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Egidio Verga – Armi fra i colli



Egidio Verga

Armi fra i colli

L’autore, conosciuto in periodo clandestino col nome di Valeva, è catanese, nipote del grande Verga. Volontario negli Arditi a -16 anni nella guerra 15-18, (ha quattro medaglie al valore. E stato per molti anni in Francia e in Africa; fa il commercialista. Commissario politico della « Brigata Buozzi ». Presentiamo alcuni frammenti del suo vivace diario.

Altro potrei narrare di quella bella « Buozzi », compagine fra le più salde dei gruppi partigiani. Ma essa ha liberato Fiesole, e credo che nulla meglio dei racconto di quella vicenda possa concludere la mia rievocazione.

L’azione fu decisa da sera del 31 agosto. Già da troppo si pazientava. Il Comando Alleato agiva secondo un preciso piano prestabilito, che rispondeva a criteri tattici non discutibili. Soprattutto, economia d’uomini. E’, la cam­pagna d’Italia, come è stato dimostrato dagli eventi successivi, non era im­postata su strategie frettolose: allora di ciò, confessiamolo, si brontolava. Poi abbiamo veduto che ha significato la salvezza del Settentrione.

Ma alla « Buozzi » non si poteva restare pazienti e rassegnati. Da Fiesole giungevano, a rischio della vita, messi angosciati: riferivano delle ruberie, delle .prepotenze, delle viltà di ogni genere commesse dai tedeschi e dai loro accoliti. Ci attendevano, ci supplicavano di far presto. A notte, di fronte ai piccoli posti nemici, i partigiani fremevano per l’inazione loro imposta.

Il 31 agosto, Giorgi, il Comandante della Brigata, convocò presso di sè alcuni esponenti del P.S.I. Aveva fatto preparare un pranzetto molto fru­gale, che fu liquidato rapidamente. In quelle riunioni non ci si perdeva in ossequi, non si battevano i tacchi, non si stava impalati. Capi e gregari, uniti da uno stesso ideale liberamente sentito, venuti alle armi per spontanea decisione dalle più disparate attività della vita civile, si rispettavano e so­pratutto si amavano, sdegnosi di greche e di galloni.

C’era un, dovere da compiere: poi sarebbero ritornati tranquilli al banco dell’officina, al tavolo dell’ufficio, allo sportello della banca, amici per la vita.

La pattuglia si avvia.— La liberazione di Fiesole era nello spirito di tutti, e non occorse perciò di chiacchierare molto. Bruno, un uomo di fegato, fu incaricato formare una pattuglia scelta, uomini d’assalto, con l’incarico di saggiare la resistenza tedesca in Fiesole.

Bruno fece presto. In quelle circostanze, fra quella gente, i volontari erano sempre troppi. Partì alle 16, erano in 18: si era unita alla pattuglia anche una donna, Aurora, coraggiosa, utilissima staffetta. L’armamento non era potentissimo: oltre le piccole armi personali, la pattuglia disponeva di due mitragliatrici leggere, due fucili mìtragliatori, due pistole mitraglia­trici e un bel carico di bombe a mano.

Alla barriera di Maiano, un uomo fu spedito a prendere contatto con la seconda compagnia, che era in posizione nelle vicinanze delle cave : occorreva avvertire queste truppe di rincalzo a tenersi pronte per balzare avanti non appena il pattuglione fosse impegnato sotto Fiesole. Nella località Quattro Vie, Bruno e i suoi presero contatto con le truppe Alleate, che offrirono armi e munizioni e distaccarono complementi.

Il primo scontro con i tedeschi avvenne alle Cave di Maiano: un posto di osservazione, che ripiegò rapidamente lasciando nelle mani dei partigiani prigionieri. Subito dopo una pattuglia accertò la presenza di nazifascisti nel paesetto di Borgunto. Bruno si predispose all’attacco, mai tedeschi non l’attesero e si ritirarono in Fiesole. Da informatori immediati si ebbe con­ferma di quanto si sospettava: la cittadina era stata posta in munito assetto di difesa, ogni accesso normale era abbondantemente minato, nelle vie sorgevano barricate di mobili prelevati dalle abitazioni.

Lo sgombero di Borgunto porto al rafforzamento della pattuglia Bruno in quanto una diecina di volontari appartenenti alle squadre di azione ope­ranti nella località, ben armati, vollero unirsi al gruppo. Nelle prime ore della notte il Comandante, portatosi con due uomini nell’immediata vicinanze di Fiesole, si rese conto degli appostamenti nemici e delle ostruzioni predisposte dal nemico.

Fu quindi tentato di riprendere contatto con le pattuglie alleate, per averne ]’eventuale appoggio al momento decisivo: ma quelle, in difetto di ordini diretti, si erano ritirate su Maiano. Il che, se spiacque al momento, accrebbe tuttavia la determinazione dei partigiani in azione. Il motto fu: riuscir da soli.

Alle 4 del mattino del primo settembre, dopo una marcia di avvicinamento per vie inusitate, guidati abilmente da coraggiosi del posto, gli uomini della « Buozzi » piombarono sui tedeschi conpletamente di sorpresa. Il nucleo, guidato personalmente da Bruno, con manovra ag­girante, si issò sui tetti a mezzo di scale preparate da elementi della po­polazione; e di lassù, sfruttando in pieno le armi automatiche, iniziò un fuoco tale da far supporre ai tedeschi di essere, in presenza di forze molto ingenti.

E’ da credere che il comando germanico non doveva essersi allarmato per le notizie che il piccolo presidio di Borgunto, ritiratosi, aveva portato. Pensò ad una pattuglia dai compiti limitati, e non credette ad un attacco deciso.

Comunque, la sorpresa riuscì perfettamente e non ci fu possibilità di seria resistenza. Il primo sole sfolgorò su Fiesole finalmente liberata per mani italiane, mentre la popolazione rimasta nascosta nelle cantine e i reli­giosi del convento, festeggiavano, ebbri di gioia, i partigiani.

I quali, diciamolo, poichè anche i valorosi sono uomini di carne ed ossa, si sarebbero volentieri distesi in un qualsiasi Tettuccio di fortuna per un sonno riparatore. Ma chi poteva escludere un ritorno del nemico? ‘Per di più, gli Alleati, che non erano ancora a conoscenza dell’avvenimento imprevisto, ripresero a cannoneggiare il paese, come solevano per far la vita dura ai germanici.

Fiesole : Teatro Romano