Jugoslavia Lettere di condannati a morte

Jugoslavia – Introduzione
Sono Caduti per la “Libertà” Con il nome della “Patria sulle labbra
E “Bandito” sul cartello al collo dell’impiccato
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Lager di Jasenovic Serbi impiccati
Jugoslavia
Introduzione
La Jugoslavia, presenta, per quanto riguarda le perdite in vite umane nel periodo dell’occupazione, uno dei quadri più tragici e complessi. Ai crimini compiuti dagli
occupanti (tedeschi, italiani fino al settembre 1943, bulgari fino al settembre 1944, e ungheresi) si aggiungono le lotte intestine (croati contro serbi, ustascia contro cetnici, cattolici contro ortodossi) e i conflitti fra le bande di Mihajlovic, operanti soprattutto in funzione anticomunista, e i partigiani di Tito. Va aggiunto che in nessun Paese d’Europa le forze dei quisling* (e in modo particolare gli ustascia di Pavelic e i serbi di Nedic) gareggiarono in così grande misura con gli occupanti nel commettere violenze e stragi. Un calcolo particolareggiato delle perdite jugoslave non potrà, ovviamente, essere fatto mai (sono stati compiuti o sono in corso in Jugoslavia studi solo parziali, per zone, campi di concentramento ecc.); ci si deve limitare quindi a una indicazione delle perdite complessive che si aggirano (se si comprendono le vittime dell’invasione e dei bombardamenti aerei) intorno a 1 milione e 700 mila morti su di una popolazione di poco meno di 17 milioni di abitanti. In questa cifra sono compresi circa 60 mila ebrei; per il loro sterminio fu introdotto nel campo di Semlin, al principio del 1942, il sistema allora ancora sperimentale dei furgoni in cui essi venivano soffocati dai gas di combustione dei motori.
Se si esamina partitamente il comportamento dei singoli occupanti nelle zone di competenza di ciascuno (fino all’armistizio italiano, dopo di che la situazione divenne molto mutevole e la quasi totalità del territorio jugoslavo” salvo le zone tenute e man mano conquistate dai partigiani, fu sotto il terrore tedesco e dei quisling), si possono rilevare i seguenti elementi:
Tedeschi
Occupavano la parte settentrionale della Slovenia (annessa al Reich), la parte settentrionale della Croazia, quasi tutta la Serbia e il Banato. Furono i tedeschi, con gli ustascia croati, che compirono le maggiori atrocità. Le esecuzioni capitali (per fucilazione o impiccagione) avvenute in seguito a condanna rappresentavano una ben piccola percentuale rispetto alle esecuzioni compiute sui luoghi stessi della cattura o comunque a opera del reparto stesso che aveva compiuto la cattura, e agli stermini della popolazione. Innumerevoli villaggi furono distrutti e i loro abitanti in parte massacrati.
250 mila serbi residenti in Croazia furono, senza esclusione di età, sterminati. Il numero chiave in base al quale erano compiute le uccisioni per rappresaglia variò nel tempo e nei diversi settori: si raggiunse la cifra (uguagliata solo in Polonia) di 100 jugoslavi per ogni tedesco ucciso e di 50 per ogni ferito. Di ostaggi erano pieni i campi di concentramento (tra i quali quelli di Banjica e Sajmiste presso Belgrado) e le carceri (particolarmente note per le torture a cui i patrioti furono sottoposti, quelle di Slovenia, a Maribor, Celje e Bugunje). Altri finirono nei campi di concentramento in Germania (Dachau, Mauthausen, ecc.). Sugli eccidi di ostaggi si ricordano alcuni di quelli documentati al processo di Norimberga; fucilati a Belgrado,
il 3 ottobre 1941, 450
il 17 ottobre 1941, 200;
il 3 novembre 1941, 100;
il 19 febbraio 1943, 400.
Esempi di fucilazioni di ostaggi, con un numero di vittime variante da 50 a oltre 300, si hanno in altre numerose località.
Il più terribile eccidio compiuto dall’occupante tedesco fu quello del 20 ottobre 1941 a Kragujevac: vi furono massacrati 2300 serbi, cioè tutta la popolazione maschile dai sedici ai sessant’anni.
A questo eccidio fa riscontro quello (fra i molti analoghi) compiuti dagli ustascia a Glina: 300 serbi furono costretti a entrare in una chiesa ortodossa e sterminati, quindi la chiesa fu data alle fiamme.
I tedeschi deportarono circa 300 mila tra ufficiali e soldati jugoslavi prigionieri di guerra. Si hanno notizie particolareggiate su un convoglio di prigionieri jugoslavi giunto fino in Norvegia: di 900 arrivati, ne sopravvissero solo 120.
Italiani
Occupavano la parte meridionale della Slovenia (in parte annessa all’Italia), la parte meridionale della Croazia, il Montenegro, la zona di Kosovo e Metohija, le isole dell’Adriatico e la costa dalmata (isole e costa in gran parte annesse all’Italia) e la parte occidentale della Macedonia jugoslava (annessa all’Albania). Valgono qui le indicazioni di ordine generale date per i tedeschi, salvo osservare che in genere gli ordini impartiti dai comandi nei confronti dei partigiani e della popolazione civile furono meno gravi e la condotta del soldato italiano improntata a maggiore senso di umanità. Un numero rilevante di esecuzioni capitali fu eseguito in Dalmazia (a Spalato, Sebenico e Zara), in Montenegro (Cettigne) e nella gramozna Jama di Zagabria. Oltre ai jugoslavi detenuti nei campi di concentramento italiani, fra cui il maggiore fu quello di Rab attraverso cui passarono 13 mila patrioti, molti furono inviati nei campi istituiti in Italia, fra cui i principali furono quelli di Gonars e Visco nel Friuli. Secondo il Rapporto sui crimini italiani contro la Jugoslavia e i suoi popoli, compilato dalla « Commissione di Stato per le ricerche sui crimini di guerra» (Belgrado 1946), gli jugoslavi deportati nei campi in Italia furono 149.639, con una punta massima, nell’autunno del 1942, di 89.488 internati.
Bulgari
Avevano annesso alla Bulgaria gran parte della Macedonia jugoslava e occuparono per qualche tempo la parte orientale della Serbia. Il loro comportamento risulta essere stato più moderato di quello degli altri occupanti.
Ungheresi
Avevano annesso la parte della Slovenia a nord-est del fiume Mura e la parte della Croazia fra i fiumi Drava e Mura; occupavano inoltre la Baranja a nord della Drava e a oriente del Danubio. Il più grave episodio dell’occupazione ungherese fu quello di Zsablya e Ujvidék (Novisad) dove, per rappresaglia ad azioni partigiane, furono trucidati circa 3 mila serbi ed ebrei e, nella foga dell’eccidio, furono uccisi persino militari tedeschi e ungheresi. Fra i luoghi dove gli ungheresi compirono esecuzioni capitali va ricordato Murska Sobota.
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Foto ricordo – Ustascia della Legione Nera
tiene fra le mani la testa di un serbo
Per gli ustascia, oltre agli accenni che si sono fatti più sopra, va aggiunto che istituirono numerosi campi di concentramento; di tutti quelli di Jugoslavi. il più noto, per le condizioni in cui venivano tenuti i patrioti e per il numero delle sue vittime, è quello ustascia di Jasenovac in Slovenia.
Al comando del lager ustascia di Jasenovac è il frate francescano Miroslav Filipovic Majstorovic, chiamato “Fra’ Satana” e amico personale del Poglavnik (che arriverà a insignirlo con il grado di maggiore della Milizia ustascia). Quando assume il comando del campo di sterminio, “Fra’ Satana” ha già una reputazione che non lascia dubbi: il cattolico francescano è stato comandante di una brigata delle “Guardie del corpo del Poglavnik”, squadracce ustascia della morte che nell’ottobre 1941, nella zona compresa tra Banja Luka e Motica, hanno massacrato oltre 4.800 serbi e che nel novembre 1941, nella scuola elementare di Krivaja, hanno massacrato a pugnalate gruppi di bambini serbo-ortodossi .
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Lager di Jasenovic Il francescano “Fra Satana

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