Auschwitiz

 

 

Giuliano Pajetta
CAMPI DELLA MORTE
NELLA GERMANIA NAZISTA
Riproduciamo qui i dieci articoli che Giuliano Pajetta
scrisse per il quotidiano “l’Unità” e che furono pubblicati
a partire dal 22 agosto 1945
Maggio 1945. Liberazione di Mauthausen

 

I
AUSCHWITZ
quattro milioni e mezzo di assassinati
(“l’Unità”, 22 agosto 1945)
Pochi giorni dopo essere arrivati al potere nell’ormai lontano ’33 i nazisti cominciarono a convogliare decine e decine di migliaia di uomini verso i campi di concentramento. Profughi tedeschi che varcavano le frontiere del nuovo Reich portavano al mondo le orribili notizie sugli orrori di Dachau, Buchenwald, Oranienburg e via dicendo.
Pochi li ascoltavano, meno numerosi ancora erano coloro che li credevano. Gli emigrati antifascisti tedeschi nelle loro riunioni in qualche sala di Parigi o di Zurigo, di Bruxelles o di Vienna rievocavano i nomi degli amici scomparsi e cantavano in coro la triste canzone dei “soldati della palude”, la canzone nota nei campi di concentramento.
Le “offensive”
Nel ’33 i campi erano stati destinati sopratutto all’eliminazione fisica degli antifascisti e degli oppositori tedeschi, alla vigilia della guerra essi presero sempre più il carattere di campi destinati allo sterminio in massa di tutti coloro che potevano opporsi ai piani di guerra totali. Cominciarono così le “offensive”: quella “anti–austriaca” del ’38, l’offensiva “anti–semita” del ’38–’39 e via dicendo.
A decine di migliaia gli uomini erano strappati alle loro case, non in base ad un’accusa determinata e nemmeno ad un sospetto preciso, ma per creare un’atmosfera di terrore. Un ufficiale superiore della Gestapo ebbe una volta a dichiarare in una conversazione privata “la forza del nostro terrore sta nel suo carattere di massa e nel fatto che colpisce alla cieca e senza proporzione e nessuno può prevedere la durezza dei colpi che noi portiamo a chiunque non agisca come uno dei nostri”.
Maestri dell’organizzazione, i nazisti vennero organizzando tutto un sistema di campi e di sottocampi distinti per le categorie degli internati e per la maggiore o minore intensità di ferocia impiegata. Tutti i campi erano però ugualmente circondati da una fitta rete di mistero. Man mano che gli orrori perpetrati in un campo erano conosciuti e svelati all’opinione pubblica mondiale, i nazisti ne creavano altri nuovi, sempre più micidiali e sempre più misteriosi; nei campi stessi organizzavano reparti speciali, baracche più orribili delle altre. Essi volevano che non solo tutti in tutto il mondo temessero come si teme un viaggio verso la deportazione in Germania così qualche cosa di ignoto e di brutto che appare tanto più brutto in quanto più ignoto, ma volevano che tra questi milioni di persone esistesse sempre il pensiero che per quanto stavano male potevano stare peggio.
Quando le sorti della guerra cominciarono ad apparire più incerte e più dubbiose i gerarchi nazi avvolsero in un mistero ancora più profondo la loro barbara attività. E mentre davano una parvenza di “normalità” ai campi ormai conosciuti in tutto il mondo, Dachau, Buchenwald ecc., intensificarono le loro opere di annientamento di milioni e milioni di esseri umani nei nuovi campi più isolati e meno conosciuti di Lublino (Maidanek), di Mauthausen, di Auschwitz, di Flossemburg ecc. Essi specializzavano i campi: c’erano quelli per la distruzione sistematica di ebrei, quelli per l’annientamento immediato dei quadri partigiani o dei prigionieri tra l’esercito rosso e così via.

 

Il Dio Moloch
Nessuno potrà contare il numero degli uomini, delle donne e dei bambini assassinati, il triste primato apparterrà senza dubbio al campo di Auschwitz nella Slesia polacca dove dal ’38 al ’44 sono state uccise non meno di quattro milioni e mezzo di persone. In questo campo la morte era stata industrializzata al massimo. Una linea ferroviaria speciale portava al gruppo di dieci forni crematori. I treni carichi di tre, quattromila deportati provenienti dai differenti paesi erano avviati direttamente su questa linea, si procedeva allo scarico dei nuovi arrivati, erano in generale gli ebrei o gruppi interi della popolazione di certe zone della Polonia, della Russia, dei Balcani. I nuovi arrivati erano fatti scendere con tutti i loro bagagli, le autorità nazi dei differenti paesi li avevano invitati a portare il massimo dei loro beni, portare bauli e bauli contenenti i loro oggetti personali, tutti gli oggetti di valore possibile. Essi lasciavano l’Olanda, la Grecia, la Francia, il Belgio e la Romania, l’Ungheria per andare ad installarsi in un nuovo territorio ebreo; in quel territorio che esistette soltanto nelle
menzogne della infame propaganda nazista. Uomini e donne, vecchi e bambini scendevano dai treni a migliaia, depositavano i loro bagagli ed erano avviati verso i “bagni”.
I “bagni”
I tedeschi erano maestri in fatto di igiene, due immense sale da bagno si stendevano sotto i dieci forni crematori che avevano l’apparenza innocente di grosse vetrerie; ognuna di queste sale poteva contenere tremila persone, nelle sale vi erano specchi, asciugamani, cartelli con raccomandazioni di igiene e di pulizia, ma erano “sale da bagno” senza acqua. Una volta piene, vi venivano immessi gas e gli uomini morivano. 600 persone lavoravano a turno giorno e notte per sgombrare queste gigantesche camere a gas e per bruciare i cadaveri nei crematori. Nel raggio di 20 km. un solo odore dominava, quello della carne bruciata.
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Mauthausen alcuni forni

 

I 600 internati addetti all’orribile bisogna erano rinnovati ogni due mesi, tutti i 600 erano sterminati, altri 600 li sostituivano e intanto banditi, S.S. e criminali professionali padroni del campo si dividevano il bottino lasciato dai morti. Il massimo di arrivi fu raggiunto nell’estate ’44; fu quella chiamata “l’azione ungherese” vale a dire l’azione destinata allo sterminio totale degli ebrei della Ungheria, della Transilvania e della Rutenia Sub–carpatica. Con la cadenza di diecimila al giorno arrivarono gli ebrei da queste regioni durante un mese e mezzo e durante un mese e mezzo lavorarono senza posa i dieci forni crematori i quali peraltro non furono sufficienti; enormi fosse comuni vennero scavate e colmate. “L’azione ungherese” era stata preceduta da decine e decine di altre “azioni”. Ai massacri di Auschwitz avevano corrisposto i massacri effettuati a centinaia in altri campi e sotto campi tedeschi. In uno di questi ha vissuto per sei mesi l’autore di queste note e più precisamente in quello che i nazi riuscirono a tenere nascosto agli occhi del mondo fino all’ultimo momento e dove essi perpetrarono i loro misfatti fino al 5 maggio

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