Archivi categoria: Poesie dal fronte

Avvocato Stazi – A una Dea

Avvocato Stazi

A una Dea

(Dai campi di prigionia alleati)

O Patata leopolina

che ti mangio in un boccone

perché sembri così bella

saporita qual cappone?

Te ne arrivi in carrozzella

con un paio di destrieri

il tuo arrivo in "Cittadella"

è una gioia ai prigionieri

Perché il freddo non ti geli

nella tua terra tiepidina

con di paglia fitti veli

i piantoni ti fan cucina

Tutti quanti i sogni eroici

che si fanno in camerata

non son per amori esotici

ma per te, o Dea patata

O Patata leopolina

tu che regni in Cittadella

se dei sogni sei reina

E manda via la sentinella.

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Guido Tosato – Erano i giorni lontani e forti

Guido Tosato

Erano i giorni lontani e forti

(Prigionieri nei Lager tedeschi)

Erano i giorni lontani e forti,

erano i giorni dei vostri morti,

erano i giorni dell’avversa fortuna,

erano i giorni in cui sol c’è la morte e sfortuna.

Andavano assieme Alpini e Artiglieri

Uniti sempre, come oggi domani e ieri.

Contro la morte andavano uniti

Dal freddo, dalla fame, dalle fatiche sfiniti.

Era una lotta disperata e atroce

Per poter sfuggire a morte feroce.

Tratto da

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Giovanni Pianfetti – Nuova canzone alpina partigiana

Giovanni Pianfetti

Nuova canzone alpina partigiana

(Resistenza Jugoslavia)

Fummo mandati in terra straniera

con poche armi e vestiti inadeguati,

ma combattemmo da veri soldati

dimostrando a tutti il valor dell’Alpin.

*

All’Armistizio non cedemmo le armi

ma le impugnammo contro il nemico.

Ci alleammo ai soldati di Tito

Per dare al mondo la "Libertà"!

*

Per quelle rupi, selve e foreste

portammo in alto il nostro "Tricolore";

noi combattemmo per rifarci l’onore,

che il fascismo nel fango gettò.

*

Tra le file dei "veci" e dei "bocia"

si produssero vuoti "paurosi";

eran Ufficiali e Soldati Valorosi,

eran combattenti per la "Libertà"!

Tratto da

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Salvatore Tagliavia – La mia prigionia

Salvatore Tagliavia
La mia prigionia
(Prigionieri nei Lager Tedeschi)

E li ognuno la propria arma dava
con forte rabbia e con malinconia
pensando tant’onor che ci crollava
che proprio prima possente valia
ognuno di se stesso si lagnava
che il proprio dover facemmo mia
mentre già tardi il sonno ci attirava
la sul marciapiede chi dormir volia.
*
Lungo il viaggio in una stazione
ne ho visto ancora un’altra da narrare
una donna avendo di noi compassione
voleva offrirci roba da mangiare
mentre appare in ombra un Tedescone
con la pistola pronta per sparare
e Lei gli disse: brutto animalone
un giorno pure tu dovrai crepare.
*
Pensando Vienna penso ogni ricordo
penso che la vita è torbida d’amare
due chili di pane per 50 non lo scordo
dopo due giorni ch’ero senza mangiare
"bene"… dissi io… siamo d’accordo
ancora pochi giorni di campare
ma Dio dovrà pensare a quel balordo
che volle questa guerra incominciare.
*
Non vi era più legge cristiana
ognuno ragionava alla "cafuna"
come se fosse chiuso in una tana
dove non sorge né sole né luna
non vi era radio all’Italiana
non vi era né becco giallo né tribuna
tutti vestiti alla Maomettana
con una striscia bianca in tuta bruna.
*
Striscia funesta scomparsa tra i fili
quando giunsero gli Americani
quando suonò il ritiro dei gran vili
per la Wermacht e per tutti i Germani
eran come idrofobi ai canili
che si mordevano fino le mani
scotti di vergogna nel mondo infuocato
ponevan fine ad un flagello spietato.
Tratto da clip_image002

Giovanni Pianfetti Nuova canzone alpina partigiana (Resistenza Jugoslavia)

Giovanni Pianfetti
Nuova canzone alpina partigiana
(Resistenza Jugoslavia)

Fummo mandati in terra straniera
con poche armi e vestiti inadeguati,
ma combattemmo da veri soldati
dimostrando a tutti il valor dell’Alpin.
*
All’Armistizio non cedemmo le armi
ma le impugnammo contro il nemico.
Ci alleammo ai soldati di Tito
Per dare al mondo la "Libertà"!
*
Per quelle rupi, selve e foreste
portammo in alto il nostro "Tricolore";
noi combattemmo per rifarci l’onore,
che il fascismo nel fango gettò.
*
Tra le file dei "veci" e dei "bocia"
si produssero vuoti "paurosi";
eran Ufficiali e Soldati Valorosi,
eran combattenti per la "Libertà"!

Tratto da
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Paolo Ciotti – Ci ammazzano il cuoco

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Paolo Ciotti
Ci ammazzano il cuoco
Paolo Ciotti racconta bombardamenti, morti a Camporosà-Costesin (VI) il 8 giugno 1915
L’8 giugno il 116° reggimento è attendato nella zona Camporosà-Costesin, solo piccole scaramucce tra gli eserciti turbano la calma del fronte nei pressi di Asiago.
Al mattino gli austriaci,  vedendo fumo a Mandrielle, hanno bombardato le cucine. Rimane ferito il cuciniere della 3^ Compagnia che dopo poco muore. E’ il primo morto del Reggimento ed è triste che la prima vittima sia stata proprio un cuciniere che i soldati chiamavano “Imboscato”.

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Giovanni Pinfetti – Ode alle penne mozze del Cattarino

Giovanni Pinfetti
Ode alle penne mozze del Cattarino
(Resistenza Jugoslavia)

Oh… Tu grande figlio d’Italia
Generoso eroe della "Libertà",
Cadesti sotto la mitraglia
Le Tue ossa or riposan là
Sulle bianche pietraie aguzze
Il Tuo sangue hai versato,
Per difender Ledenice
La Tua vita hai donato

Noi alpini, tutti quanti
diventati "Partigiani",
Combattiamo chi T’uccise
Con potenti mezzi arcani.
Se in Italia torneremo
Ti faremo un "Monumento"
Che racconti la Tua storia,
Tuo coraggio ed ardimento!
Caro alpino "Penna Mozza"
Non temere che noi tutti
Pugneremo con fermezza…
Contro i vili farabutti!
Or riposa combattente
Della "sacra Libertà"
Noi diremo alla tua gente,
Che per essa tu sei qua.
Sulle "Lande Cattarino"
Senza nome e senza croce
Non narcisi o stelle alpine
… Hai trovato la Tua "Pace".
Se un dì su questa terra
Noi dovessimo tornare,
Da borghesi, senza guerra,
Ti verremo a salutare!

Tratto da
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Delvisio Deli – Lager Brunnenthal "Arburge"

Delvisio Deli
Lager Brunnenthal "Arburge"
1 settembre 1944

I
Sorge il canto mio come l’Aurora,
Che spunta Febo alle nostre colline.
Lo stesso il canto mio si ristora,
Perché ve bevve l’acque cristalline.
Pronto lo ritrovo a qualunq’ora,
Come si gioca con dama e pedine.
Con la mossa pronta al suo dovello,
Come l’alpino è adatto al suo fardello.
II
È quasi un anno e non mi sembra bello,
Tirar fuori questa mia Musa,
Perché l’ho messa dentro ad un castello,
Come ‘na monachella l’ho rinchiusa.
Chiedo perdono su di questo e quello,
Per primo uso io la mia scusa.
Se manca su di me tale cultura,
Che non adotto la giusta misura.
III
Son prigioniero chiuso dentro le mura,
E là meno una vita tribolata.
Ma su di questo non uso paura,
La musa è la mia vecchia fidanzata.
Voglio mettermi ancora con premura
A far sentire la voce tanto amata.
Come quando io ero ventenne,
Poi grigio-verde la mia vita venne.
IV
Lontano sono io da ogni parente,
Non vedo notizia paesana,
Nemmeno un sacco per dar gusto al dente,
Per mangiare un po’ di roba sana.
Ma dentro il cuore mio tutto è presente,
Un desiderio d’amor sempre brama.
Quello d’aver salute fino in fondo,
Al ciclo operativo furibondo.
V
0 Dio del ciel proteggi tutto il mondo,
Dona la pace, ché l’è molto attesa.
A questi capi fai saldare il conto,
Che han fatto la guerra per pretesa.
Contro di loro è tutto il mondo,
Vonno tenere ancor la guerra accesa.
Per dominare i popoli latini,
Così ne pensa Hitler e Mussolini.
VI
Ma tutti i giorni vengono i cugini,
Buttando giù le dette caramelle.
Sono convinti ancor questi assassini,
Benché sanno lasciarci, si, la pelle.
Stanno per consegnare i confini,
Restando tutti con le parolelle.
Sono convinti ancor della vittoria
E la campana già gli sona gloria.
VII
Tutto ne verrà scritto sulla storia,
Ciò che fa questo popolo brutale.
Resterà inciso nella memoria
E per me resterà vecchio rivale.
Se salvo resterò su questa boria,
Per ritornar nella casa natale,
farò preghiera di ringraziamento
A Iddio supremo su nel firmamento.
VIII
Mi richiudo di nuovo a ‘sto commento,
Seguitando or la vita tribolata.
Ma la prego in ogni momento,
la Divina Madre Immacolata.
Ché un giorno finirà questo tormento,
Questa vita mia sia liberata.
Così posso tornare a casa mia,
Ringraziando la Vergine Maria.

Tratto da

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R. Finzi – Un canto inedito della Divina Commedia

Prima guerra mondiale

R. Finzi
Un canto inedito della Divina Commedia

Io vidi ed anco il sangue mi s’abbica
di gente una gran turba in quel girone
sozza d’ogni sozzura nova e antica
*
Chiesi a Virgilio: O Duca, esce persone
che si sconciati hanno cuore e budella,
per qual mai colpa sono in questo agone?
*
Ed egli a me, con ischietta favella:
d’ogni uman fallo, Dante, vedrai pena
pria che tu giunga in fondo a questa cella;
*
vedrai predon, falsari ed altra oscena
compagnia, traditori e barattieri
e violenti nella calda arena;
*
ma quanti ora tu vedi son più neri
di colpa che qual altro cittadino
di questa valle ove non è chi speri.
*
Qui piange suoi misfatti lo strozzino,
qui si strappa suoi visceri colui
che su nel mondo li strappò al vicino.
*
Subitamente vidi e certo fui
che giustizia divina facea strazio
qual si conviene a questi spirti bui.
*
Scorsi uno d’essi, che pareva sazio
d’ogni dolor, ficcar le dieci dita
nel ventre aperto come sacco al dazio,
*
ed a forza allargar quella ferita
e le budella rivoltar col gesto
del doganier che contrabbando addita.
*
Ed uno spírto di costui più mesto
il proprio cuore aveva portato a’ denti
e si il mordeva d’ogni intorno lesto.
*
Un terzo ancor, che gli occhi aveva ardenti
d’infame rabbia, con aguzzo sasso
faceva a brani i visceri pendenti.
*
Terribil vista! Io spinsi allora il passo,
ma Virgilio esortommi con amari accenti:
Osserva il nuovo contrappasso:
*
Costoro al mondo non ebbero altari
d’amor fraterno, e pane a’ lor fratelli
vendettero per oro a peso pari.
*
Luogo è lassù non cinto di castelli
ma di rete metallica, che ospizia
molti latini ed angeli son con elli,
*
Cazzenovo s’appella e la malizia
che qui in eterno pagherà lo scotto
là dentro visse e compì sua tristizia.
*
Tacque il Maestro, ed uno ch’aveva rotto
tutto il torace, fegato e budella
strappossí in ira di Virgilio al motto,

gridando con orribile favella:
Agli affamati ogni crosta conviene
e misi in borsa orioli, gemme anella!
*
Ed io gli dissi: Queste vostre pene,
strozzini abbietti, sono giusto scherno
al color del peccato che vi tiene

così sconciati in vostro duolo eterno.

Nota
Tratto da “Poesie dal fronte”
Oltre a dirigere il giornale del campo di internamento di Katzenau, ‘La Baracca il professor R. Finti teneva corsi di letteratura italiana per i prigionieri. Dotato di un certo senso dell’ironia, fondamentale per salvarsi nei momenti più difficili della vita – adattò la Divina Commedia alla situazione che vivevano i deportati all’interno lager, scrivendone un canto "aggiuntivo".
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Giovanni Pinfetti – Ode alle penne mozze del Cattarino

Giovanni Pinfetti
Ode alle penne mozze del Cattarino
(Resistenza Jugoslavia)

 

Oh… Tu grande figlio d’Italia
Generoso eroe della "Libertà",
Cadesti sotto la mitraglia
Le Tue ossa or riposan là
*
Sulle bianche pietraie aguzze
Il Tuo sangue hai versato,
Per difender Ledenice
La Tua vita hai donato
*
Noi alpini, tutti quanti
diventati "Partigiani",
Combattiamo chi T’uccise
Con potenti mezzi arcani.
*
Se in Italia torneremo
Ti faremo un "Monumento"
Che racconti la Tua storia,
Tuo coraggio ed ardimento!
*
Caro alpino "Penna Mozza"
Non temere che noi tutti
Pugneremo con fermezza…
Contro i vili farabutti!
*
Or riposa combattente
Della "sacra Libertà"
Noi diremo alla tua gente,
Che per essa tu sei qua.
*
Sulle "Lande Cattarino"
Senza nome e senza croce
Non narcisi o stelle alpine
… Hai trovato la Tua "Pace".
*
Se un dì su questa terra
Noi dovessimo tornare,
Da borghesi, senza guerra,
Ti verremo a salutare!

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