e all’improvviso >.
Anche sul fronte del Mugnone i tedeschi, incalzati dagli attac­chi della "Sinigaglia", devono abbandonare le proprie postazioni.
20 AGOSTO:
Ormai i tedeschi hanno preso posizione su una linea del fronte più arretrata rispetto a quella dei giorni precedenti. I parti­giani impegnati nel quartiere sono in continua perlustrazione per snidare i franchi tiratori e controllare le mosse dei tedeschi in prossimità delle loro linee. Una pattuglia in azione nella zona del Ponte alle Mosse riesce ad individuare e a sopprimere tre franchi tiratori. Un altro cecchino viene ucciso nei pressi di via Baracca.
Durante la notte, verso le 22,00, un gruppo di tedeschi com­posto da venticinque uomini, inizia l’assalto alla Manifattura, con lancio di bombe incendiarie e raffiche di mitragliatore; I’ uso di un "panzer-faust", necessario per abbattere la porta d’ ingresso della fabbrica, li priva del vantaggio determinante della sorpresa, e dopo un tenace combattimento vengono respinti dai patrioti attestati all’interno della Manifattura. 1 tedeschi devono desistere dal loro intento, lasciando sul campo due morti e sette feriti.
Lo stesso giorno gli. uomini del sottotenente Bausi lasciano il "Casone dei Ferrovieri" perchè hanno ricevuto il cambio da un altro reparto della D.C. . Avviene un piccolo episodio significati­vo, che vale la pena di riportare: gli uomini della "Lanciotto", quelli delle Squadre Comuniste e il nuovo reparto della D.C. presenta le armi al reparto del Bausi e agli uomini della "Teseo". < Non era una formalità, un semplice rituale militare. Era qualcosa di più la testimonianza di uno spirito che sentivamo vivo in quei momenti: battersi per conquistare la libertà > (da uno scritto di R. Bausi).
23 AGOSTO:
Gli alleati cominciano a far filtrare alcuni loro pattuglie in prima linea, dando la sensazione che si apprestino a riprendere l’offensiva. Purtroppo anche questa giornata si deve registrare la perdita di un patriota: Luigi Svelto, facente parte del contingente del "Casone", .che mentre è alla testa di una pattuglia alleata nei pressi dello stabilimento FIAT, viene catturato dai tedeschi. Di lui non si saprà più niente.
24 AGOSTO:
1 tedeschi tentano nuovamente di mettere in pratica altre azio­ni offensive su tutto il fronte cittadino. Una prima iniziativa di tale genere viene effettuata in prossimità delle Cascine, immediatamen­te bloccata dalle forze difensive partigiane.
26 AGOSTO:
Una pattuglia del "Casone" riesce ad arrivare nei pressi del Barro, e in seguito alla Torre degli Agli; qui ingaggia un piccolo conflitto a fuoco con i tedeschi, riuscendo ad uccidere la vedetta appostata sulla torre. Nel tragitto di ritorno i patrioti cadono in un’imboscata tesa dai tedeschi nel parco di Villa Demidoff; in tale azione viene ucciso il patriota Enrico Rigarci e tutti gli altri componenti la pattuglia rimangono feriti.
29 AGOSTO:
Nel corso della giornata i tedeschi compiono due azioni offen­sive in direzione del Ponte ali’ Asse e della Manifattura Tabacchi. Nel corso delle due battaglie volte a favore dei reparti difensivi, i nazisti lasciano sul campo quattro morti.
Sono queste le ultime azioni di guerra che i soldati di Hitler compiono nel nostro quartiere.
Con la giornata del primo settembre viene completata la libe­razione della città; la "battaglia di Firenze" è finalmente finita, tutti i fiorentini sono ormai liberi. Nella stessa giornata vengono libera­te Fiesole e Lastra a Signa, rispettivamente dai partigiani della Brigata "Buozzi" con S.A.P. locali e da alcuni reparti di "Giustizia e Libertà", mentre gli Alleati, scavalcando le postazioni partigiane, si pongono in prima linea.
Dopo la completa liberazione di Firenze tutte le Brigate Parti­giane, dopo aver sfilato per il centro cittadino, il 7 settembre, si riunirono alla Fortezza da Basso, dove nel corso di una cerimonia vennero consegnati i diplomi ai patrioti e ai partigiani per I’ opera svolta in favore della liberazione della città. Nel corso della stessa cerimonia avvenne anche la consegna delle armi e lo scioglimento delle Brigate come formazioni militari. Questo ultimo fatto di­spiacque a molti dei partecipanti, come ci narra il testimone Mario Baldassini: <gli alleati non ci vedevano con simpatia perchè erava­mo in maggioranza comunisti, con i fazzoletti e le bandiere con la falce e il martello.
Molti partigiani si arruolarono nell’ Armata di Liberazione dell’ Esercito Italiano, composto da una forza militare che operava al fronte sulla linea Gotica. Erano state ricostituite le Divisioni "Friuli" e "Cremona", con i vecchi ufficiali e sottoufficiali; i volontari che si arruolavano, molti comunisti, dopo un corso di perfezionamento, venivano classificati "guastatori" e furono man­dati in prima linea alternandosi ai reparti inglesi e americani. La divisa che indossavano era quella inglese, con in più le stellette, le mostrine e una striscia tricolore sul braccio sinistro. Questi reparti liberarono Bologna e l’Emilia, raggiungendo poi il nord e Milano -dove furono sciolte>.
La guerra ormai si allontana di giorno in giorno, si inizia a lavorare per la ricostruzione.( Tornano alla mente i rancori e le gelosie; dobbiamo abituarci a dimenticare la vendetta, troppi anni sono trascorsi tra angherie e ingiustizie. Forse per una dì queste ragioni viene perpetrato il primo delitto passionale post-bellico, come riportato dal giornale del 13 settembre. La vittima è un industriale assassinato a colpi di rivoltella nel viale Belfiore. Gli inquirenti sospettano che ad ucciderlo sia stato il marito della donna con la quale l’industriale aveva una relazione. E’ un fatto questo che ha una certa importanza o è soltanto il tipico esempio di chi della sofferenza di un popolo non ha recepito niente ?

CONTRO TEDESCHI E FASCISTI

EMULI NELLA BARBARIA, A DIFESA DELLA LIBERIA’ DI
FIRENZE,
IN QUESTA CASA DEI FERROVIERI, FATTA TRINCEA,
CADDERO COMBATTENDO 1 PATRIOTTI:
GOZZOLI ADRIANO – RIDACCI ENRICO – PEVERE GIOVANNI ‑
SANTI VIRGILIO – DI CARLO ACHILLE – PETRUCCI MAURO.
NE ESALTINO LA MEMORIA QUANTI NON CREDONO VANO
NOME – AMOR DI PATRIA .

Appendice

Schieramento delle forze di Liberazione nel Quartiere: – Brigate partigiane: "lanciotto", "Sinigaglia", "Giustizia e Liber­tà", alcuni membri della "Teseo" e del "Fronte della Gioventù" al Casone dei Ferrovieri.
– Forze Alleate: pattuglie Indiane, Mongole ed Australiane.
– Dislocazione del Comando C.T.L.N. della Terza Zona: si trovava nei locali di villa Favard attuale Facoltà di Economia e Commercio, posta sui Lungarni, mentre il Comando della Sinigaglia era alle scuole di via Montebello.

Nomi di alcuni perseguitati politici che subirono rappresa­glie nel nostro quartiere.
– PALAZZESCHI ANGELO (padre del partigiano Vasco detto "Mara") – abitava sceso il Ponte alle Mosse; licenziato dalle Ferro­vie il 20 novembre 1923 per aver scioperato nel 1914 e 1921. Riassunto nel 1945, dal 1924 fece il merciaio ambulante. Deceduto il 7 dicembre 1.947.

– ERCOLI EUGENIO – abitava nell’attuale via P.L. da Palestrina, allora via Ponte all’ Asse, fra via Ponte alle Mosse e via Porte Nuove. Ferroviere licenziato fu riassunto dalle FF.SS. nel 1945. Si mise a fare il meccanico di biciclette in via Ponte alle Mosse. Deceduto il 1 ottobre 1957.

– FILIPPINI UMBERTO – abitava in via Cimarosa. Ferroviere licenziato, fece il camionista fino alla riassunzione avvenuta nel 1945. Era un forte e buon gigante che fu capace da solo a far fuggire gli aggressori fascisti.

– GALLI DUILIO – Abitava in via Ponte all’ Asse vicino a Giuseppe Rossi. Metalmeccanico dell’ Officina Cipriani e Baccani, licenziato per lo sciopero del 1923, emigrò in Francia, fece lavori vari fino alla riassunzione del 1945.

– GATTI ARDUINO – Venuto nel nostro rione negli anni trenta; valido ed attivissimo antifascista.
– ZULIMO CIRRI e OVIDIO CHERUBINI – Cuoiai amici e soci erano titolari del negozio posto in via del Ponte alle Mosse ora gestito dai figli del Cherubini. Non si piegarono mai alle provacazioni fasciste nonostante le varie minacce subite.

– DEL RE – Calzolaio vicino al negozio dei suddetti cuoiai; anche lui vittima di soprusi e percosse.

– ROSSI GIUSEPPE – Muratore, abitava in via del Ponte all’Asse. Emigrò in Francia e fu in prigione ad Ancona insieme al compagno di partito Settesoldi Amleto. Organizzatore e dirigente nella clandestinità del P.C.I. (sulla sua vita ed attività vedasi l’inte­ressante volume a lui dedicato di recente da Orazio Barbieri).

Lavoratori delle Officine Ferroviarie di Porta al Prato, vittime dei bombardamenti del 1 e 2 maggio 1944 (tratto dall’ Albo d’Onore dei Ferrovieri caduti in guerra):

– ACCIAI GIACOMO, manovale;
– BARBUCCI GIOVANNI, capotecnico;
– BERNA PIETRO, manovale;
– CASAROSA ORESTE, operaio;
– FILIPPELLI NELLO, operaio;
– FLORENZI CARLO, capotecnico;
– GIANNINI GIANNINO, operaio;
– GIUBBI REMO, operaio;
– GOZZI RAFFAELLO, commesso;
– MILANI CARLO, operaio;
– PERICCIUOLI GALLANO, operaio;
– RANFAGNI DANTE, operaio;
– TORSELLI PILADE, operaio;
– VELLUTINI GIOVANNI, capotecnico.

Tratto da
Antifascismo e Resistenza nel rione di San Jacopino – Piazza Puccini
A cura di Bertelli Maurizio & Masini Donatella
Firenze 1992

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