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MEDAGLIE D’ORO AL V. M. DELLA PROVINCIA DI FIRENZE

MEDAGLIE D’ORO AL V. M. DELLA PROVINCIA

DI FIRENZE

LANCIOTTO BALLERINI
« Comandante dal settembre 1943 la P, Formazione Garibaldina Toscana, la guidò valorosamente per 4 mesi nelle sue molteplici azioni di guerra. Con soli 17 uomini affrontava preponderanti forze nemiche e dopo aver inflitto fortissime perdite, sí da costringerle a. ritirarsi su posizioni retrostanti, assaliva arditamente da solo, a lancio di bombe a mano, l’ultima posizione che ancora minacciava la sorte dei suoi uomini. Cadeva, nel generoso slancio, colpito in fronte dal fuoco nemico ».
Monte Morello, 3 gennaio 1944
VITTORIO BARBIERI
« Tenente di complemento degli alpini fu tra i primi ad intrapren­dere la lotta clandestina alla quale si dedicò con attività instancabile. Comandante della 2" Brigata " Carlo Rosselli " condusse piú volte i suoi uomini alla vittoria. Dopo un violento combattimento contro il preponderante nemico, riordinate le forze superstiti, cercò di aprirsi la strada verso Firenze, nel supremo tentativo dì continuare la lotta per la difesa della città. Catturato dai tedeschi mentre procedeva in avan­scoperta, assumeva, di fronte al nemico, con sublime gesto di abnegazione, ogni diretta responsabilità, dichiarando apertamente la propria qualità di Comandante e salvando in tal modo la vita al partigiano che lo ac­compagnava. Dopo atroci sevizie sopportate con sereno coraggio veniva fucilato. Fulgido esempio di dedizione alla causa della libertà ».
Paretaia – Fiesole, 7 agosto 1944•
ALIGI BARDUCCI (Potente)
Sfidando ogni pericolo consacrava la sua attività ad animare, suscitare, rafforzare il fronte della Resistenza in Toscana.
Organizzatore dei primi distaccamenti partigiani in quella zona costitui la Brigata " Garibaldi " Lanciotto, la comandò in ripetuti durissimi scontri guidandola con intrepido valore ed alto spirito di sacrifici in vittoriosi combattimenti come quelli ormai leggendari per la difesa di Cetica.
Comandante della Divisione Garibaldi " Arno " portava i propri reparti all’avanguardia dell’esercito alleato nella battaglia per la libera­zione di Firenze.
Affrontava eroicamente l’ostinata e rabbiosa resistenza tedesca, apriva un varco tra le file nemiche e guidava ì volontari italiani ad entrare combattendo primi in Firenze, sua città natale.
Alla testa come sempre dei propri uomini mentre dirigeva l’azione dei Garibaldini contro le retroguardie tedesche asserragliate nella città, cadeva colpito da una granata nemica ».
Firenze, 9 agosto 1944•
ENRICO BOCCI
« Tempra di patriota dedicò tutta la sua esistenza alla lotta contro l’oppressore per il supremo ideale della libertà e della giustizia. Fu tra i primi ad impugnare le armi, facendosi promotore ed organizzatore della lotta militare clandestina in Toscana. Organizzò e diresse, in ambiente particolarmente sorvegliato dal nemico, il servizio di radio­trasmissione, che, attraverso numerose stazioni clandestine, mantenne il collegamento con gli alleati. Braccato dai nazifascisti, riusci a sfug­gire alle insidie che quotidianamente gli venivano tese per catturarlo; finché, sorpreso nella sede del comando del servizio radio, fu impri­gionato e sottoposto ad inaudite sevizie. Agli aguzzini che tentavano strappargli con le barbare torture rivelazioni sul servizio radiocollega­mento che tanto loro nuoceva, rispose col contegno dei forti irrobu­stito dalle sofferenze e non una parola che potesse nuocere ai compagni e al servizio usci dalle sue labbra. Nulla : saputo del suo destino ».
Firenze, giugno 1944•
ELIO CHIANESI
« Vessillifero della lotta contro l’oppressore, fu tra i primi ad of¬frire il braccio alla Patria umiliata. Organizzatore dei gruppi di azione partigiana diresse e partecipò alle più ardite azioni, dimostrando spirito di sacrificio ed abnegazione impareggiabile, animando i dipendenti con la fredda determinazione e la indomita temerarietà. Ricercato ac¬canitamente dalla polizia nazi-fascista, piuttosto che arrendersi accet¬tava un impari combattimento. Piú volte colpito, con le carni lacere e sanguinolenti, interrogato e seviziato con sadica ferocia, parlò solo per esprimer dispregio al barbaro nemico.
Leggendaria figura di combattente per la libertà, a questa offri la vita in olocausto ».
Firenze, 15 ottobre 1943 – 15 luglio 1944•
ANNA MARIA ENRIQUES AGNOLETTI
« Immemore dei propri dolori, ricordò solo quelli della Patria, e nei pericoli e nelle ansie della lotta clandestina ricercò senza tregua i fra¬telli da confortare con la tenerezza degli affetti e da fortificare con la fermezza di un eroico apostolato. Imprigionata dagli sgherri tedeschi per lunghi giorni, superò con la invitta forza dell’animo la furia dei suoi torturatori che non ottennero da quel giovane corpo straziato una sola parola rivelatrice.
Tratta dopo un mese di carcere dalle Murate, il giorno 12 giugno 1944, sul greto del Mugnone, in mezzo ad un gruppo di patrioti cadeva uccisa da una raffica di mitragliatrice.
Indimenticabile esempio di valore e di sacrificio »
1 In realtà, come è detto nel testo, A. M. Enriques Agnoletti fu fucilata nei pressi di Cervina, sulle falde del Monte Morello.
BRUNO FANCIULLACCI
« Reduce da confino per motivi politici, 1’8 settembre 1943 iniziò la sua attività partigiana compiendo audaci atti di sabotaggio, e temerari colpi di mano che disorientarono l’avversario.
Arrestato una prima volta e ridotto in fine di vita dalle pugnalate infertagli dalla sbirraglia, veniva salvato dai compagni accorsi generosamente a liberarlo. Ripreso, ancora convalescente, il suo posto di lotta, veniva nuovamente arrestato. Venuto a conoscenza che le S.S. nazi-fasciste erano in possesso di un documento compromettente la vita dei suoi compagni, tentava con somma audacia di saltare da una finestra per avvertirli del pericolo incombente su loro ma nel com¬piere l’atto veniva raggiunto da una raffica di mitra che gli stroncava la vita ».
Firenze, settembre 1943 – luglio 1944•
ADRIANO GOZZOLI
« Caposquadra partigiano, ardito fra gli arditi, nelle piú dure ed audaci azioni di guerra e nei frangenti piú disperati, con l’esempio lo slancio e la passione sapeva trascinare ad alte gesta i compagni di lotta. San Martino del Mugello, Polcanto, Vicchio di Mugello, Santa Brigida, il Falterona e le campagne di Londa e di Madonna dei Fossi videro l’eroico valore del pugno di uomini da lui guidati che, con il loro sangue, fecondarono per piú alti destini il sacro suolo della Patria oppressa. Catturato per agguato subí torture e sevizie, che alternate a lusinghe, non valsero a piegare la sua tempra e con epica fierezza affrontava il plotone di esecuzione, suggellando il breve corso della sua giovane vita col grido fatidico di Viva l’Italia ».
Mugello-Firenze, 8 settembre 1943 – 3 maggio 1944•
TINA LORENZONI
« Purissima patriota della Brigata " V martire della fede italiana compi sempre più del suo dovere. Crocerossina e intelligente informa-trice, angelo consolatore fra i feriti, esempio e sprone ai combattenti, prestò sempre preziosi servizi alla causa della liberazione d’Italia.
Allo scopo di alleviare le perdite della Brigata, già duramente provata ed assottigliata nel corso delle precedenti azioni, onde render possibile una difficile avanzata, volle recarsi al di là della linea del fuoco per scoprire e rilevare le posizioni nemiche. Il compito volontariamente ed entusiasticamente assuntosi, già altre volte portato felicemente al termine, la condusse verso la cattura e verso la morte. Gloriosa eroina d’Italia, sicura garanzia della rinascita nazionale ».
Firenze, Via Bolognese, 21 agosto 1944•
LUIGI MORANDI
« Studente universitario, fin dai primi giorni della lotta dedicò la sua attività quotidiana e instancabile a uno dei più delicati settori della vita clandestina, trasmettendo per radio importanti notizie agli alleati. Benché continuamente braccato dal nemico che cercava con ogni mezzo di stroncare le informazioni sulla propria attività militare e di individuarne la fonte rivelatrice, rimaneva impavidamente al suo posto di combattimento per adempiere, tra i più gravi rischi e le più dure difficoltà, il compito che aveva volontariamente assunto. Sorpreso dalle S.S. tedesche mentre trasmetteva messaggi segreti, riusciva con mirabile sangue freddo a distruggere i cifrari e a dare l’allarme alla stazione ricevente. Sparava quindi, fino all’ultimo colpo, contro i nemici, finché dopo averne uccisi tre ed essere stato più volte colpito, cadeva sopraffatto, salvando il servizio, che egli stesso aveva organizzato col proprio eroico sacrificio ».
Firenze, 7 giugno 1944•
ITALO PICCAGLI
« Ufficiale di elevatissime doti morali e di fermissimo carattere, assunse immediatamente dopo la dichiarazione di armistizio un aperto atteggiamento di ostilità contro i nemici germanici e di assoluta intransigenza verso i collaborazionisti italiani. Dopo avere, nella progressiva organizzazione di una vasta ed efficientissima rete di attività operativa ed informativa, corso per più mesi i più gravi rischi ed essersi esposto ai peggiori disagi materiali, che da soli costituirono un irreparabile danno ed una acuta minaccia per la sua fibra fisicamente minata, non esitò in seguito alla scoperta da parte delle S.S. del centro radio-trasmittente, da lui impiantato e col quale aveva stabilito preziosi collegamenti con l’Italia libera e con gli Alleati, a consegnarsi ai tedeschi per scagionare i compagni che vi erano stati sorpresi. Durante l’interrogatorio, malgrado le sevizie esercitate su lui e sulla moglie, dichiarò apertamente a fronte alta di essere il capo e il solo responsabile, di essersi mantenuto fedele al proprio giuramento ed al proprio dovere di soldato e di esserne fiero. Già condannato a morte, ma lieto di aver potuto salvare i compagni ed orgoglioso di aver potuto superare con la volontà quella malattia che gli aveva impedito di offrire per il bene d’Italia la vita come combattente dell’aria, nell’ultimo saluto alla moglie che stava per essere internata in Germania, ebbe la suprema forza d’animo di nascondere la decisione che già era stata presa contro di lui. All’atto dell’esecuzione, con lo sguardo sereno, rincuorò alcuni patrioti, che dovevano essere con lui fucilati, ad affrontare coraggiosamente la morte.
A questo scopo chiese ed ottenne di essere fucilato per ultimo. Dinanzi al plotone pregò che si mirasse a destra perché il polmone sinistro era già invaso dalla morte. Esempio irraggiungibile,
di purissimo amore di Patria ».
Firenze, 9 settembre 1943 – 9 giugno 1944

Medaglie d’oro al V. M della provincia di Firenze

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MEDAGLIE D’ORO AL V. M. DELLA PROVINCIA
DI FIRENZE

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LANCIOTTO BALLERINI

« Comandante dal settembre 1943 la 2a Formazione Garibaldina Toscana, la guidò valorosamente per 4 mesi nelle sue molteplici azioni di guerra. Con soli 17 uomini affrontava preponderanti forze nemiche e dopo aver inflitto fortissime perdite, sí da costringerle a ritirarsi su posizioni retrostanti, assaliva arditamente da solo, a lancio di bombe a mano, l’ultima posizione che ancora minacciava la sorte dei suoi uomini. Cadeva, nel generoso slancio, colpito in fronte dal fuoco nemico ».

Monte Morello, 3 gennaio 1944

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VITTORIO BARBIERI

«Tenente di complemento degli alpini fu tra i primi ad intrapren­dere la lotta clandestina alla quale si dedicò con attività instancabile. Comandante della 2° Brigata " Carlo Rosselli " condusse piú volte i suoi uomini alla vittoria. Dopo un violento combattimento contro il preponderante nemico, riordinate le forze superstiti, cercò di aprirsi la strada verso Firenze, nel supremo tentativo di continuare la lotta per la difesa della città. Catturato dai tedeschi mentre procedeva in avanscoperta, assumeva, di fronte al nemico, con sublime gesto di abnegazione, ogni diretta responsabilità, dichiarando apertamente la propria qualità di Comandante e salvando in tal modo la vita al partigiano che lo accompagnava. Dopo atroci sevizie sopportate con sereno coraggio veniva fucilato. Fulgido esempio di dedizione alla causa della libertà ».

Paretaia – Fiesole, 7 agosto 1944•

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ALIGI BARDUCCI (Potente)

« Sfidando ogni pericolo consacrava la sua attività ad animare, suscitare, rafforzare il fronte della Resistenza in Toscana.

Organizzatore dei primi distaccamenti partigiani in quella zona costituí la Brigata " Garibaldi " Lanciotto, la comandò in ripetuti durissimi scontri guidandola con intrepido valore ed alto spirito di sacri­ficio in vittoriosi combattimenti come quelli ormai leggendari per la difesa di Cetica.

Comandante della Divisione Garibaldi " Arno " portava i propri reparti all’avanguardia dell’esercito alleato nella battaglia per la libera­zione di Firenze.

Affrontava eroicamente l’ostinata e rabbiosa resistenza tedesca, apriva un varco tra le file nemiche e guidava i volontari italiani ad entrare combattendo primi in Firenze, sua città natale.

Alla testa come sempre dei propri uomini mentre dirigeva l’azione dei Garibaldini contro le retroguardie tedesche asserragliate nella città, cadeva colpito da una granata nemica ».

Firenze, 9 agosto 1944

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ENRICO BOCCI

« Tempra di patriota dedicò tutta la sua esistenza alla lotta contro l’oppressore per il supremo ideale della libertà e della giustizia. Fu tra i primi ad impugnare le armi, facendosi promotore ed organizzatore della lotta militare clandestina in Toscana. Organizzò e diresse, in ambiente particolarmente sorvegliato dal nemico, il servizio di radio­trasmissione, che, attraverso numerose stazioni clandestine, mantenne il collegamento con gli alleati. Braccato dai nazifascisti, riuscì a sfug­gire alle insidie che quotidianamente gli venivano tese per catturarlo; finché, sorpreso nella sede del comando del servizio radio, fu impri­gionato e sottoposto ad inaudite sevizie. Agli aguzzini che tentavano strappargli con le barbare torture rivelazioni sul servizio radiocollega­mento che tanto loro nuoceva, rispose col contegno dei forti irrobu­stito dalle sofferenze e non una parola che potesse nuocere ai compagni e al servizio usci dalle sue labbra. Nulla si è saputo del suo destino ».

Firenze, giugno 1944•

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ELIO CHIANESI

« Vessillifero della lotta contro l’oppressore, fu tra i primi ad of­frire il braccio alla Patria umiliata. Organizzatore dei gruppi di azione partigiana diresse e partecipò alle piú ardite azioni, dimostrando spirito di sacrificio ed abnegazione impareggiabile, animando i dipendenti con la fredda determinazione e la indomita temerarietà. Ricercato ac­canitamente dalla polizia nazi-fascista, piuttosto che arrendersi accet­tava un impari combattimento. Piú volte colpito, con le carni lacere e sanguinolenti, interrogato e seviziato con sadica ferocia, parlò solo per esprimer dispregio al barbaro nemico.

Leggendaria figura di combattente per la libertà, a questa offri la vita in olocausto ».

Firenze,15 ottobre 1943 – 15 luglio 1944•

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ANNA MARIA ENRIQUES AGNOLETTI

« Immemore dei propri dolori, ricordò solo quelli della Patria, e nei pericoli e nelle ansie della lotta clandestina ricercò senza tregua i fra­telli da confortare con la tenerezza degli affetti e da fortificare con la fermezza di un eroico apostolato. Imprigionata dagli sgherri tedeschi per lunghi giorni, superò con la invitta forza dell’animo la furia dei suoi torturatori che non ottennero da quel giovane corpo straziato una sola parola rivelatrice.

Tratta dopo un mese di carcere dalle Murate, il giorno 12 giugno 1944, sul greto del Mugnone, in mezzo ad un gruppo di patrioti cadeva uccisa da una raffica di mitragliatrice.

Indimenticabile esempio di valore e di sacrificio »

Firenze, 15 maggio – 12 giugno 1944•

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BRUNO FANCIULLACCI

« Reduce da confino per motivi politici, 1’8 settembre 1943 iniziò la sua attività partigiana compiendo audaci atti di sabotaggio e teme­rari colpi di mano che disorientarono l’avversario.

Arrestato una prima volta e ridotto in fine di vita dalle pugnalate infertegli dalla sbirraglia, veniva salvato dai compagni accorsi genero­samente a liberarlo. Ripreso, ancora convalescente, il suo posto di lotta, veniva nuovamente arrestato. Venuto a conoscenza che le S.S. nazi-fasciste erano in possesso di un documento compromettente la vita dei suoi compagni, tentava con somma audacia di saltare da una finestra per avvertirli del pericolo incombente su loro ma nel com­piere l’atto veniva raggiunto da una raffica di mitra che gli stron­cava la vita ».

Firenze, settembre1943 – luglio 1944•

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ADRIANO GOZZOLI

« Caposquadra partigiano, ardito fra gli arditi, nelle piú dure ed audaci azioni di guerra e nei frangenti piú disperati, con l’esempio lo slancio e la passione sapeva trascinare ad alte gesta i compagni di lotta. San Martino del Mugello, Polcanto, Vicchio di Mugello, Santa Brigida, il Falterona e le campagne di Londa e di Madonna dei Fossi videro l’eroico valore del pugno di uomini da lui guidati che, con il loro sangue, fecondarono per piú alti destini il sacro suolo della Patria oppressa. Catturato per agguato subì torture e sevizie, che alternate a lusinghe, non valsero a piegare la sua tempra e con epica fierezza affron­tava il plotone di esecuzione, suggellando il breve corso della sua giovane vita col grido fatidico di Viva l’Italia ».

Mugello-Firenze, 8 settembre1943 – 3 maggio1944•

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TINA LORENZONI

« Purissima patriota della Brigata " V ", martire della fede italiana compì sempre piú del suo dovere. Crocerossina e intelligente informa­trice, angelo consolatore fra i feriti, esempio e sprone ai combattenti, prestò sempre preziosi servizi alla causa della liberazione d’Italia.

Allo scopo di alleviare le perdite della Brigata, già duramente pro­vata ed assottigliata nel corso delle precedenti azioni, onde render pos­sibile una difficile avanzata, volle recarsi al di là della linea del fuoco per scoprire e rilevare le posizioni nemiche. Il compito volontariamente ed entusiasticamente assuntosi, già altre volte portato felicemente al termine, la condusse verso la cattura e verso la morte. Gloriosa eroina d’Italia, sicura garanzia della rinascita nazionale ».

Firenze, Via Bolognese, 21 agosto 1944•

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LUIGI MORANDI

« Studente universitario, fin dai primi giorni della lotta dedicò la sua attività quotidiana e instancabile a uno dei piú delicati settori della vita clandestina, trasmettendo per radio importanti notizie agli alleati. Benché continuamente braccato dal nemico che cercava con ogni mezzo di stroncare le informazioni sulla propria attività militare e di individuarne la fonte rivelatrice, rimaneva impavidamente al suo posto di combattimento per adempiere, tra i piú gravi rischi e le piú dure difficoltà, il compito che aveva volontariamente assunto. Sorpreso dalle S.S. tedesche mentra trasmetteva messaggi segreti, riusciva con

mirabile sangue freddo a distruggere i cifrari e a dare l’allarme alla stazione ricevente. Sparava quindi, fino all’ultimo colpo, contro i ne­mici, finché dopo averne uccisi tre ed essere stato piú volte colpito, cadeva sopraffatto, salvando il servizio, che egli stesso aveva organiz­zato col proprio eroico sacrificio ».

Firenze 7 giugno 1944

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ITALO PICCAGLI

« Ufficiale di elevatissime doti morali e di fermissimo carattere, assunse immediatamente dopo la dichiarazione di armistizio un aperto atteggiamento di ostilità contro i nemici germanici e di assoluta in­transigenza verso i collaborazionisti italiani. Dopo avere, nella progres­siva organizzazione di una vasta ed efficientissima rete di attività ope­rativa ed informativa, corso per piú mesi i piú gravi rischi ed essersi esposto ai peggiori disagi materiali, che da soli costituirono un irre­parabile danno ed una acuta minaccia per la sua fibra fisicamente mi­nata, non esitò in seguito alla scoperta da parte delle S.S. del centro radio-trasmittente, da lui impiantato e col quale aveva stabilito pre­ziosi collegamenti con l’Italia libera e con gli Alleati, a consegnarsi ai tedeschi per scagionare i compagni che vi erano stati sorpresi. Du­rante l’interrogatorio, malgrado le sevizie esercitate su lui e sulla mo­glie, dichiarò apertamente a fronte alta di essere il capo e il solo responsabile, di essersi mantenuto fedele al proprio giuramento ed al proprio dovere di soldato e di esserne fiero. Già condannato a morte, ma lieto di aver potuto salvare i compagni ed orgoglioso di aver potuto superare con la volontà quella malattia che gli aveva impedito di of­frire per il bene d’Italia la vita come combattente dell’aria, nell’ultimo saluto alla moglie che stava per essere internata in Germania, ebbe la suprema forza d’animo di nascondere la decisione che già era stata presa contro di lui. All’atto dell’esecuzione, con lo sguardo sereno, rincuorò alcuni patrioti, che dovevano essere con lui fucilati, ad af­frontare coraggiosamente la morte.

A questo scopo chiese ed ottenne di essere fucilato per ultimo. Dinanzi al plotone pregò che si mirasse a destra perché il polmone sinistro era già invaso dalla morte. Esempio irraggiungibile di puris­simo amore di Patria ».

Firenze, 9 settembre 1943 – 9 giugno 1944 1-

“Io, partigiana insignita della medaglia al valore settant’anni dopo

“Io, partigiana insignita della medaglia al valore settant’anni dopo”
Domani l’ambasciatore inglese consegnerà 3 onorificenze a Rossana Banti, 90 anni, eroina della II Guerra Mondiale. «E che ho fatto? Eravamo ragazzi, pensavamo fosse giusto»
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Rossana Banti nella sua casa di Pitigliano. Compirà 90 anni tra breve. Domani riceverà all’Ambasciata britannica di Roma tre medaglie per il suo comportamento in guerra
04/01/2015
vittorio sabadin
Rossana Banti ha 90 anni portati splendidamente e oggi lascerà la sua casa di Pitigliano per andare a Roma. Domani pomeriggio, con 70 anni di ritardo, l’ambasciatore britannico in Italia, Christopher Prentice, le appunterà tre medaglie che le erano state assegnate subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, e che nessuno si era ricordato di consegnarle. 
La signora Banti ci ride su, nel salotto che si affaccia sulle case medioevali di tufo di Pitigliano e sulle dolci colline della Maremma. «Mi sembra incredibile, dopo tanto tempo. Sono storie che ho quasi dimenticato, delle quali non parlo da anni, non mi aspettavo davvero una cosa del genere. Mi danno delle medaglie? E quali?». 
Secondo i giornali inglesi saranno tre: la Italy Star, la Victory Medal e la War Medal 1939-1945, onorificenze assegnate a chi ha combattuto con onore contro i nazisti in Europa. «E che abbiamo fatto? Eravamo ragazzi, avevamo tutti vent’anni, pensavamo fosse la cosa giusta, l’unica che dovevamo fare. Non ha idea di quanto fossimo giovani». 
Rossana aveva solo 18 anni quando alcuni amici le proposero a Roma di entrare nella Resistenza. C’era bisogno di ragazze che portassero messaggi, distribuissero volantini, tenessero i contatti con i gruppi clandestini. «Incontravo gente meravigliosa: Antonello Trombadori, Franco Rodano, Maurizio Ferrara e tanti altri che nemmeno mi presentavano, perché ero troppo giovane. Dovevo fare ”la coppietta”, andare in missione con qualcuno e fare finta di essere fidanzati per non destare sospetti. Si andava con mezzi di fortuna dai Parioli alla Nomentana e a Monte Sacro. Uno dei referenti era un macellaio, che aveva l’età di mio padre. Poi lo presero, lo portarono al forte Bravetta e lo fucilarono».
Spesso era necessario trasportare anche esplosivi. «Una volta facevo “la coppietta” con Maurizio Ferrara e avevamo un sacco di dinamite su un camion. Scherzavamo: “Attenta alle uova”, mi diceva a ogni sobbalzo, “attenta che scoppiano”». Rossana girava con un cappotto arancione di panno Casentino e presto i tedeschi si misero a cercare «la ragazza con il cappotto rosso», ormai vista in troppi luoghi e con troppi spasimanti. 
Quando Roma venne finalmente liberata, insieme agli americani arrivarono anche gli inglesi. «Avevo 19 anni, cominciavo a guardarmi intorno per cercare un lavoro e per chi aveva aiutato la Resistenza era abbastanza facile trovarlo. Ma un amico che abitava nella stessa casa mi convinse che non era finita, la guerra continuava e c’era altro da fare. Era misterioso, parlava per enigmi e un giorno mi procurò un appuntamento in una villa sopra piazza Euclide. Era piena di ufficiali inglesi. Uno mi ricevette nel suo ufficio e mi disse due cose. La prima era che sarei potuta essere mandata ovunque senza sapere né dove né perché; la seconda che, poiché ero minorenne, avrei dovuto prima ottenere l’autorizzazione dei genitori».
Il padre di Rossana, l’ing. Antonio Banti, era un liberale antifascista dalla mente molto aperta e se la figlia voleva continuare la lotta contro i nazisti era libera di farlo. Come minimo, sarebbe stata un’esperienza formativa. Gli inglesi la portarono in segreto verso Sud. «Non capivo dove andavamo e solo all’arrivo intuii che doveva essere un posto tra Bari e Brindisi. C’erano baracche dovunque, una per le donne. Ero l’unica italiana tra centinaia di ragazze britanniche». 
Rossana era finita tra le «FANY» della No 1 Special Force, il «First Aid Nursing Yeomanry» delle forze speciali, antenate del servizio segreto MI6. Grazie all’ottimo inglese imparato dalla bambinaia di casa Banti, Rossana era un elemento prezioso per tenere i contatti con la Resistenza italiana. Toccava a lei tradurre, trasmettere, annunciare dove sarebbero stati lanciati cibo, vestiti, munizioni, armi. «Ma la cosa più carica di emozione che feci in quella base – racconta – è stata l’assistenza ai volontari che sarebbero stati lanciati con il paracadute dietro le linee nemiche. Avevano tra i 17 e i 40 anni: andavano a fare operazioni di intelligence o a rinforzare i gruppi partigiani. Fino a poche ore prima della partenza non sapevano dove sarebbero stati portati. Era commovente, straziante: per loro ero una sorella, una madre, una fidanzata. Mi hanno trattato tutti con grande rispetto, nessuno ha mai alzato una mano. Molti piangevano, mi abbracciavano, e io controllavo l’equipaggiamento, dicevo: è tutto a posto, hai preso tutto, hai fatto la pipì? Come una mamma». Nella base, Rossana conobbe anche il suo futuro marito, Giuliano Mattioli, figlio di Raffaele, il grande economista e banchiere. Giuliano liberò Firenze e Bergamo con i partigiani. In divisa inglese era chiamato Julian Matthew. 
E’ stato qualche mese fa a Palermo, a casa della figlia, che Rossana Banti ha raccontato per la prima volta nel dettaglio queste cose a una coppia di nuovi amici inglesi. Lui, un ex brigadiere generale dell’esercito, una volta tornato a Londra ha cercato nei registri militari se c’erano tracce di questa incredibile donna. E come se ce n’erano: tre medaglie ancora da consegnare, assegnate dal governo di Sua Maestà per lo straordinario comportamento di una ragazza di 19 anni, che li aveva aiutati con entusiasmo e dedizione a liberare l’Italia e l’Europa da Hitler. 
Che ne dice ora di quello per cui tanta gente ha lottato, ha rischiato la vita, è morta? Di questa Italia e di questa Europa? Era quello che s’immaginava? «Quando vedo in Europa che ci sono partiti che ancora si fregiano della svastica, che alzano il braccio nel saluto nazista, mi domando che cosa succede nelle scuole, e perché nessuno insegna più ai bambini i valori per i quali ci siamo battuti. E’ passato tanto tempo, si tende a dimenticare. Spero che questa mia storia sia utile, almeno per qualche giorno, a ricordare un poco».
Tratto dalla “Stampa” del 4/1/2015